E’ di questi ultimi giorni di giugno la notizia: l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale del dabigatran etexilato (questo il nome del principio attivo) per la prevenzione dell’ictus nei pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare. Fino ad oggi in Italia il farmaco poteva solo essere acquistato, ma la molecola era stata già approvata dall’Agenzia Europea per i medicinali nel 2011 e dalla FDA americana.
Il dabigatran appartiene ad una classe di farmaci nuovi: da più di 50 anni, infatti, per prevenire la comparsa di un ictus ischemico i pazienti affetti da fibrillazione atriale avevano a disposizione i “vecchi” anticoagulanti orali, i derivati del dicumarolo, (warfarin, acenocumarolo) farmaci efficaci, ma potenzialmente pericolosi, con uno stretto “range terapeutico”: assunti in dosi troppo basse non riescono a modificare la coagulazione, in dosi troppo alte, invece, pongono a rischio di emorragie.

La dose quotidiana dei dicumarolici deve essere sufficiente a mantenere l’INR (International Normalized Ratio) compreso tra 2 e 3. L’ unico modo per sapere se si è in “range” è effettuare prelievi frequenti del sangue che consentono di misurare questo valore ed “aggiustare” la dose da assumere. Non sempre è facile “essere in range”. Questi farmaci presentano infatti diverse interazioni con altri farmaci e con il cibo che ne modificano l’assorbimento.
Dunque è arrivato il dabigatran il primo dei nuovi anticoagulanti orali. E’ un inibitore della trombina (un fattore della coagulazione), disponibile nelle dosi di 110 e 150 mg da assumere due volte al giorno, non richiede più il controllo dell’ INR, non ha importanti interazioni con farmaci e cibo, ha un rapido inizio di azione dopo la prima somministrazione.

Ma se è certo che i pazienti affetti da fibrillazione atriale debbono assumere un anticoagulante per prevenire l’ictus (il cui rischio aumenta di 5 volte in questi soggetti e l’ictus embolico da FA rende ragione del 25% di tutti gli ictus cerebri) è comunque importante che, anche con questi nuovi farmaci, sia considerato il rischio di sanguinamenti. L’emorragia intracranica, infatti, rimane un pericoloso effetto avverso della terapia anticoagulante orale e così anche gli altri sanguinamenti maggiori.
Come si è ricordato già molte altre volte, nei pazienti affetti da fibrillazione atriale, viene utilizzata una tabella che contiene i fattori più comuni per la stratificazione del rischio embolico di ictus,il “CHA2DS2-VASc score” (vedi le news letter di marzo e ottobre 2012): un punteggio ≥2 individua pazienti ad alto rischio in cui è assolutamente indicata la terapia anticoagulante orale.
La Società Europea di Cardiologia raccomanda poi l’utilizzo di un’altra tabella per il calcolo del rischio emorragico, piuttosto semplice da usare:
L’HAS-BLED score
H Hypertension (ipertensione)
A Abnormal renal/liver function (anomalie della funzione renale o epatica)
S Stroke (ictus)
B Bleeding history or predisposition (storia di sanguinamenti/predisposizione)
L Labile INR (INR con evidenti fluttuazioni)
E Elderly (età avanzata)
D Drugs alcohol concomitantly (assunzione di farmaci o alcool)
Il rischio di sanguinamenti cresce con l’avanzare dell’età (il rischio aumenta di 5 volte nei pazienti di età superiore a 85 anni e quello di emorragia intracranica aumenta di 2.5 volte rispetto ai soggetti di età compresa tra 70 e 74 anni), nel sesso femminile, in presenza di comorbidità (diabete, ipertensione, insufficienza cardiaca, epatica e renale). Anche un HAS BLED score alto (>3) consente un’ efficace anticoagulazione, ma diviene ancora più importante trattare efficacemente i fattori di rischio individuati: ad esempio raggiungere un controllo adeguato della pressione arteriosa o ridurre al massimo l’assunzione concomitante di farmaci come gli anti infiammatori non steroidei (FANS), i comuni antidolorifici così frequentemente utilizzati nell’età adulta, che, tutti, aumentano il rischio di sanguinamenti.

I sanguinamenti maggiori sono stati variamente definiti, ma generalmente ci si riferisce a quelli che conducono a morte, ospedalizzazione, che richiedono la trasfusione di due o più unità di sangue o che avvengono in siti critici (intracranici, retro peritoneali, intraoculari, pericardici, intraspinali). L’incidenza di sanguinamenti maggiori in terapia con warfarin è stata stimata pari al 2-5%, quella di emorragie intracraniche tra 0.2 e 0.4%.
I nuovi anticoagulanti orali sembrano più sicuri sul versante emorragico. Ossia sono state osservate un minor numero di ictus emorragici con i nuovi anticoagulanti rispetto alla popolazione che assumeva il warfarin.
Questi nuovi farmaci sono sotto attento monitoraggio da parte delle agenzie internazionali. Nonostante le numerose segnalazioni di sanguinamenti effettuate dai medici in questo periodo, la FDA americana ha concluso perché non sia modificato il profilo di rischio del dabigatran che rimane attualmente con un rapporto rischio/beneficio nell’assunzione favorevole. Anche se continua la stretta osservazione, si può dunque essere soddisfatti di una nuova classe di farmaci che migliorerà senz’altro la qualità della vita dei pazienti affetti da fibrillazione atriale che non dovranno più sottoporsi ai prelievi per il monitoraggio dell’INR.
Poiché diverse volte nelle news letter abbiamo parlato della fibrillazione atriale, di cosa è, perché o quando compare, quali i rapporti con la dieta, quali sono le possibilità di cura suggeriamo anche le news letter di gennaio e novembre 2011.
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma