Che la sede delle emozioni e dei sentimenti non sia il cuore bensì il cervello ormai lo si sa da molto tempo. Quello che ancora non è patrimonio scontato di tutte le coscienze è che cuore e cervello appartengono entrambi ad una totalità strettamente interconnessa: il nostro corpo. Un’unità così compatta nelle sue interrelazioni psicofisiche che risulta difficile capire dove termina la psiche e dove comincia il fisico e viceversa. Seguendo questa distinzione dualistica di tipo cartesiano, più per comodità di comprensione che per valore scientifico, risulta palese che la psiche è in grado di condizionare il corpo e i suoi meccanismi di regolamentazione. Procediamo per gradi. Per ciò che riguarda il cuore, è opportuno compiere un distinguo tra emozione e sentimento. L’emozione è una reazione affettiva, in genere breve ma intensa, che insorge all’improvviso in risposta a degli stimoli ambientali i quali, per un qualsiasi motivo, ci colpiscono. Caratteristiche dell’emozione sono:
- le sollecite modificazioni fisiologiche che coinvolgono il sistema nervoso centrale e periferico;
- le celeri modificazioni della conoscenza (molto è dato apprendere, soprattutto quando l’emozione è positiva);
- le subitanee modificazioni a livello del comportamento esplicito.
Non è ininfluente, a questo punto, ricordare l’etimo della parola. Emozione deriva dal verbo tardo latino emovēre che vuol dire smuovere. Possiamo sostenere, allora, che l’emozione è la vita che si muove dentro di noi. È un “movimento” psichico che parte dall’interno e che volge ad esprimersi piuttosto celermente all’esterno, con il corredo di varie manifestazioni somatiche. La più interessante, per la nostra succinta dissertazione, è l’innalzamento rapido e concentrato della pressione sanguigna.
Il sentimento, invece, dipende maggiormente dai nostri interessi, dai nostri valori, dalle influenze del nostro contesto culturale e non basta il solo stimolo esterno per far sì che si attui. Il sentimento tende a persistere nel tempo, anche in assenza dello stimolo diretto e preferisce i territori dell’intimità. Al contrario, l’emozione è evanescente, predilige manifestarsi all’esterno con varie modalità e non dura nel tempo, specie in assenza dello stimolo. L’esempio più comune è l’infatuazione dell’adolescente per la star musicale del momento. L’emozione “infatuale” cessa, tutt’al più si sposta su una nuova star, una volta oscurata la fama della stella precedente. Al contrario, il sentimento instauratosi in una coppia “a lungo termine”, non svanisce se uno dei due componenti s’eclissa per qualsiasi motivo.
Secondo la catalogazione più accreditata in psicologia le emozioni fondamentali sono otto:
- la paura;
- la collera;
- la sorpresa;
- la felicità;
- l’amore (nei suoi aspetti emotivi);
- la tristezza;
- il disgusto;
- la vergogna
La collera, pertanto, è una reazione di sdegno, spesso improvviso, che si manifesta con parole ed atti di violenza. È un’emozione perché non dura nel tempo. Se ciò dovesse avvenire, allora potremmo dire che si trasforma in un sentimento: il rancore; anche questi tanto dannoso per il cuore quanto intensamente si serba a lungo.
La collera, o ira che dir si voglia, ci interessa di più in relazione alle risposte cardiache. Non che le altre emozioni o sentimenti non abbiano la loro influenza sul benessere del muscolo striato, ma la collera sembra essere un “fiancheggiatore” molto determinante degli incidenti cardiaci. Comprovati da numerosi studi ormai entrati in dottrina medica, i danni che essa può infliggere sono spesso più gravi degli avvenimenti stessi per i quali ci si adira e ci si addolora, come suggeriva, circa diciotto secoli fa, nel libro IX, verso 18 del suo scritto A se stesso, uno “psicologo” formidabile: l’imperatore Marco Aurelio.
Una ricerca di qualche anno addietro, dell’Università di Columbus (Ohio, USA), evidenzia come il corpo degli iracondi ammali più velocemente e guarisca con più lentezza rispetto alla norma. Un fisico “normale” reagisce quattro volte più velocemente rispetto al collerico quando deve rimarginare una ferita. Il sistema nervoso centrale dei collerici rilascia più cortisolo (l’ormone dello stress negativo), imputato di numerosi stati di malattia e ritardi della guarigione. A questo punto è bene evidenziare che l’infarto miocardico è, in sostanza, una ferita apertasi nel cuore. Non è difficile dedurre, inoltre, quanto l’emozione della collera possa essere responsabile sia di alcuni attacchi cardiaci sia del loro rallentamento nella guarigione. Un antico detto della nostra cultura popolare recita così: “Cuor contento Dio l’aiuta” e si sa quanto i vecchi proverbi possano, a volte, sintetizzare una pesante verità con la loro leggera concisione. “Arrabbiarsi” non fa bene. Saper tenere a bada la collera, dunque, si pone a garanzia del nostro stato ottimale di salute e ci fa stare sicuramente meglio.
Come? Sarà argomento del prossimo articolo.
Ivan Battista
Psicologo, psicoterapeuta, docente presso la Scuola Medica Ospedaliera,
Ospedale Santo Spirito, Roma