Buone notizie dal fronte: oggi nel post infarto si muore sempre meno!
di Filippo Brandimarte
19 Novembre 2024

Storicamente il primo mese post infarto miocardico è il periodo riconosciuto come più vulnerabile in quanto il rischio di morte improvvisa è più alto. D’altra parte, negli ultimi vent’anni sono stati fatti notevoli passi avanti nella diffusione delle cosiddette “reti dell’infarto” e delle sale di emodinamica in grado di effettuare h24 procedure di rivascolarizzazione sempre più precoci. (1) Ma queste misure hanno davvero ridotto la morte improvvisa? Ed eventualmente di quanto?

Per rispondere a queste domande viene in nostro aiuto un’elegante analisi condotta da E. Braunwald e collaboratori e pubblicata sull’ultimo numero di JAMA Cardiology. (2) Gli autori hanno calcolato la mortalità totale e il tasso di morte improvvisa ad 1 mese e ad un anno di due grandi trial multicentrici randomizzati a doppio cieco comprendenti un’ampia coorte di pazienti post infarto con funzione sistolica depressa (FE≤40%) e segni di congestione polmonare. Si tratta del VALIANT che ha arruolato dal 1998 al 2001 una popolazione di oltre 14.000 pazienti (di cui 9.617 opportunamente selezionati per questa analisi al fine di ridurre le differenze tra i 2 gruppi) e valutato l’effetto di Valsartan, Captopril o entrambi e il recentissimo PARADISE-MI che similmente ha randomizzato dal 2016 al 2020 5.661 pazienti e confrontato l’impatto di Sacubitril/Valsartan e Ramipril.

L’età media dei pazienti afferenti al PARADISE-MI è stata di 63 anni, prevalentemente di sesso maschile (76%) mentre quella opportunamente selezionata dal VALIANT per ridurre le differenze tra le due coorti è stata di 66 anni e una percentuale di sesso maschile pari al 67%. I soggetti del PARADISE-MI avevano una pressione sistolica più bassa, un più alto body mass index, un filtrato glomerulare più alto, una proporzione di pazienti con classe Killip I e III più alta, una frazione di eiezione più alta, una più alta incidenza di diabete, ipertensione, fibrillazione atriale e rivascolarizzazioni percutanee ma una più bassa percentuale di ictus o bypass pregressi. Inoltre, la popolazione del PARADISE-MI era, come atteso, molto meglio trattata: 85% assumeva un beta bloccante, 95% una statina ed il 41% un antialdosteronico mentre le percentuali del VALIANT erano rispettivamente 69%, 32% e 9%.

Nel VALIANT la mortalità totale ad 1 anno è stata del 19.7% con un picco di mortalità nel primo mese del 21.3%. La morte improvvisa si è verificata in 707 pazienti (7.4%) di cui 150 (21.2%) solo nel primo mese. Nel PARADISE-MI la mortalità totale ad un anno è stata dell’8% (n=455) con 106 decessi (23.3%) solo nel primo mese. 148 soggetti (2.6%) sono deceduti per morte improvvisa con 44 (29.7%) decessi solo nel primo mese.

Lo studio ha dimostrato chiaramente che il primo mese post infarto è quello con la più alta mortalità e questo dato è confermato ieri come oggi. La morte improvvisa nel recente PARADISE-MI, infatti, è 3 volte più alta rispetto a quella a 3 mesi e ben 10 volte più alta di quella ad 1 anno. Tuttavia, al termine del follow-up l’attuale trattamento dell’infarto miocardico ha drammaticamente abbattuto sia il tasso di morte improvvisa che quello della mortalità totale che risultano inferiori di 2-3 volte. Questo è probabilmente dovuto alla più alta percentuale di pazienti trattati precocemente con angioplastica coronarica che a sua volta ha contribuito a ridurre la necrosi miocardica e la conseguente fibrosi (noto substrato aritmico). Ovviamente anche l’attuale implementazione più massiccia di betabloccanti, antialdosteronici e dei potenti antiaggreganti ha molto probabilmente dato il suo contributo.

Il drastico abbattimento dei casi di morte improvvisa nel post infarto ad 1 mese pone non poche perplessità sul reale beneficio dell’impianto di un defibrillatore in questa finestra temporale. (3) Di qui la necessità sempre più impellente di stratificare il rischio aritmico di questa popolazione utilizzando diverse moderne tecnologie non ultima la risonanza magnetica che è in grado di quantificare in maniera precisa il burden fibrotico, principale responsabile, sebbene non l’unico, delle morti aritmiche.

Bibliografia:

  1. Yeh RW, Sidney S, Chandra M, et al. Population trends in the incidence and outcomes of acute myocardial infarction. N Engl J Med. 2010;362(23):2155-2165.
  2. Curtain JP, Pfeffer MA, Braunwald E, et al. Rates of sudden death after myocardial infarction. Insights from the VALIANT and PARADISE-MI trials. JAMA Cardiol 2024; (9(10):928-933.
  3. Hohnloser SH, Kuck KH, Dorian P, et al. DINAMIT Investigators. Prophylactic use of an implantable cardioverter-defibrillator after acute myocardial infarction. N Engl J Med. 2004;351(24):2481-2488.