Come muoiono i pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica lievemente ridotta o preservata?
di Filippo Brandimarte
07 Agosto 2025

Sebbene negli ultimi anni si siano sviluppati farmaci che hanno migliorato il tasso di reospedalizzazione e i sintomi nei pazienti con scompenso cardiaco a funzione sistolica lievemente ridotta o preservata come le glifozine, i GLP-1 agonisti, sacubitril/valsartan e gli antialdosteronici, la mortalità in questa popolazione di pazienti rimane alta. (1) E’ ancora poco chiaro però quali siano i meccanismi fisiopatologici principali che determinino la morte in questi soggetti.

Nel tentativo di portare luce sull’argomento è recentemente apparsa su JAMA Cardiology una sottonalisi dello studio randomizzato a doppio cieco FINEHEARTS-HF che ha confrontato il finerenone e placebo in pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione ≥ 40%. (2)

Partendo dall’intera popolazione dello studio (circa 6000 pazienti), si sono verificati, dopo un follow-up medio di 32 mesi, 1013 decessi(età media di 76 anni, 41.4% di sesso femminile e 58.6% di sesso maschile) metà dei quali sono stati attribuiti a cause cardiovascolari mentre il 36% a cause non cardiovascolari. Tra le morti cardiovascolari circa il 42% (215) sono state classificate come morti improvvise, il 32% (163) a scompenso cardiaco, il 9% (48) ad ictus ed il 5% (25) ad infarto miocardico. L’incidenza di morte per tutte le cause, quelle cardiovascolari e soprattutto le morti improvvise sono state più alte nel gruppo con frazione di eiezione inferiore al 50%. Le morti non cardiovascolari sono state più alte all’aumentare dell’età e alla diminuzione del filtrato glomerulare. Sia le morti cardiovascolari che non cardiovascolari sono risultate essere più alte all’aumentare del BNP. Il trattamento con finerenone non ha ridotto la mortalità per ogni causa o ogni tipologia di morte rispetto al placebo.

Dai dati di questa analisi si evince che circa il 50% delle morti nei pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione ≥ 40% è dovuta a cause cardiovascolari. Sebbene l’incidenza delle morti cardiovascolari sia stata bassa (3.5 per 100 pazienti-anno) circa ¾ di questi decessi sono stati attribuiti a morte improvvisa e progressione dello scompenso cardiaco, similmente a quanto si è documentato nei soggetti con funzione sistolica significativamente ridotta. Tassi di mortalità particolarmente alti si sono registrati nei soggetti con frazione di eiezione <50%, guidati principalmente dalle morti improvvise. Le morti non cardiovascolari invece non avevano una significativa correlazione con la frazione di eiezione essendo egualmente rappresentate in tutti i sottogruppi sebbene più alte nei soggetti anziani e con più bassi valori di filtrato glomerulare. Stando a questi dati quindi è un errore giudicare lo scompenso cardiaco a funzione sistolica lievemente depressa o preservata a basso rischio di morte improvvisa come comunemente si tende a credere. Infine, il trattamento con finerenone non ha dimostrato efficacia né nel ridurre nessuna specifica modalità di morte né la mortalità totale rispetto al placebo, sebbene lo studio non sia stato disegnato specificatamente per rispondere a questa domanda.

Bibliografia:

  1. Vaduganathan M, Patel RB, Michel A, et al. Mode of death in heart failure with preserved ejection fraction. J Am Coll Cardiol. 2017;69(5):556-569.
  2. Desai AS, Jhund PS, Vaduganathan M et al. Mode of death in patients with heart failure with mildly reduced or preserved ejection fraction. The FINEARTS-HF Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol 2025;10(7):678-685.