L’approccio abituale alla problematica “consumo di alcolici” è quello di raccomandarne l’uso moderato (massimo 3 unità al giorno per l’uomo e 2 unità al giorno per la donna).
Ciò è senz’altro corretto, ma contrasta, almeno in parte, con le evidenze che sembrerebbero legare il consumo alcolico moderato non solo alla corretta prevenzione cardiovascolare, bensì anche all’incremento della morbilità e della mortalità correlate alle neoplasie alcol-correlate ed agli incidenti stradali causati dall’alticcio imbecille di turno.
Un recentissimo studio inglese (BMJ 2017;356:j909) apporta un consistente contributo alla chiarezza in merito. Ciò grazie ai dati informatizzati ed anonimizzati derivati dallo studio CALIBER (ClinicAl research using LInked Bespoke studies and Electronic health Records), relativi ad 1.937.360 adulti (51% donne), di età ≥30 anni, senza alcuna malattia cardiovascolare all’inizio dell’osservazione (1997-2010, follow up mediano = 6 anni).
Tra tutta la popolazione iniziale, i non bevitori sono stati caratterizzati da una prognosi cardiovascolare non buona rispetto ai bevitori moderati per quanto attiene l’angina instabile (hazard ratio 1.33, intervallo di confidenza al 95% 1.21 – 1.45), l’infarto del miocardio (1.32, 1.24 -.41), la morte coronarica non annunciata (1.56, 1.38 – 1.76), lo scompenso cardiaco (1.24, 1.11 – 1.38), l’ictus ischemico (1.12, 1.01 – 1.24), la vasculopatia periferica (1.22, 1.13 1.32), e l’aneurisma dell’aorta addominale (1.32, 1.17 – 1.49).
Malgrado questi risultati – per altro non comprensivi della valutazione delle neoplasie e degli eventuali incidenti stradali alcol-correlati – siano a favore dell’uso moderato dell’alcol, una parola di cautela viene dalla valutazione del bevitore non moderato, cioè che eccede anche di poco l’apporto più sopra citato in termini di unità alcoliche.
Infatti, il bevitore “forte” manifesta un rischio ridotto di manifestare infarto del miocardio (0.88, 0.79 – 1.00) oppure angina stabile (0.93, 0.86 – 1.00), ma aumentato di avere morte coronarica non annunciata (1.21, 1.08 – 1.35), scompenso cardiaco (1.22, 1.08 – 1.37), arresto cardiaco (1.50, 1.26 – 1.77), TIA (1.11, 1.02 – 1.37), ictus ischemico (1.33, 1.09 – 1.63), emorragia cerebrale (1.37, 1.16 – 1.62), e vasculopatia periferica.
Ciò stante, i suggerimenti correlati all’apporto alcolico devono diventare più appropriati e compositi, enfatizzando come anche un modesto incremento oltre l’uso moderato può invertire – per diverse patologie vascolari – il beneficio in un danno.
Oltre a questo, è anche opportuno riflettere sulla necessità – che non era certo obiettivo della valutazione del CALIBER, ma che è stata altrove messa in risalto – di considerare come alcol e guida non vadano mai d’accordo, anche per un uso moderato, se troppo vicino temporalmente all’accensione del motore.
Prof. Claudio Ferri
Direttore della Scuola di Medicina Interna
Università degli Studi L’Aquila