Citiamo uno studio pubblicato sul Journal of American College of Cardiology: un gruppo di ricercatori svedesi ha studiato gli effetti di un gruppo di fattori modificabili sulla salute di 20.271 uomini nel periodo compreso tra il 1997 e il 2009. Non valutazioni, quindi di complicate molecole o livelli di specifiche proteine, bensì la misurazione di eventuali benefici di una dieta salutare, di un esercizio fisico regolare, di un girovita piccolo, in assenza di fumo e con l’assunzione di due o meno bevande alcooliche al giorno. Ogni fattore studiato ha ridotto il rischio di infarto del miocardio e coloro che hanno soddisfatto tutti e cinque i criteri hanno presentato una probabilità di infarto ridotta del 79 %.
Un analogo successo è stato documentato nelle donne. Un gruppo di studiosi americani ha condotto lo stesso tipo di analisi sui dati del Women’s Health Initiative Study. Durante il periodo di follow up di 11 anni le donne che hanno mantenuto un buon valore di indice di massa corporea, un’attività fisica regolare, mangiato una dieta sana e non hanno fumato hanno presentato una riduzione del rischio del 77% di sviluppare uno scompenso cardiaco.
Un altro studio è stato condotto in un contesto clinico molto diverso. Nell’ARREST-AF trial un gruppo di ricercatori australiani ha mostrato che nei pazienti sottoposti ad ablazione di fibrillazione atriale una modificazione aggressiva dei fattori di rischio ha incrementato di 5 volte il successo della procedura di ablazione.
Tutti questi studi danno i risultati che un po’ di sano buon senso ci fa giudicare come attesi e convergono in un’ unica direzione.
Purtroppo, come un illustre studioso ha commentato, nonostante la diffusione di farmaci sempre più efficaci per trattare ad esempio, l’ipercolesterolemia, le statine, cui si aggiunge l’ezetimibe, o l’ipertensione per curare la quale si arriva ad utilizzare 3-4-5 classi di farmaci diversi, si assiste alla pandemia dell’obesità, alla diffusione di abitudini di vita sbagliate e per la prima volta alla grande probabilità che una generazione di adulti abbia una aspettativa di vita più corta e conduca una vita con maggiori malanni rispetto a quella dei propri genitori.
Tutto questo deve far riflettere la comunità scientifica e noi tutti.
Fonti:
Akesson A, Larsson SC, Discacciati A, Wolk A.. Low-risk diet and lifestyle habits in the primary prevention of myocardial infarction in men: a population-based prospective cohort study. J Am Coll. Cardiol 2014;174:1299-1306
Agha G, Loucks EB, Tinker LF et al. Healthy lifestyle habits and decreasing risk of heart failure in women: The Women’s Health Initiative Observational Study. J Am Coll. Cardiol 2014;64:1777-1785
Pathak RK, Middeldorp ME, Lau DH et al. Aggressive risk factor reduction study for atrial fibrillation and implications for the outcome of ablation: The ARREST-AF cohort study J Am Coll. Cardiol 2014;64:2222-2231
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma