La scelta tra bypass aorto-coronarico (CABG) e intervento coronarico percutaneo (PCI) per i pazienti con cardiomiopatia ischemica grave (frazione di eiezione ventricolare sinistra, LVEF, <35%) rappresenta una sfida clinica complessa. Uno studio recente, pubblicato sull’European Heart Journal, getta nuova luce sui benefici a lungo termine del CABG rispetto al PCI in questa popolazione ad alto rischio.
La cardiomiopatia ischemica è una delle principali cause di insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta (HFrEF). In questo contesto, la rivascolarizzazione può migliorare la prognosi, ma la strategia ottimale rimane dibattuta. Le linee guida europee e nordamericane suggeriscono il CABG come trattamento di prima linea nei pazienti con malattia coronarica multivasale e HFrEF, ma i dati a supporto di questa raccomandazione sono limitati.
Per colmare questa lacuna, lo studio ha analizzato i dati di 2042 pazienti raccolti in registri multi-centro australiani e neozelandesi tra il 2005 e il 2018, confrontando i due approcci in termini di sopravvivenza e complicanze.
Lo studio ha incluso pazienti con HFrEF sottoposti a rivascolarizzazione mediante CABG (71,1%) o PCI (28,9%). Sono stati esclusi pazienti con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento ST, shock cardiogeno e interventi chirurgici precedenti.
Per ridurre il bias derivante dalla natura osservazionale dello studio, è stato utilizzato il metodo IPTW (Inverse Probability of Treatment Weighting), che ha permesso di bilanciare le caratteristiche di base tra i due gruppi.
Nello studio, le popolazioni di pazienti sottoposti a CABG e PCI presentavano caratteristiche cliniche differenti, riflettendo le diverse indicazioni e profili di rischio associati alle due strategie di rivascolarizzazione.
I pazienti nel gruppo CABG erano mediamente più giovani (65,2 anni vs 66,8 anni per il gruppo PCI) e prevalentemente di sesso maschile (84,9% vs 77,8%). Questo gruppo presentava una maggiore prevalenza di malattia coronarica avanzata, con un coinvolgimento significativo di malattia multivasale (67,6% vs 43,2%) e del tronco comune (29,5% vs 4,6%). Anche la funzione ventricolare sinistra era leggermente più compromessa, con una frazione di eiezione media del 26,5% rispetto al 27,7% del gruppo PCI.
D’altra parte, i pazienti sottoposti a PCI erano più frequentemente caratterizzati da comorbidità importanti, come insufficienza renale grave (eGFR <30 ml/min nel 8,5% vs 4,6% del gruppo CABG). Anche il diabete era più comune tra i pazienti CABG (NIDDM 32,7%, IDDM 17,4%), sebbene il PCI coinvolgesse pazienti più anziani e fragili nel complesso.
In sintesi, i pazienti CABG tendevano ad avere una malattia coronarica più complessa, mentre i pazienti PCI avevano un profilo di rischio generale più alto, riflettendo criteri clinici che spesso favoriscono scelte terapeutiche meno invasive in popolazioni più vulnerabili. Queste differenze di base sono state successivamente bilanciate con metodi statistici per garantire un confronto equo tra i due approcci.
Risultati Principali
1. Sopravvivenza a lungo termine:
• Il CABG è associato a una riduzione del 41% del rischio di mortalità a lungo termine rispetto al PCI (HR aggiustato: 0.59, p = 0.001).
• La differenza diventa significativa a partire dal terzo anno post-procedura.
2. Complicanze peri-procedurali:
• CABG: maggiore rischio di ictus peri-procedurale (OR aggiustato: 19.6, p < 0.001) e degenza ospedaliera più lunga (14 giorni vs 4 giorni per il PCI, p < 0.001).
• PCI: associato a una minore incidenza di complicanze acute, ma senza vantaggi significativi sulla sopravvivenza a lungo termine.
3. Mortalità a breve termine:
• Nessuna differenza significativa tra i due gruppi in termini di mortalità intraospedaliera e a 30 giorni.
Implicazioni Cliniche
Lo studio conferma che il CABG dovrebbe essere considerato il trattamento di prima linea per pazienti con malattia coronarica multivasale e grave disfunzione ventricolare sinistra. Tuttavia, il rischio di complicanze peri-procedurali, come l’ictus e la maggiore durata della degenza ospedaliera, deve essere attentamente valutato, soprattutto nei pazienti con comorbidità.
Punti di Forza e Limiti dello Studio
Punti di Forza:
1. Ampio campione: L’inclusione di oltre 2000 pazienti rende i risultati altamente rappresentativi.
2. Metodologia avanzata: L’uso del metodo IPTW ha bilanciato le caratteristiche di base tra i gruppi, riducendo il bias.
3. Follow-up esteso: La valutazione fino a 10 anni offre una prospettiva unica sui benefici a lungo termine.
Limiti:
1. Natura osservazionale: Rimangono possibili confondenti non misurati, come la fragilità e la severità di comorbidità.
2. Mancanza di dettagli anatomici: L’assenza di dati sul punteggio SYNTAX e sulla completezza della rivascolarizzazione limita l’analisi comparativa.
3. Bias geografico: I dati PCI provengono solo dallo stato di Victoria, mentre il CABG ha coinvolto l’intera Australasia.
4. Eventi avversi rari: Gli ampi intervalli di confidenza per eventi come l’ictus limitano la precisione delle stime.
Conclusioni
Lo studio evidenzia il beneficio del CABG sulla sopravvivenza a lungo termine nei pazienti con cardiomiopatia ischemica grave, a fronte di un maggiore rischio di complicanze peri-procedurali. Questi risultati supportano l’uso del CABG come strategia preferenziale in questa popolazione, pur sottolineando la necessità di valutare attentamente i rischi individuali.
Tuttavia, la mancanza di trial clinici randomizzati rimane un limite importante. Studi futuri, come il potenziale STICH 3, saranno cruciali per confermare questi dati e guidare le linee guida cliniche verso decisioni basate sull’evidenza.
Il CABG emerge come una scelta efficace per migliorare la sopravvivenza nei pazienti con HFrEF e malattia coronarica complessa. Tuttavia, l’approccio clinico deve essere sempre personalizzato, considerando i rischi e i benefici per ciascun paziente.
Bibliografia consigliata:
1. Bloom JE, Vogrin S, Reid CM, et al. Coronary artery bypass grafting vs. percutaneous coronary intervention in severe ischaemic cardiomyopathy: long-term survival. European Heart Journal. 2025;46(1):72-80. doi:10.1093/eurheartj/ehae672.
2. Velazquez EJ, Lee KL, Jones RH, et al. Coronary-artery bypass surgery in patients with ischemic cardiomyopathy. New England Journal of Medicine. 2016;374:1511-1520. doi:10.1056/NEJMoa1602001.
3. Perera D, Clayton T, O’Kane PD, et al. Percutaneous revascularization for ischemic left ventricular dysfunction. New England Journal of Medicine. 2022;387:1351-1360. doi:10.1056/NEJMoa2206606.
4. McDonagh TA, Metra M, Adamo M, et al. 2021 ESC guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure. European Heart Journal. 2021;42(36):3599-3726. doi:10.1093/eurheartj/ehab368.
5. Stone GW, Sabik JF, Serruys PW, et al. Everolimus-eluting stents or bypass surgery for left main coronary artery disease. New England Journal of Medicine. 2016;375:2223-2235. doi:10.1056/NEJMoa1610227.