Ruolo onco-protettivo delle statine nei pazienti con scompenso cardiaco: un nuovo effetto pleiotropico?
di Filippo Brandimarte
06 Luglio 2021

Il miglioramento significativo della sopravvivenza dei pazienti con scompenso cardiaco grazie alle moderne terapie ha determinato un aumento delle cause non cardiache di morte di questa delicata popolazione di pazienti e tra queste quella oncologica sembra essere quella preponderante. (1,2) Esistono in letteratura diverse evidenze sull’effetto proliferativo dell’attivazione neuro-ormonale cronica presente nei pazienti con scompenso cardiaco unito all’effetto pro-infiammatorio che determinerebbe un aumento dello stress ossidativo. (3) Le statine sono dei farmaci che nel tempo hanno dimostrato avere molti effetti ancillari oltre a quello ipocolesterolemizzante per cui sarebbero state sviluppate. Dati sperimentali e clinici preliminari suggeriscono infatti un possibile effetto protettivo delle statine nei confronti dello sviluppo di varie neoplasie grazie alla loro capacità di inibire la via del mevalonato (critica per lo sviluppo e crescita tumorale), di ridurre lo stato infiammatorio e per le loro proprietà immuno-modulatorie. (4)

Al fine di chiarire la presenza o meno ed eventualmente l’entità della correlazione tra statine e rischio oncologico è stato recentemente pubblicato sull’ultimo numero dell’European Heart Journal un interessante studio retrospettivo di coorte condotto in Giappone su 87.182 pazienti affetti da scompenso cardiaco (periodo di arruolamento dal 2003 al 2015) che assumevano (n=36.176) e non assumevano statine (n=50.926) con un follow-up medio di oltre 4 anni. (5)

Il 64% dei pazienti aveva un’età ≥ 75 anni, il 48% era di sesso maschile mentre il 35% aveva una malattia coronarica ed oltre il 50% era affetto da ipertensione. Il 60% dei pazienti che assumeva statine aveva come indicazione una malattia aterosclerotica, mentre il 23% l’ipercolesterolemia. Al termine del follow-up ad 11.052 pazienti (12.7%) è stata diagnosticata una neoplasia con una mortalità legata a tale diagnosi del 4.4% (principalmente colon retto, stomaco, polmone, fegato e vie biliari) ed un’età di 80 anni circa. Il braccio che assumeva statine ha avuto un rischio di neoplasie più basso del 16% rispetto a quello che non assumeva statine anche dopo aggiustamento per molte variabili come il sesso, l’uso di alcolici, l’uso di tabacco, la presenza di diabete, ipertensione e concomitante assunzione di aspirina, ACE inibitori, sartani o metformina. Il tasso di incidenza cumulativo di cancro a 5 e 10 anni è stato del 7.9% e 11.2% vs 10.4% e 13.2% rispettivamente per il braccio che assumeva statine vs il braccio che non assumeva tale farmaco e la mortalità correlata alla neoplasia a 10 anni è stata del 3.8% vs 5.2% rispettivamente nei due gruppi (HR 0.74, 95% CI 0.67-0.81). Il tasso di mortalità per tutte le cause a 10 anni è stato del 60.5% nel gruppo statine e del 78.8% nel gruppo senza statine (HR; 0.62, 95% CI 0.61-0.64). La relazione inversa tra l’utilizzo di statine e il rischio di cancro sembra inoltre essere dipendente dal tempo di esposizione alle statine: il rischio di cancro è stato significativamente più basso nei soggetti esposti da 4 a 6 anni al farmaco (HR=0.82, 95% CI 0.70-0.97) e ulteriormente ridotto nei soggetti che lo assumevano da oltre 6 anni (HR 0.78, 95% CI 0.65-0.93). Parimenti il rischio di morte legata al cancro è stato significativamente più basso nel gruppo che assumeva statine da 4-6 anni e in quelli che assumevano tale farmaco da oltre 6 anni (HR= 0.67, 95% CI 0.53-0.85 e HR=0.61, 95% CI 0.46-0.82).

Il dato che emerge chiaro da questo ampio studio è innanzitutto che la patologia neoplastica non è così rara nei pazienti con scompenso cardiaco, rappresentando in questa coorte una importante comorbidità (12.7% dell’intera popolazione ha sviluppato una neoplasia a 4 anni). Secondariamente l’assunzione di statine è associata ad una significativa riduzione del rischio di sviluppare una neoplasia (16%) e ad una ancor più rilevante riduzione del rischio di morte correlata alla patologia cancerosa (26%). Inoltre più lunga è l’esposizione alla statina tanto maggiore è la riduzione del rischio con una forbice più evidente dopo i 4 anni. Da ultimo, non per importanza, è evidente che la statina è ancora sottoutilizzata in questa popolazione dal momento che circa il 25% dei pazienti con coronaropatia nota, il 9% dei pazienti con stroke e il 5% dei pazienti con ipercolesterolemia ancora non la assumono. Questa non ottimale aderenza alle statine potrebbe essere dovuta al fatto che è più comune nella popolazione asiatica l’intolleranza a tale classe farmacologica (miopatia).

È oramai una caratteristica delle statine quella di continuare a stupirci quanto più ci si addentra nella comprensione del loro meccanismo di azione. L’effetto protettivo nei confronti del cancro potrebbe esserne una ulteriore conferma.

Bibliografia

  • Jones NR, Roalfe AK, Adoki I, et al. Survival of patients with chronic heart failure in the community: a systematic review and meta-analysis. Eur J Heart Fail 2019;21:1306–1325.
  • Banke A, Schou M, Videbaek L, et al. Incidence of cancer in patients with chronic heart failure: a long-term follow-up study. Eur J Heart Fail 2016;18:260–266.
  • de Boer RA, Hulot JS, Gabriele Tocchetti C, et al. Common mechanistic pathways in cancer and heart failure. A scientific roadmap on behalf of the Translational Research Committee of the Heart Failure Association (HFA) of the European Society of Cardiology (ESC). Eur J Heart Fail 2020;22:2272–2289.
  • Nielsen SF, Nordestgaard BG, Bojesen SE. Statin use and reduced cancer-related mortality. N Engl J Med 2012;367:1792–1802.
  • Ren QW, Yu SY, Teng THK et al. Statin associated lower cancer risk and related mortality in patients with heart failure. European Heart J 2021;00:1–11. doi:10.1093/eurheartj/ehab325.