Chi fa da sé fa per tre!
di Laura Gatto
06 Luglio 2021

L’efpeglenatide ed i risultati del trial AMPLITUDE-O

L’efpeglenatide riduce il rischio di eventi cardiaci avversi (MACE) nella popolazione di diabetici con storia di malattia cardiovascolare o renale, è questo il principale risultato dello studio AMPLITUDE-O pubblicato sull’ultimo numero del New England Journal of Medicine [1].

L’efpeglenatide è un agonista recettoriale GLP-1 (Glucagon-like Peptide 1), costituito da una molecola modificata di exendina-4 coniugata con un frammento Fc di un’immunoglobulina umana G4. In questo modo, si ottiene una molecola di dimensioni maggiori, caratterizzata da una emivita più lunga che la rende ideale per la somministrazione settimanale o mensile. Precedenti studi clinici ne hanno provato l’efficacia nell’ottimizzare i livelli di glucosio ematici, senza però indurre ipoglicemia [2-3], al contrario ipotesi sulla possibilità di migliorare l’outcome cardiovascolare erano state avanzata ma ancora non confermate.

Il trial AMPLITUDE-O ha arruolato soggetti diabetici con valori di emoglobina glicata > 7%, con età superiore ai 18 anni se con storia di malattia cardiovascolare (definita come la presenza di coronaropatia, di ictus o di malattia periferica) o con età superiore ai 50 anni se uomini o 55 anni se donne con storia di malattia renale (definita come la presenza di una velocità di filtrazione glomerulare [eGFR] tra 25 e 59.9 ml/min/1.73m2) ed almeno un fattore di rischio cardiovascolare addizionale. Sono stati invece esclusi pazienti con storia di gastro-paresi, reflusso gastro-esofageo non controllato, nausea, vomito, pancreatite, retinopatia severa, uso di agonisti del recettore GLP-1 recente (entro tre mesi).

I pazienti sono stati randomizzati 1:1:1 al trattamento con placebo oppure al trattamento con una somministrazione sottocutanea settimanale di 4 mg o 6 mg di efpeglenatide. L’outcome primario del trial sono stati i MACE, definiti come un composito di infarto miocardico non fatale, ictus non fatale, morte per causa cardiovascolare o per causa indeterminata. Sono stati considerati come endpoint secondari i MACE allargati con le rivascolarizzazioni coronariche e le ospedalizzazioni per angina instabile e un outcome renale composito definito come la presenza di macroalbuminuria, un incremento > 40% dell’eGFR per almeno 30 giorni, la terapia sostitutiva renale per un tempo ≥ a 90 giorni oppure un eGFR < 15 ml/min/1.73m2 per più di 30 giorni [4].

Tra il Maggio 2018 e l’Aprile 2019, 4076 soggetti in 344 diversi centri ed in 28 paesi sono stati randomizzati a placebo (1359), efpeglenatide 4 mg (1359) ed efpeglenatide 6 mg (1358). L’età media della popolazione è stata di 65 anni, l’89% dei pazienti ha presentato una storia di malattia cardiovascolare ed il 31% un eGFR < 60 ml/min/1.73m2, nel 22% dei casi le due condizioni coesistevano. I tre gruppi sono risultati abbastanza sovrapponibili per le principali caratteristiche cliniche ed il tipo di trattamento farmacologico assunto al momento della randomizzazione.

Durante il follow-up di 1,8 anni 189 (7%) pazienti trattati con efpeglenatide hanno avuto almeno un MACE contro i 125 (9,2%) pazienti trattati con placebo (Hazard Ratio [HR] 0.73, P<0.001 per la non inferiorità e P= 0.007 per la superiorità), con un “number needed to treat” di 46. Un’analisi esplorativa ha suggerito un possibile effetto positivo sull’outcome dose-dipendente, dal momento che l’HR è stato di 0.82 nel confronto efpeglenatide 4 mg vs placebo e di 0.65 nel confronto efpeglenatide 6 mg vs placebo. Per quanto riguarda gli endpoint secondari, i soggetti trattati con efpeglenatide hanno mostrato una incidenza significativamente più bassa dei MACE allargati (HR 0.79, P= 0.02), dell’endpoint renale composito (HR 0.68, P < 0.001) e dei MACE con i decessi per cause non cardiovascolari (HR 0.73, P= 0.004). Gli effetti dell’efpeglenatide sull’outcome primario sono stati confermati in tutti i sottogruppi, e non sono state rilevate differenze di efficacia in funzione del sesso, dell’età, dell’etnia, della durata del diabete, dei livelli di emoglobina glicata, dell’eGFR, del body mass index, della storia cardiovascolare e del concomitante uso di altri farmaci ipoglicemizzanti.

Per quanto riguarda invece gli effetti metabolici, l’impiego di efpeglenatide ha determinato, rispetto al placebo, una riduzione dei livelli di emoglobina glicata dell’1.24%, del body mass index di 0.9, del peso corporeo di 2.6 kg, della pressione arteriosa sistolica e diastolica rispettivamente di 1.5 e 0.6 mmHg e del colesterolo LDL di 2.7 mg/dl. Tuttavia la percentuale di pazienti che ha lamentato effetti collaterali avversi severi a livello del tratto gastro-intestinale è stata significativamente più alta nel gruppo efpeglenatide rispetto al placebo (P= 0.009), cosi come gli effetti collaterali più lievi (costipazione, diarrea, nausea e gonfiore) [1].

Gli autori del trial hanno quindi concluso che una somministrazione sottocutanea settimanale di 4 o 6 mg di efpeglenatide si associa ad una riduzione del 27% del rischio di MACE e del 32% del rischio dell’endpoint renale composito in una popolazione complessa come quella dei pazienti diabetici con storia di malattia cardiovascolare o renale. Il dato da sottolineare è che il beneficio osservato sull’outcome è indipendente dall’impiego di altri farmaci ipoglicemizzanti che hanno dimostrato un simile comportamento come gli SGLT2 che nello studio erano assunti da circa il 15% dei soggetti.

Diversi possibili meccanismi sono stati chiamati in causa per spiegare l’effetto protettivo dell’efpeglenatide sul cuore e sul rene, innanzitutto è stato riportato come tale farmaco migliori il controllo di molti dei fattori di rischio con una riduzione dell’emoglobina glicata, della pressione arteriosa e del colesterolo LDL. Tali effetti, tipici degli agonisti del recettore GLP-1, sono stati confermati anche da altri recenti evidenze [5]. Ulteriori meccanismi ipotizzano un’azione protettiva sul microcircolo e sulla funzione endoteliale, oltre che un’attività antinfiammatoria, antifibrotica ed antiaterosclerotica.

Lo studio presenta alcune limitazioni, come ad esempio il periodo di follow-up molto breve (inferiore ai due anni) ed il fatto che il farmaco sia stato testato in una popolazione ad alto rischio di eventi, pertanto siamo in attesa che tali risultati siano confermati in un tempo di osservazione più prolungato ed in soggetti con un profilo di rischio inferiore.

Bibliografia:

  1. Gerstein HC, Sattar N, Rosenstock J, et al ; AMPLITUDE-O Trial Investigators. Cardiovascular and Renal Outcomes with Efpeglenatide in Type 2 Diabetes. N Engl J Med. 2021 Jun 28. doi: 10.1056/NEJMoa2108269. 
  2. Yoon K-H, Kang J, Kwon SC, et al. Pharmacokinetic and dose-finding studies on efpeglenatide in patients with type 2 diabetes. Diabetes Obes Metab 2020; 22: 1292-301.
  3. Rosenstock J, Sorli CH, Trautmann ME, et al. Once-weekly efpeglenatide doserange effects on glycemic control and body weight in patients with type 2 diabetes on metformin or drug naive, referenced to liraglutide. Diabetes Care 2019; 42: 1733-41.
  4. Gerstein HC, Branch K, Heenan L, et al. Design and baseline characteristics of the AMPLITUDE-O cardiovascular outcomes trial of efpeglenatide, a weekly glucagonlike peptide-1 receptor agonist. Diabetes Obes Metab 2021; 23: 318-23.
  5. Buse JB, Bain SC, Mann JFE, et al. Cardiovascular risk reduction with liraglutide: an exploratory mediation analysis of the LEADER trial. Diabetes Care 2020; 43: 1546-52.