Stress emotivo nello scompenso cardiaco: può aumentare la mortalità?
di Camilla Cavallaro
02 Agosto 2022

La perdita di una persona amata (che sia un membro della famiglia o un coniuge) comporta un aumentato rischio di morte per i pazienti affetti da scompenso cardiaco. Queste sono le interessanti conclusioni di una delle ultime pubblicazioni di Jacc HF (1).

Questa analisi pubblicata da un gruppo di studiosi del Karolinska Institutet ha approfondito il ruolo dello stress emotivo nel condizionare la prognosi dei pazienti con scompenso cardiaco (SC). L’obiettivo dello studio è stato infatti quello di valutare se la perdita di un membro stretto della famiglia possa essere associata ad un elevata mortalità nei pazienti con SC.

I meccanismi fisiopatologici che potrebbero essere alla base di questo fenomeno sono molteplici; un interessante punto riportato da Chen e colleghi nella discussione del lavoro, è che il  lutto per una persona cara potrebbe agire da trigger per l’attivazione dell’asse ipotalamo-pituitario-adrenergico che regola lo stress e le risposte emotive. Una forte emozione negativa potrebbe inoltre stimolare il sistema renina-angiotensina-aldosterone e quindi il sistema nervoso simpatico. Un’alterazione di questa complessa rete di neurotrasmettitori promuoverebbe la progressione dello scompenso cardiaco, accelerando i meccanismi di rimodellamento ventricolare e di cardiotossicità indotta dalle catecolamine.

Per l’analisi, tra il 2000 e 2018, sono stati arruolati oltre 490 mila pazienti con una prima diagnosi di SC tra il 1987 e il 2018. Di questi, 383.674 sono deceduti durante il follow-up e all’interno di questo campione, in 58.949 casi il decesso è avvenuto a seguito della perdita di un familiare stretto, quale marito/moglie, figlio, genitore, fratello/sorella e nipote. Nello studio, oltre all’informazione sull’eventuale perdita di un familiare sono state raccolte informazioni relative alle condizioni sociodemografiche, alle condizioni cliniche e  a quelle patologie associate. L’associazione tra il lutto e la mortalità è stata studiata secondo il modello statistico di regressione di Poisson.

Risultati

Gli autori hanno dimostrato che la perdita di un familiare era associata ad un aumentato rischio di morte (adjusted relative risk: 1.29; 95% CI: 1.27-1.30). Questa associazione si è verificata non solo in seguito a decessi per cause cardiovascolari e morti naturali, ma anche in caso di morti improvvise e traumatiche. Inoltre gli autori hanno osservato che il rischio aumentava quando le perdite erano più di una e che la mortalità era significativamente più elevata nella prima settimana dopo l’evento traumatico (RR 1.78; 95% CI 1.61-1.98).

Rispetto al rischio di morte stimato per la categoria di pazienti con scompenso, per quelli che avevano perso un familiare il rischio aumenta del 10% dopo la perdita di un figlio, del 20% dopo la morte di un marito/moglie/compagno, 5% dopo la perdita di un nipote, e 13% dopo la perdita di un fratello o sorella. Non è stato registrato un aumento del rischio di mortalità, rispetto alla media, in caso di perdita di un genitore, questo dato deve essere però correlato all’età media dei partecipanti allo studio, per i quali la perdita di un genitore poteva essersi già verificata al momento dell’arruolamento o comunque era un evento contemplato e non inaspettato.

Conclusioni

Questo studio è di grande originalità in quanto per la prima volta in una casistica così ampia, viene analizzato l’impatto di un forte stress emotivo sulla prognosi dei pazienti con scompenso cardiaco. Non ci sono ancora delle evidenze forti per correlare lo stress emotivo alle implicazioni cliniche, ma questi dati possono essere utili per accendere campanelli di allarme ed individuare i soggetti più a rischio nel variegato gruppo dello scompenso cardiaco.

Gli individui che hanno recentemente sofferto una perdita importante meriterebbero una maggiore attenzione in termini di controlli clinici e supporto nell’aderenza alla terapia farmacologica. Queste sono le conclusioni dedotte dal gruppo di studiosi del Karolinska Institutet. Lo stress emotivo cronico può avere importanti implicazioni sulla capacità dei pazienti di prendersi cura di loro stessi, peggiorando il decorso della malattia.

Uno dei limiti dello studio è rappresentato dal fatto che gli autori non sono stati in grado di escludere alcune delle morti legate alla “sindrome di takotsubo”, la cui eziopatologia differisce dallo scompenso cardiaco cronico ma può essere scatenata anche essa da un forte stress emotivo. La comprensione dei meccanismi biologici e fisiopatologici sottostanti rappresenta sicuramente un punto di partenza ed è fondamentale per capire dove intervenire.

Referenze:

(1) Chen H, Wei D, Janszky I, et al. Bereavement and prognosis in heart failure: a Swedish cohort study. J Am Coll Cardiol HF. 2022;Epub ahead of print

(2) Harris KM, Jacoby DL, Psychological stress in heart failure: a potentially actionable disease modifier; Heart Failure Reviews, 20 Nov 2020, 26(3):561-575