“ARISTOTELE” E LA FIBRILLAZIONE
di Eligio Piccolo
09 Giugno 2019

Stiamo parlando della fibrillazione atriale. L’aritmia un tempo piuttosto trascurata, ma ora sempre più all’attenzione dei medici e dei pazienti perché, la sua progressiva incidenza a causa dell’aumento della vita media, la migliore conoscenza delle complicazioni e le terapie più efficaci, ne hanno fatto una patologia all’ordine del giorno e tra le più frequenti nella terza e nella quarta età. La sua prevalenza in Italia e nel mondo è calcolabile con difficoltà, poiché va ricavata indirettamente dai dati ottenuti dai medici di medicina generale e dai ricoveri ospedalieri, non da un “referendum” diretto, che potrebbe rivelare anche le fibrillazioni misconosciute. Si presume che da noi si aggiri intorno agli uno-due milioni, cifra che secondo alcuni esperti potrebbe raddoppiare nel 2050. La medicina, rispetto a 50 anni fa, ha fatto passi enormi sia nella conoscenza dei fattori causali e che ne facilitano la comparsa e sia nello sviluppo delle terapie per prevenirla e per curarla. In modo principale l’uso degli anticoagulanti.

C’è ancora qualcuno che pensa di gestirsi la fibrillazione atriale senza gli anticoagulanti? Magari perché ha sentito dire che questi farmaci sono a rischio di emorragie o perché se l’aritmia avviene sporadicamente non si dovrebbero verificare le condizioni per il formarsi di coaguli nell’atrio sinistro, e che questi prendano poi la via del cervello? O per chi usa il Coumadin, disarma a causa dell’apprensione di dover seguire i valori dell’INR e di farsi fare l’esame del sangue almeno ogni 4 settimane? Se lo scordino, poiché gli studi su grandi serie di pazienti hanno verificato che non solo chi è in fibrillazione stabile o ha frequenti episodi, ma pure coloro nei quali la profilassi consente di vivere per anni senza risentirla, ma l’Holter ne mostra brevi tratti, e perfino chi è stato graziato dall’ablazione, possono avere la temuta embolia. Per cui la maggioranza degli esperti conclude che è decisamente minore il rischio di emorragie da anticoagulanti che quello dell’ictus.

Tutto ciò è scritto in molte pubblicazioni e lo conferma l’ultima di queste che si è data per acronimo ARISTOTELE, niente po’ po’ di meno. Si è cercato di vedere se, non solo l’elettrocardiogramma e l’Holter, ma anche alcuni fattori dosabili nel sangue possono darci una migliore previsione delle complicazioni, quali il solito ictus, ma anche l’insufficienza cardiaca e il trapasso nel mondo dei più. Sono fattori, questi del sangue, difficili da spiegare a chi confonde le vene con le arterie, ma siccome dicono che sono bravo a farlo anche di ciò che io stesso non capisco a fondo: immaginate il logorio che il cuore subisce a causa dell’aritmia e delle scosse elettriche per rintuzzarla. Le conseguenze a lungo andare, magari favorite da altri fattori di rischio come l’obesità, il diabete e il solito fumo, possono essere l’ictus, lo scompenso di cuore e anche la morte improvvisa. Lo si afferma con tanto di differenze statistiche, come si dice, significative, ancorché non così elevate da privare i pazienti poco osservanti della speranza di essere fra la maggioranza dei fortunati, che se la cavano senza tanti esami, pastiglie e controlli. Ma Aristotele è anche simbolo di logica e di tutto ciò che da questa deriva, compresa la statistica, quindi è meglio dargli retta e curarsi per benino.

Eligio Piccolo
Cardiologo