Nei pazienti con cardiopatia ischemica ed aritmie ventricolari sostenute, non si hanno ad oggi sufficienti evidenze scientifiche che indichino quale sia la migliore scelta terapeutica da intraprendere: ablazione transcatetere, terapia medica antiaritmica o una combinazione delle due? La frazione di eiezione, le comorbidità e le caratteristiche cliniche e demografiche sono risultate essere predittori solo in alcuni studi, ma non venivano confermati in altri1-5.
Lo studio VANISH (Ventricular Tachycardia Ablation vs. Escalated Antiarrhythmic Drug Therapy in Ischaemic Heart Disease)1 ha provato a paragonare l’efficacia a lungo termine dell’ablazione transcatetere delle tachicardie ventricolari vs. l’utilizzo della sola terapia medica (amiodarone, sotalolo, procainamide) in 259 pazienti, arruolati tra il 2009 ed il 2014, affetti da cardiopatia ischemica e già portatori di ICD (132 pazienti randomizzati al gruppo ablazione e 127 al gruppo terapia farmacologica, età media 68,6 ± 8,1 anni). L’end-point primario consisteva in un composito di morte, recidiva di storm aritmico o aritmia ventricolare sostenuta con scarica appropriata dell’ICD. Al termine del follow-up di 27,9 ± 17,1 mesi, l’end-point primario si è verificato nel 59.1% dei pazienti sottoposti ad ablazione transcatetere vs. il 68,5% dei pazienti sottoposti a sola terapia medica, dimostrando che, nella popolazione arruolata, l’ablazione era significativamente superiore alla terapia medica.
Quello che però non è stato indagato nello studio VANISH è se l’ablazione transcatetere (preceduta da terapia medica) e la sola terapia medica fossero particolarmente efficaci in alcune tipologie di tachicardie ventricolari.
In questa sottoanalisi6, si sono considerate le seguenti caratteristiche: lunghezza del ciclo (ovvero la frequenza cardiaca raggiunta durante la TV), la presentazione clinica (forma parossistica o forma incessante, anche detta storm aritmico quando si verificano oltre 3 episodi di TV sostenuti in 24 ore) e la risposta alla terapia (risposta ai farmaci, all’anti-tachycardia pacing dell’ICD).
Le TV registrate nei soggetti coinvolti nello studio sono state suddivise in tre gruppi, in base al ciclo: > 400 msec (ovvero con frequenza cardiaca < 150 bpm, pari al 34,4% dei pazienti), 400-321 msec (frequenza tra 150 e 187 bpm, pari al 31,6% dei pazienti) e 320-240 msec (frequenza tra 188e 250 bpm, pari al 3,9% dei pazienti). In base alla presentazione clinica, le TV sono state invece classificate in storm aritmici, TV trattate con ATP dell’ICD e TV parossistiche a regressione spontanea. Per semplificare l’analisi statistica, si è preferito però suddividere i pazienti, in base alla presentazione clinica, solo valutando pazienti con o senza storm aritmico all’esordio.
Per end-point primario è stato utilizzato un composito di morte per qualsiasi causa e di recidiva dopo 30 giorni dall’ablazione o dall’inizio della terapia farmacologica di storm aritmico o di shock appropriato dell’ICD.
Il farmaco più utilizzato nel trattamento delle TV, sia da solo che in combinazione con l’ablazione transcatetere, è stato l’amiodarone (65,2% dei pazienti). Non si sono rilevate sostanziali differenze relativamente al ciclo delle TV sulla base delle caratteristiche demografiche, dei fattori di rischio e delle comorbidità. Uniche eccezioni sono state la presenza di insufficienza renale cronica (più frequente nel gruppo TV > 400 msec, pari al 28,1%, p = 0,014) e del tipo di trattamento farmacologico (l’82% dei pazienti con TV > 400 msec veniva trattato con amiodarone, p = 0,0002). La frazione di eiezione media era di 28,8 ± 10%, senza significative differenze tra i diversi cicli di TV.
In tutti i casi con ciclo della tachicardia ventricolare > 400 msec, l’impiego della sola terapia farmacologica aumentava il rischio dell’end-point primario rispetto all’uso dell’ablazione transcatetere (HR 1,78, 95% CI 1,02 – 3,13 p = 0,04). Tale divario diventava ancora più evidente nei pazienti sottoposti all’associazione terapia farmacologica con amiodarone ed ablazione (HR 2,22, 95% CI 1,19 – 4,16 p = 0,01). Non si sono rilevate differenze statisticamente significative nell’end-point primario negli altri sottogruppi di tachicardia ventricolare.
Il 12,4% dei pazienti dello studio VANISH (pari a 32 pazienti su 259), ha avuto come prima manifestazione clinica lo storm aritmico. Anche in questo caso non si sono rilevate differenze statisticamente significative nelle caratteristiche demografiche tra il gruppo storm aritmico vs. gruppo senza storm aritmico all’esordio. Non si sono altresì rilevate differenze statisticamente significative tra trattamento con ablazione transcatetere vs. sola terapia medica in questi due gruppi.
Si può quindi concludere che, nei pazienti con cardiopatia ischemica e severa disfunzione sistolica ventricolare sinistra e portatori di ICD, l’ablazione transcatetere migliora l’aoutcome nelle tachicardie ventricolari con ciclo > 400 msec.
BIBLIOGRAFIA
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