Il caso clinico riguarda una donna di 78 anni portatrice di bioprotesi aortica per pregressa stenosi valvolare. La storia clinica comprendeva ipertensione arteriosa, malattia renale cronica III stadio, anemia cronica secondaria ad angiodisplasia gastrica.
La paziente si presentava alla nostra attenzione per edema polmonare acuto. L’ecocardiogramma trans toracico mostrava un ventricolo sinistro di normali dimensioni e funzione sistolica, insufficienza mitralica di grado severo con rottura di corde tendinee secondaria a processo endocarditico e degenerazione della bioprotesi aortica con stenosi valvolare. Un ecocardiogramma transesofageo confermava la diagnosi. Successivamente alla stabilizzazione clinica con terapia antibiotica, dopo la risoluzione del quadro di scompenso cardiaco, veniva eseguito uno studio coronarografico che escludeva la presenza di stenosi significative.
In seguito a discussione in Heart Team si eseguiva redo chirurgico con impianto di duplice bioprotesi in sede mitralica ed aortica. L’ecocardiogramma post-operatorio mostrava due leak paraprotesici in sede mitralica condizionanti rigurgito di grado moderato-severo: uno maggiore a ore 3 (4x3mm) e uno minore a ore 9 (2x1mm) in visione chirurgica. (Figura 1 e 2).
Nel postoperatorio la paziente presentava un quadro clinico tipico di leak paraprotesico caratterizzato da dispnea (classe NYHA 4) ed anemizzazione acuta secondaria ad emolisi con necessità di plurime emotrasfusioni durante il ricovero.
Sulla base dell’elevato rischio chirurgico la paziente veniva candidata a chiusura trans catetere del leak paraprotesico mediante accesso trans apicale sotto guida ecografica trans esofagea. Il leak veniva attraversato con una guida teflonata J 0.038” e si posizionava un introduttore 10F. Si posizionava un catetere JR4 in atrio sinistro e si eseguiva scambio con guida Amplatz extrastiff. Si avanzava quindi un catetere guida STR 8F oltre il leak e si rilasciava un device di occlusione Amplatzer Vascular Plug III (15x4mm) con ottima chiusura del leak di maggiori dimensioni. La procedura risultava efficace in assenza di complicanze (Figura 3 e 4).
Un ecocardiogramma postoperatorio rilevava la persistenza del leak residuo di entità lieve. La paziente veniva dimessa dopo 6 giorni in assenza di complicanze. Al follow-up ad un anno si presentava in buone condizioni generali, emodinamicamente stabile, in classe NYHA II; l’ecocardiogramma mostrava persistenza del buon risultato interventistico con reperti sovrapponibili alla dimissione.
I leak perivalvolari sono un’importante causa di scompenso cardiaco ed anemia. L’approccio sinergico in Heart Team rappresenta la forma moderna di clinical management vincente per la gestione di pazienti complessi che richiedono più figure ultraspecializzate. L’imaging avanzato è cruciale per la diagnosi, la pianificazione preoperatoria e la guida del trattamento dei leak. In casi selezionati l’approccio interventistico strutturale può essere la terapia di scelta configurandosi ad oggi come una tecnica sicura ed efficace, ancora poco sfruttata.