SEGNI PREMONITORI DI UN INFARTO
di Antonella Labellarte
08 Giugno 2014

L’argomento, si dirà, è antico ma ha una tale importanza da meritare non solo continuamente spazio nei media ma, ancora una volta in marzo di quest’anno, alcune pagine sulla prestigiosa rivista cardiologica Circulation, ad opera di Joseph P. Ornato del Department of Emergency Medicine di Richmond, Virgina.

Ogni anno circa 715.000 americani soffrono per un attacco cardiaco, approssimativamente 162.000 per un infarto fatale e circa la metà di coloro che muoiono non riescono neppure ad arrivare in ospedale. Ma se si impara a riconoscere i sintomi di un infarto cardiaco si può salvare la vita degli altri e, chissà, anche la propria. Durante un infarto, come si è spiegato più volte, un trombo provoca l’occlusione di un’arteria coronarica, bloccando così il flusso di sangue ad una parte del cuore. Molto rapidamente il muscolo cardiaco che non riceve più sangue inizia a morire, ed è per questo che si deve il più precocemente possibile intervenire, più tempo passa maggiore è il danno e le cellule che sono morte non possono, allo stato attuale delle conoscenze, rigenerarsi o essere riparate. Come tutti i cardiologi sanno, ma è importantissimo sottolinearlo per tutti i lettori, i trattamenti con i farmaci in grado di dissolvere il trombo o l’angioplastica raggiungono il massimo della loro efficacia se iniziati entro la prima ora dall’insorgenza dei sintomi e il beneficio decresce man mano che tale tempo di intervento si prolunga.

Come giustamente sottolinea l’autore non esiste solo “l’infarto Hollywoodiano” quello, per capirci, che si manifesta con un violento dolore al petto e l’attore che si accascia a terra. La verità è che molte volte l’infarto inizia con un senso di “fastidio” al centro del torace. Molte volte il “fastidio” appare e scompare. A volte anche chi ha già avuto un infarto può essere in difficoltà a riconoscerne i sintomi perché diversi dall’episodio precedente.

Segni d’allarme

Un senso di “fastidio” al torace che persiste più di cinque dieci minuti o che ha un andamento di va e vieni. Il “fastidio” può essere di tipo oppressivo (“un peso sul torace”) o costrittivo (“una stretta al cuore”).
Può comparire dolore ad uno o ad entrambe le braccia, o al dorso, o al collo o alla mandibola, oppure allo stomaco.
Può comparire affanno che accompagna il dolore al petto oppure che si manifesta prima o in assenza del dolore toracico.
Può comparire nausea, vomito, sudorazione fredda, o sensazione di testa vuota o di venir meno.
Il tempo è importante e pertanto la prima cosa da fare è chiamare il 118, numero dell’emergenza. Il personale dell’emergenza infatti può iniziare il trattamento utile prima dell’arrivo in ospedale, ha la competenza per trattare un arresto cardiaco qualora questo si verifichi prima dell’arrivo in ospedale, ed inoltre l’arrivo in ambulanza in ospedale garantisce un trattamento più immediato.

Le domande cui bisogna essere “allenato” all’arrivo in ospedale.
A che ora è comparso il dolore?
Cosa stava facendo quando il dolore è iniziato?
Ha notato altri sintomi come nausea, difficoltà a respirare, sudava freddo?
Il dolore ha raggiunto gradualmente un picco, o è stato immediatamente forte, in una scala da 0 a 10 con che numero definirebbe adesso l’intensità del dolore?

Chi è a rischio.

Il rischio di infarto cresce con l’avanzare dell’età, nelle donne aumenta in periodo post menopausale, ma sia uomini sia donne giovani possono soffrire per un’ischemia cardiaca. Oltre all’età sono a maggior rischio coloro che hanno un parente giovane (maschio di età inferiore ai 55 anni, femmina 65) con una storia di cardiopatia ischemica, o sono affetti da diabete, ipertensione arteriosa, aumentati livelli di colesterolo nel sangue, sono fumatori, o in sovrappeso, conducono una vita sedentaria, e ovviamente coloro i quali hanno già avuto un infarto o effettuato una rivascolarizzazione miocardica.

Poche e semplici informazioni da tenere a mente (allenamento!) e con cui si può davvero “salvare” il cuore.

Fonte
Ornato JP, Hand M.M. Warning Signs of a Heart Attack. Circulation 2014;129:393-5

 

Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma