Combinazione sacubitril-valsartan (ARNI) e antagonista dei mineralcorticoidi (MRA): la strana coppia
di Alessandro Battagliese - Francesco Prati
22 Febbraio 2021

Circa la metà dei pazienti con scompenso cardiaco (SC) presenta una frazione di eiezione (EF) preservata (HFpEF), al di sopra del 50%.

Questo gruppo comprende sottopopolazioni fenotipiche molto eterogenee, sebbene distinguibili. A differenza dello scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta (severamente o moderatamente), in cui molteplici trattamenti hanno dimostrato di ridurre il rischio di morbilità e di mortalità, nessun singolo agente farmacologico si è dimostrato realmente efficace nei pazienti con HFpEF.

Lo studio PARAGON-HF ha randomizzato 4.796 pazienti con LVEF > 45%, peptidi natriuretici elevati e SC clinico a sacubitril-valsartan 97/103 mg due volte al giorno o valsartan 160 mg due volte al giorno. Sacubitril-valsartan ha ridotto l’endpoint primario di efficacia, un composito di mortalità cardiovascolare e ospedalizzazione per scompenso cardiaco, ma senza raggiungere la significatività statistica dopo una mediana di 35 mesi di trattamento ([HR]: 0,87; intervallo di confidenza al 95% [CI]: da 0,75 a 1,01; p = 0,06).  Dalle analisi per sottogruppi è stato osservato un effetto favorevole di sacubitril-valsartan rispetto al solo valsartan nei pazienti con una EF dal 45% al ​​57% e nelle donne rispetto agli uomini. Sacubitril/valsartan ha anche dimostrato un significativo vantaggio nell’end-point secondario prespecificato comprendente il deterioramento della funzione renale, morte per cause renali e sviluppo di insufficienza renale terminale.

Lo studio TOPCAT ha valutato l’impatto clinico dello spironolattone nei soggetti con HFpEF. Non si  è riscontrato un chiaro vantaggio dell’utilizzo dello spironolattone  per quanto concerne l’endopoint primario composito di morte cardiovascolare, arresto cardiaco e ospedalizzazione per SC. L’ospedalizzazione per scompenso cardiaco è risultata avere un tasso significativamente inferiore nel gruppo spironolattone rispetto al gruppo placebo (206 pazienti [12.0%] vs 245 pazienti [14.2%]; hazard ratio 0.83; IC 95% 0.69-0.99, p=0.04).

Jering et al. sul numero di JACC Heart Failure dello scorso mese riportano un’analisi per sottogruppi predefinita dello studio PARAGON-HF che valuta l’effetto di sacubitril/valsartan rispetto a valsartan in associazione alla terapia con antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi (MRA).

L’MRA è stato prescritto a 1.239 (26%) di pazienti randomizzati con HFpEF; era una popolazione lievemente più giovane (72 contro 73 anni in media), con una EF leggermente inferiore (57% contro 58%), prevalentemente di sesso femminile (52% contro 47%) e con tassi più elevati di precedente ospedalizzazione per SC (59% rispetto al 44%).

L’efficacia della combinazione Sacubitril-valsartan sull’endpoint cardiovascolare primario dello studio (rispetto al valsartan) non veniva influenzata dall’impiego di MRA. (Nei pazienti che assumevano MRA (MRA+) HR= 0,73; IC 95%: da 0,56 a 0,95; nei pazienti senza MRA (MRA-) HR= 0,94; IC 95%: 0,79 a 1,11; p = 0,11). Allo stesso modo l’efficacia della combinazione Sacubitril-valsartan non veniva influenzata dall’impiego di MRA riguardo l’endpoint composito renale prespecificato  di riduzione del 50% del tasso di filtrazione glomerulare stimato (eGFR), sviluppo di malattia renale allo stadio terminale o morte per cause renali (nei pz MRA+ HR: 0.31; 95% CI: 0.13 to 0.76; vs. pz MRA- HR: 0.59; 95% CI: 0.36 to 0.95; pinteraction = 0.21)

L’uso di MRA è stato associato più frequentemente ad iperkaliemia (potassio [K]> 5,5 mEq / l) (7,1 vs 4,7 per 100 pazienti-anno; HR: 1,51; IC 95%: 1,28-1,77); tuttavia, non è stata osservata alcuna differenza in termini di iperkaliemia grave (K> 6,0 mEq / l), aumento significativo della creatinina sierica o ipotensione.

Il declino annuale del filtrato glomerulare (eGFR) è stato invece meno pronunciato nei pazienti MRA+ (nei pz MRA+ la differenza assoluta a favore del sacubitril/valsartan era di 1.2 ml/min/1.73 m2 per anno, 95% CI: 0.6 to 1.7, nei pazienti MRA- era di 0.4; 95% CI: 0.1 to 0.7; pinteraction = 0.01.

Il beneficio di sacubitrl/valsartan sul declino della funzione renale veniva pertanto  potenziato dal concomitante utilizzo di un MRA.  Risultati, questi, confermati anche all’analisi multivariata dopo essere stati corretti per i valori di pressione arteriosa e peso corporeo.

Anche la frequenza di discontinuazione del farmaco in studio è stata simile, indipendentemente dall’uso di MRA.

Lo studio di Jering et al.  dimostra che, prendendo in considerazione endpoint compositi cardiorenali prespecificati, l’efficiacia di sacubitril-valsartan rispetto a valsartan era indipendente dall’uso di MRA, e che la combinazione di sacubitril-valsartan con un MRA produceva un beneficio renoprotettivo potenzialmente additivo ed appariva nel complesso ben tollerata.

 

Considerazioni

  • Lo studio di Jering et al è interessante se consideriamo la scarsità di dati in letteratura relativamente all’impatto degli MRA o degli inibitori della neprilisina e del recettore dell’angiotensina (ARNI), da soli o in combinazione, sulla progressione della malattia renale, rispetto agli ACE-i/sartani.
  • Lo studio FIDELIO-DKD (Efficacy and Safety of the nonsteroidal MRA Finerenone in Soggetti con diabete mellito di tipo 2 e malattia renale diabetica; NCT02540993 ha esteso questi concetti ai pazienti con diabete mellito. L’utilizzo di MRA studiato aveva un effetto favorevole sugli end-point compositi renali.
  • Le linee guida internazionali raccomandano l’utilizzo delle migliori terapie disponibili come gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, i bloccanti del recettore dell’angiotensina e l’MRA in pazienti accuratamente selezionati.
  • Nonostante le raccomandazioni, questi agenti rimangono sottoutilizzati nei pazienti con HFpEF nella pratica clinica.
  • La combinazione di MRA ed inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio-2 (SGLT-2) può rappresentare una interessante soluzione. Questa classe di farmaci ha infatti dimostrato di ridurre il rischio di iperkaliemia e di avere un impatto positivo sugli end point renali nei pazienti con scompenso cardiaco. Studi futuri chiariranno se sia meglio una combinazione di sacubitril-valsartan e MRA, di un inibitore SGLT-2 e MRA, o possibilmente di una combinazione di tutti e tre questi farmaci, in termini di massima protezione renale nei pazienti con HFpEF.
  • Rimane al momento l’osservazione che l’associazione sacubitril-valsartan e MRA non è stata in grado di ridurre in maniera significatva l’end-point renale prespecificato in PARAGON-HF. nonostante avesse significativamente attenuato il declino della funzione renale rispetto a sacubitril-valsartan senza MRA o alla terapia con valsartan con o senza MRA. Non si può escludere che tale dato sia dovuto alla insufficiente durata dello studio. L’impatto del calo dell’eGFR su endpoint cardiorenali potrebbe infatti richiedere diversi anni e quindi un follow up più lungo rispetto a quello utilizzato dal PARAGON-HF.
  • Rimangono delle incertezze, ma lo studio di Jering et al. sembra suggerire la possibilità di rallentare la progressione della malattia renale nei pazienti con HFpEF, associando un MRA alla terapia con sacubitril/valsartan.

 

 

Bibliografia

 

  1. Solomon SD, McMurray JJV, Anand IS, et al. Angiotensin–neprilysin inhibition in heart failure with preserved ejection fraction. N Engl J Med 2019;381:1609–20.
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