Cardiotossicità da antracicline e terapie cardioprotettive: i vantaggi del monitoraggio mediante longitudinal strain
di Camilla Cavallaro
12 Gennaio 2021

La tossicità legata all’utilizzo di chemioterapici, può rapidamente condurre ad una condizione di scompenso cardiaco e rappresenta una importante complicanza per i pazienti oncologici che si sottopongono a terapie cardiotossiche. In particolare, farmaci come le antracicline, che rappresentano il cardine della terapia per il cancro mammario e per molti tumori ematologici, inducono un importante danno a livello miocardico esponendo i pazienti ad un rischio elevato di disfunzione ventricolare e scompenso (1). Per i suddetti motivi, è cruciale uno stretto monitoraggio cardiologico (ed ecocardiografico), al fine di regolare la gestione della terapia cardioprotettiva (con ace-inibitori/beta bloccanti) e la riduzione di dosaggio dei chemioterapici nel follow-up.

Negli ultimi anni sono stati quindi promossi numerosi studi per individuare markers in grado di svelare precocemente il danno miocardico, prima che insorga il deterioramento della frazione d’eiezione (FE), che spesso risulta irreversibile. Uno degli elementi più promettenti sembra essere il global longitudinal strain (GLS) in grado di identificare a livello subclinico la disfunzione dei miocardiociti, predire la cardiotossicità ed il rischio di sviluppare scompenso cardiaco (2).

Thavendiranathan P e colleghi hanno presentato su JACC i risultati del follow up ad un anno dello studio SOCCOUR (3). Si tratta del primo trial randomizzato multicentrico che mette a confronto le due strategie (monitoraggio dello strain con GLS vs monitoraggio della frazione d’eiezione) per guidare il management della terapia cardioprotettiva (TCP) ed evitare l’insorgenza di danno miocardico da cardiotossicità, in pazienti trattati con antracicline con almeno un fattore di rischio per scompenso cardiaco. La cardiotossicità era definita come una riduzione dell’FE del 5% nei pazienti sintomatici e del 10% nei pazienti asintomatici con FE < 55%.

Nel trial sono stati inclusi 331 partecipanti provenienti da 28 centri (Europa, Asia, Australia, Stati Uniti e Canada), la popolazione era costituita prevalentemente da donne, con carcinoma mammario HER2+ (91%), la restante parte era affetta da leucemia o linfoma. Tutti i pazienti presentavano almeno un fattore di rischio per scompenso cardiaco e sono stati sottoposti a chemioterapia a base di antracicline (il 79.5% è stato poi successivamente trattato con trastuzumab). La popolazione è stata suddivisa in due gruppi in base al fatto che l’inizio della TCP fosse stato guidato dallo strain (con riduzione del GLS del 12%) o dalla riduzione del 10% del valore di FE. I pazienti sono stati seguiti per un anno ed è stata monitorata la frazione d’eiezione e l’eventuale sviluppo di cardiotossicità legata all’utilizzo di farmaci.

Al follow up ad un anno, nonostante non fossero emerse significative differenze per quanto riguarda l’outcome primario, ovvero la riduzione di FE nei due gruppi (FE ad un anno 57±6% versus 55±7% (p=0.05), un numero inferiore di pazienti appartenenti al gruppo di monitoraggio con GLS è andato incontro a cardiotossicità da antracicline (5.8% vs 13.7%, p=0.02). Inoltre tra gli individui ai quali era stata diagnosticata una cardiomiopatia da tossicità per i chemioterapici quelli nel braccio guidato da FE hanno avuti un significativo peggioramento della funzione sistolica al follow up ad un anno rispetto al gruppo guidato da GLS  (9.1±10.9% versus 2.9±7.4%, p=0.03).

 

Conclusioni:

I risultati di questo studio supportano ed incoraggiano il  monitoraggio ecocardiografico della funzione ventricolare mediante valutazione del global longitudinal strain nei pazienti oncologici sottoposti a terapia con antracicline, con almeno un fattore di rischio per scompenso cardiaco. Questa strategia infatti consente di individuare precocemente i pazienti che potrebbero beneficiare di un trattamento cardioprotettivo, favorendo il preservamento della frazione d’eiezione a lungo termine e riducendo incidenza di disfunzione cardiaca indotta da chemioterapici.

Si tratta di uno studio interessante perché per la prima volta le due strategie di monitoraggio vengono messe a confronto in uno studio randomizzato. Le principali limitazioni sono legate a: bias legati alla valutazione della FE che è stata misurata in alcuni laboratori in 2D ed in altri in 3D; decisione di intraprendere la terapia cardioprotettiva presa autonomamente in base all’esperienza del centro; risultati chiaramente applicabili solo a pazienti trattati con farmaci derivati da antracicline.

 

Il monitoraggio del global longitudinal strain associato al management delle terapie cardioprotettive è in grado di proteggere i pazienti a rischio dal danno miocardico indotto da antracicline. 

 

 

Bibliografia

 

  1. Cardinale D, Colombo A, Bacchiani G et al. Early detection of anthracycline cardiotoxicity and improvement with heart failure therapy. Circulation 2015;131:1981-8.
  2. Oikonomou EK, Kokkinidis DG, Kampaktsis PN et al. Assessment of Prognostic Value of Left Ventricular Global Longitudinal Strain for Early Prediction of Chemotherapy- Induced Cardiotoxicity: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA cardiology 2019.
  3. Thavendiranathan P, Negishi T, Somerset E, Negishi K, Penicka M, Lemieux J, Aakhus S, Miyazaki S, Shirazi M, Galderisi M, Marwick TH, on behalf of the SUCCOUR investigators, Strain-Guided Management of Potentially Cardiotoxic Cancer Therapy, Journal of the American College of Cardiology (2020).