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- N.09-2019
Nei paesi a basso reddito o in via di sviluppo l’accessibilità alle cure è come sappiamo una questione difficile. Questo è tanto più vero quando ci riferiamo alle procedure più costose e tecnologicamente avanzate, come nel caso dell’angioplastica per il trattamento delle coronaropatie che ha consentito nei paesi più sviluppati una riduzione dei tassi di mortalità per cardiopatia ischemica. Il progetto di rendere tali cure accessibili anche nei posti più remoti assai distanti da centri di riferimento è ovviamente ambizioso. Tanto più ambizioso se ci riferiamo a una possibilità tecnologicamente veramente avanzata quale quella di praticare un’angioplastica in remoto!
Fin dal 2011 negli Stati Uniti è possibile eseguire un’angioplastica con l’ausilio di un robot. Una robot assisted PCI (R-PCI) è possibile grazie ad un unico sistema endovascolare robotico approvato dalla FDA, posizionato a distanza dal paziente in sala di emodinamica, grazie al quale un operatore agendo su dei joystick esegue la procedura. Essa è risultata fattibile, ben tollerata, ha dei risultati sovrapponibili a quella di un’angioplastica tradizionale. Con il miglioramento del software dedicato è cresciuta l’accuratezza e la precisione nella misurazione della lesione, della lunghezza dello stent e del suo posizionamento. Iniziano ad esserci dati crescenti e studi pubblicati in letteratura. La procedura robot assistita fornisce dei vantaggi anche al cardiologo interventista che la esegue: minore l’esposizione alle radiazioni (fino al 97%) e probabilmente riduce i problemi ortopedici cui questi operatori vanno incontro visti i pesanti camici schermati che debbono quotidianamente indossare in sala per proteggersi.
Recentemente Madder et al. hanno effettuato uno studio di fattibilità di R-PCI “telestenting” in vivo su maiali anestetizzati con l’operatore situato a distanza di 166 km dalla sala che accoglieva gli animali. Lo stesso autore ha poi effettuato procedure su pazienti da una stanza adiacente alla sala di cateterismo.
Oggi raccontiamo del primo tentativo effettuato in India a Akshardham Gandhinagar, un centro culturale religioso dotato di tecnologia avanzata, situato a 20 miglia dalla sala di emodinamica dove si trovavano i pazienti. L’operatore, che si trovava- ripetiamo – a più di 30 km di distanza, manovrando alla consolle tre joystick uno dedicato al controllo di palloni e stent, uno alle guide, uno ai cateteri ha effettuato la procedura di angioplastica e posizionamento di stent su 5 pazienti con successo. Era presente una postazione bed-side nella sala di emodinamica per l’esecuzione della procedura, nella stazione in remoto erano ovviamente presenti monitor e connessioni che consentivano in tempo reale la comunicazione audiovisiva bidirezionale con la sala di emodinamica. Ovviamente si è trattato di 5 casi selezionati di pazienti con lesioni semplici (tipo A) che hanno firmato un consenso informato, ovviamente nel laboratorio di cateterismo erano presenti cardiologi interventisti in grado di intervenire se ve ne fosse stato bisogno, era presente inoltre uno stand-by cardiochirurgico vista l’eccezionalità dell’evento.
Già oggi si utilizza la robotica in numerose sale di chirurgia. Sarà questo il futuro anche del cath-lab?
Fonti:
Patel TM, Shah SC, Pancholy SB. Long Distance Tele-Robotic-Assisted Percutaneous Coronary Intervention: A Report of First in Human Experience. The Lancet E Clinical Medicine
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma