Anche se le medicine sono tante… mai sospendere la statina
di Filippo Stazi
29 Giugno 2021

I pazienti anziani sono in genere affetti da più di una patologia e ciò comporta l’assunzione di una politerapia farmacologica. Questa non è scevra da possibili effetti negativi, primo tra tutti l’aumento degli effetti avversi dovuti all’interazione tra i diversi principi attivi. Per tale motivo sia i pazienti, più frequentemente, sia i medici, più raramente, tendono ad attuare una sorta di “deprescribing” i cui effetti sono in realtà poco conosciuti.

Un interessante studio, basato sui registri amministrativi della regione Lombardia, ha valutato quali sono le conseguenze della sospensione, per qualsivoglia ragione, della terapia con le statine in soggetti che sono in concomitante trattamento con antiipertensivi, ipoglicemizzanti ed antiaggreganti. L’analisi ha portato all’identificazione di 29.047 pazienti che assumevano tale combinazione di medicine. 4.023 di questi soggetti hanno sospeso la statina e sono stati confrontati, mediante propensity score, con un corrispondente gruppo che ha invece proseguito tale trattamento. Lo studio prevedeva 4 end points: 1) ricovero per eventi cerebrovascolari, scompenso o cardiopatia ischemica; 2) accesso al DEA per qualsiasi motivo; 3) accesso al DEA per problemi neurologici (nell’ipotesi di un possibile effetto benefico del deprescribing sulla funzione neurologica)  4) mortalità da ogni causa.

Per valutare se gli effetti della sospensione della statina fossero in realtà legati a variabili non strettamente legate al farmaco, la stessa analisi è stata condotta anche in soggetti che erano in terapia con antiipertensivi, ipoglicemizzanti, antiaggreganti e gastroprotettori inibitori di pompa e che sospendevano questi ultimi.

L’età media dei 4.023 pazienti che hanno sospeso la statina era più elevata (76,5 anni vs 75,3) rispetto a coloro che l’hanno proseguita, erano in misura maggiore di sesso femminile (40,3% vs 35,4%), e con minore probabilità affetti da scompenso (8,1% vs 8,5%).

Dopo un follow up medio di 20 mesi l’interruzione della terapia con statine si associava ad un aumentato rischio di ricovero per scompenso (HR, 1.24; 95% CI, 1.07-1.43), ricovero per eventi cerebrovascolari, scompenso o cardiopatia ischemica (HR, 1.14; 95% CI, 1.03-1.26); mortalità da ogni causa (HR, 1.15; 95% CI, 1.02-1.30), accesso al DEA per qualsiasi motivo (HR, 1.12; 95% CI, 1.05-1.19). Non vi erano invece differenze significative nella probabilità di accesso al DEA per problemi neurologici (non confermando quindi il possibile effetto positivo in tale ambito della riduzione della polifarmacia) o di ricovero per eventi cerebrovascolari o per cardiopatia ischemica. La sospensione degli inibitori di pompa non aveva invece alcun effetto sulla prognosi.

Lo studio evidenzia, quindi, che interrompere la terapia con statine, anche in pazienti anziani con multiple comorbidità e terapie, ha significative ripercussioni negative sulla prognosi. E’comunque importante tenere a mente che lo studio non è randomizzato e che sconta la limitazione della mancanza di dati sulla causa della sospensione della statina. Considerando che la frequenza con cui tale evento si verificava (1,3% dei pazienti) è superiore all’incidenza di effetti avversi gravi osservati nei vari trials sull’impiego delle statine, è comunque verosimile che quest’ultima non sia stata la causa prevalente dell’interruzione della terapia. Non si può neanche teoricamente escludere che la scelta di abbandonare la statina sia la conseguenza di uno stile di vita meno sano e di una minore attenzione al proprio stato di salute e che, quindi, siano questi atteggiamenti i veri responsabili del peggioramento della prognosi connesso con la sospensione. Ciò però è poco probabile in quanto non si spiegherebbe perché tale attitudine dovrebbe portare all’interruzione della sola terapia ipolipemizzante e non delle altre concomitanti. Questa ipotesi, inoltre, contrasta con quanto osservato con gli inibitori di pompa protonici, il cui abbandono dovrebbe, infatti, anche esso essere relato, coerentemente con quanto postulato in precedenza, alla scarsa attenzione al proprio benessere da parte di chi opera tale scelta e quindi essere collegato ad un peggioramento dell’outcome, effetto che non si è però osservato nel corso dello studio.

Pur con tutte le limitazioni succitate, lo studio, comunque, ribadisce l’importanza della terapia ipolipemizzante con le statine, anche negli anziani ad anche se associata con altre numerose terapie, nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Bibliografia

  1. Rea F, Biffi A, Ronco R et al. Cardiovascular outcomes and mortality associated with discontinuing statins in older patients receiving polypharmacy. JAMA Network Open 2021; 4 (6): e2113186. Doi:10.1001/jamanetworkopen.2021.13186