Un nuovo farmaco per l’ipertensione arteriosa resistente: il Baxdrostat Risultati dello studio BrigHTN
di Alessandro Battagliese
21 Febbraio 2023

L’ipertensione arteriosa è correlata ad un aumento del rischio di eventi cardiovascolari quali ictus, infarto del miocardio, morte improvvisa, scompenso cardiaco, vasculopatia periferica, fibrillazione atriale e rappresenta il più importante fattore di rischio cardiovascolare e la principale causa di mortalità e morbilità a livello mondiale. Nonostante ciò, al momento solo il 25-30% dei pazienti in trattamento farmacologico raggiunge il target pressorio ottimale. L’ipertensione resistente (IR) è definita da valori di pressione arteriosa >130/80 mmHg nonostante il trattamento con tre differenti classi di farmaci, tra cui un diuretico, alla dose ottimale o meglio tollerata. La prevalenza di IR tra la popolazione ipertesa adulta è riportata tra il 12% e il 18%. I pazienti affetti da IR presentano un maggior rischio di eventi avversi cardiovascolari e renali rispetto ai pazienti con IA controllata. Le linee guida attuali raccomandano l’aggiunta dello spironolattone, un antagonista recettoriale dei mineralcorticoidi, come quarto farmaco, nonostante i frequenti effetti indesiderati dose correlati. 

Gli inibitori dell’aldosterone sintasi sono indirizzati ad una causa probabile di resistenza al trattamento antiipertensivo sopprimendo la sintesi dell’ormone piuttosto che bloccando il recettore dei mineralcorticoidi. Tuttavia è difficile ottenere tale inibizione poiché l’aldosterone sintasi condivide il 93% di somiglianza di sequenza con l’enzima che catalizza la sintesi del cortisolo (11β-idrossilasi). Studi preclinici e di fase 1 hanno dimostrato che baxdrostat ha un’elevata selettività (rapporto di selettività 100:1) per l’aldosterone sintasi rispetto all’altro enzima e, inoltre, a diverse dosi riduce i livelli plasmatici di aldosterone ma non di cortisolo.

BrigHTN, questo il nome del trial pubblicato recentemente su NEJM, ha coinvolto 275 adulti (il 90% ha completato lo studio) con ipertensione resistente ai trattamenti e pressione arteriosa di almeno 130/80 mmHg che assumevano almeno 3 antipertensivi tra cui un diuretico, i quali sono stati randomizzati a ricevere una volta al giorno per 12 settimane baxdrostat (dose di 0,5 mg, 1 mg o 2 mg) o un placebo.

Si tratta di uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, a gruppi paralleli di fase 2.

Criteri di esclusione valori di pressione scarsamente controllati (uguali o superiori a 180/110 mmHg), filtrato glomerulare inferiore a 45 ml/min/1,73m2, diabete non controllato; in caso di assunzione precedente di antialdosteronici, questi venivano sospesi 4 settimane prima della randomizzazione.

Obiettivo primario di efficacia la riduzione dei valori di pressione arteriosa sistolica dopo 12 settimane di trattamento in ogni sottogruppo di trattamento rispetto a placebo. Obiettivo secondario di efficacia la riduzione della pressione diastolica e la percentuale di pazienti che a 12 settimane raggiungevano il target di pressione inferiore a 130/80 mmHg.

Obiettivi di sicurezza includevano la comparsa di eventi avversi quali ipotensione, iperpotassiemia, iponatriemia ed altri eventi avversi seri.

L’arruolamento è iniziato il 2020 e terminato nel mese di giugno 2022. L’età media della popolazione era di circa 60 aa con una buona rappresentazione del sesso femminile (circa 40%) e di pazienti di razza nera (circa il 30%).

Tutti i pazienti assumevano almeno un diuretico e in una percentuale variabile tra il 91 ed il 96% un inibitore del sistema renina angiotensina.

Lo studio è stato interrotto precocemente per eccesso di efficacia.

Sono stati osservati cambiamenti di pressione sistolica dose-dipendenti, pari a -20,3 mmHg, -17,5 mmHg, -12,1 mmHg e -9,4 mmHg nei gruppi che hanno ricevuto rispettivamente 2 mg, 1 mg, 0,5 mg di farmaco e il placebo. È stata calcolata una differenza di riduzione della pressione sistolica tra il gruppo 2 mg con quello placebo di -11,0 mmHg e tra il gruppo 1 mg con quello placebo -8,1 mmHg. Non c’è stata  una riduzione significativa della pressione sistolica nel gruppo che ha assunto 0,5 mg di farmaco rispetto a placebo.

Anche la riduzione di pressione diastolica (end point secondario) è risultata significativamente maggiore nel gruppo 2 mg (- 14,3 mmHg), con una differenza rispetto a placebo di – 5,2 mmHg.

Nessun evento avverso grave è stato collegato al farmaco o al placebo e non ci sono stati casi di decesso o di insufficienza corticosurrenalica. In 2 pazienti trattati con baxdrostat si è verificato un aumento dei livelli di potassio di 6,0 mmol per litro, che non si sono però ripresentati una volta il farmaco è stato interrotto e poi riiniziato.

Nel gruppo di trattamento si è osservata un lieve incremento di incidenza delle infezioni delle vie urinarie.

Il baxdrostat alla luce dei risultati di questo trial di fase 2 si presenta come una molecola altamente efficace nel trattamento dell’ipertensione arteriosa resistente, ben tollerata, molto selettiva in quanto non determina una riduzione dei livelli di cortisolo e quindi non causa insufficienza surrenalica, sicura e valida alternativa alla terapia con inibitori dei recettori dell’aldosterone.

In particolare l’incidenza di iperpotassiemia è risultata molto bassa.

L’azione selettiva del baxdrostat permette di scongiurare il rischio di indurre insufficienza surrenalica e la perdita di efficacia di riduzione della pressione sanguigna che può derivare dall’accumulo di precursori steroidei attivanti i recettori dei mineralcorticoidi osservati con gli inibitori dell’aldosterone sintasi di prima generazione.

Questi vantaggi dovranno essere confermati in studi di fase 3 che coinvolgano più pazienti per un periodo più lungo.

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