TC coronarica di controllo a tutti i pazienti sottoposti a rivascolarizzazione percutanea del tronco comune? I risultati del PULSE trial all’ESC 2025 suggeriscono il contrario
di Flavio Giuseppe Biccirè
03 Settembre 2025

È utile effettuare sempre una TC coronarica di controllo nei mesi successivi un’angioplastica del tronco comune?

Uno stretto follow-up clinico, il controllo dei sintomi e un’adeguata prevenzione secondaria rimangono sicuramente il gold standard per il follow-up dei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica. Tuttavia, diversi protocolli hanno provato a verificare l’utilità clinica di integrare il management clinico con modalità di imaging non invasivo che verificassero durante il follow-up l’outcome a distanza dell’intervento.

L’ultimo studio a fornire dati a questo riguardo è il PULSE trial (Computed Tomography Angiography versus standard care after unprotected Left Main PCI), un trial randomizzato italiano presentato al congresso ESC 2025 di Madrid e pubblicato simultaneamente nell’ultimo numero di JACC. Lo studio, multicentrico, ha messo a confronto sorveglianza con TC coronarica a 6 mesi rispetto a un approccio guidato da sintomi o ischemia, in pazienti sottoposti a PCI sul tronco comune non protetto, utilizzando stent di seconda generazione.

Sono stati arruolati 606 pazienti (età media circa 69 anni; 18 % donne), randomizzati in due bracci: follow-up sistematico mediante TC coronarica a 6 mesi oppure gestione convenzionale basata su sintomi/ischemia. La maggior parte dei pazienti arruolati avevano infarto miocardico acuto all’ingresso, anatomie coronariche a rischio da basso-moderato, lesioni prevalentemente nella porzione distale del tronco e da stent single (<5 % due-stent). L’endpoint primario, definito a 18 mesi, era un composito di mortalità (tutti i tipi), infarto miocardico spontaneo, angina instabile e trombosi di stent (definita o probabile). Gli endpoint secondari includevano la rivascolarizzazione della lesione target (TLR) e TLR guidata dal follow-up con TC coronarica.

Il tasso dell’endpoint composito a 18 mesi è risultato sostanzialmente sovrapponibile nei due bracci: 11,9 % nel gruppo TC coronarica vs. 12,5 % nel gruppo usual care (p=0.80). Non sono state osservate differenze significative in termini di mortalità o angina instabile.

L’incidenza di infarto miocardico spontaneo è risultata significativamente inferiore nel gruppo TC coronarica (0,9 %) rispetto al controllo (4,9 %; p=0.004). Tuttavia, la riduzione del rischio con TC sembra sovrastimata, in virtù della relativa bassa numerosità campionaria. In termini di rivascolarizzazioni, il numero totale di TLR (sia target sia non-target) guidato dai risultati della TC coronarica al follow-up è stato maggiore nel gruppo TC coronarica rispetto al controllo, mentre la rivascolarizzazione clinicamente guidata (seguendo sintomi o ischemia) non differiva significativamente (5.3 % vs. 7.2%).

I risultati indicano che la sorveglianza sistematica con TC coronarica a 6 mesi non riduce l’incidenza di eventi avversi maggiori (composito), in linea con altri studi che sminuiscono l’utilità della sorveglianza routinaria dopo PCI, anche in settings ad alto rischio anatomico. Il segnale di riduzione dell’infarto miocardico spontaneo, pur statisticamente significativo, richiede cautela. Anche gli autori ne riconoscono la natura esplorativa e sottolineano la necessità di studi più ampi o di analisi stratificate su pazienti con anatomie complesse.

La mancanza di standardizzazione di altre metodiche di follow-up nel braccio di controllo usual care (ad es., test per ischemia variabili) e la mancata raccolta sistematica dell’aderenza alla terapia medica sono sicuramente tra i limiti principali. Inoltre, la scelta del timing della TC coronarica a 6 mesi può sembrare sufficiente per identificare stenosi immediate ma probabilmente troppo precoce per valutare neoaterosclerosi.

I risultati del PULSE trial confermano dunque che l’utilizzo routinario di TC coronarica dopo PCI su tronco sinistro non sembra essere clinicamente utile. L’approccio guidato da sintomi rimane il gold standard, come raccomandato nelle linee guida contemporanee. Il dato sulla riduzione dell’infarto miocardico spontaneo suggerisce uno spazio per strategie mirate in pazienti con anatomie più complesse, ma questa ipotesi merita approfondimenti futuri in studi disegnati ad hoc.

Bibliografia

  1. D’Ascenzo F, Cerrato E, Ovidio De Filippo et al. Computed Tomography Angiography or Standard Care After Left Main PCI? JACC 2025, in press
  2. Shiomi H, Morimoto T, Kitaguchi S, et al. The ReACT trial: randomized evaluation of routine follow-up coronary angiography after percutaneous coronary intervention. JACC Cardiovasc Interv. 2017;10(2):109–117.
  3. Lee J, Kang DY, Kim H, et al. Routine Stress Testing After PCI in Patients With and Without Acute Coronary Syndrome: A Secondary Analysis of the POST-PCI Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol. 2024 Sep 1;9(9):770-780. doi: 10.1001/jamacardio.2024.1556.