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- N.11-2014
Con il passare degli anni è andata sempre migliorando l’assistenza ai pazienti che devono essere sottoposti ad un intervento chirurgico. Nel periodo perioperatorio occorre infatti controllare molte situazioni che in maniera indipendente e non, possono concorrere a destabilizzare le condizioni cliniche del paziente e favorire la comparsa di infarto del miocardio: il sanguinamento, lo spostamento dei fluidi nei vari comparti, la presenza di tachicardia, ipotensione, ipertensione, lo spasmo coronarico e lo stress cui è sottoposto il miocardio in presenza di stenosi coronariche fisse. Si tratta di una sfida di non poco conto.
In aprile di quest’ anno è stato pubblicato sul New England Medical Journal uno studio che ha suscitato un ampio dibattito, il Perioperative Ischemic Evaluation 2 (POISE-2) Trial, tra cardiologi, chirurghi, anestesisti.
Lo studio è stato condotto per valutare l’efficacia di una bassa dose di aspirina versus placebo in 10.010 pazienti a rischio di complicanze cardiovascolari, durante la preparazione per un intervento di chirurgia non cardiaca. Ebbene sia nei pazienti che non assumevano aspirina prima dello studio, sia in coloro i quali erano già in trattamento, l’aspirina non ha avuto un effetto significativo sull’end point composito di morte e di infarto miocardico non fatale a 30 giorni. Nel gruppo in trattamento con aspirina sono stati rilevati un numero maggiore di sanguinamenti rispetto al placebo (4.6% versus 3.7%).
I risultati dello studio fanno concludere agli autori che l’aspirina previene probabilmente alcuni infarti miocardici impedendo la formazione del trombo, ma a prezzo di sanguinamenti responsabili a loro volta della comparsa di infarto a causa della discrepanza tra apporto e domanda di ossigeno. L’aspirina in sintesi concludono, aumenta il rischio di sanguinamento senza essere efficace nella prevenzione di morte e infarto miocardico non fatale.
Va sottolineato che dei partecipanti allo studio solo il 4.3% dei pazienti che già erano in trattamento con l’aspirina era stato precedentemente sottoposto a stenting coronarico e quindi i risultati di questo lavoro non si possono facilmente estendere a questo tipo di popolazione. Inoltre dallo studio sono stati esclusi i pazienti sottoposti ad impianto di stent convenzionale da meno di sei settimane e ad impianto di stent medicato da meno di un anno. L’aspirina in questo gruppo di pazienti non va mai sospesa precocemente poiché in grado di prevenire la comparsa di trombosi dello stent e di infarto.
Le Linee guida della Società Europea di cardiologia pubblicate in agosto di questo anno affermano che questo trial non supporta l’utilizzo routinario dell’aspirina nei pazienti che devono essere sottoposti ad intervento chirurgico. L’aspirina va certamente sospesa se il rischio di sanguinamento supera il potenziale beneficio cardiovascolare, nei pazienti da sottoporre ad interventi di neurochirurgia, ad esempio, deve essere sospesa per almeno sette giorni.
Le stesse linee guida sostengono in maniera “salomonica” che l’utilizzo di aspirina a basso dosaggio nella preparazione alla chirurgia non cardiaca deve essere basata su una valutazione individuale che soppesi attentamente il rischio di complicanze trombotiche con quello di sanguinamento perioperatorio.
Fonti:
Devereaux PJ, Mrkobrada M, Sessler DI, Leslie K, Alonso-Coello P, Kurz A et al.
Aspirin in patients undergoing noncardiac surgery. N Engl J Med 2014;370:
1494–1503.
2014 ESC/ESA Guidelines on non-cardiac surgery: cardiovascular assessment and management
The Joint Task Force on non-cardiac surgery: cardiovascular assessment and management of the European Society of Cardiology (ESC) and the European Society of Anaesthesiology (ESA) Eur Heart J (2014) 35 , 2383–2431
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma