Rivascolarizzazione delle stenosi angiograficamente intermedie. FFR o OCT? La strada è ancora lunga
di Flavio Giuseppe Biccirè
18 Giugno 2024

Le attuali linee guida cliniche raccomandano la rivascolarizzazione mediante intervento coronarico percutaneo solo per le lesioni limitanti il flusso o che hanno causato una sindrome coronarica acuta1. Non è ancora chiaro, infatti, se la rivascolarizzazione delle stenosi intermedie sia sicura ed efficace. Negli ultimi tre decenni, la valutazione fisiologica delle stenosi coronariche mediante la riserva di flusso frazionale (FFR) ha contribuito a migliorare il management e le indicazioni a rivascolarizzazione dei pazienti con coronaropatia, riducendo il numero di lesioni ischemizzanti che non sarebbero state trattate per la sola immagine stenografica alla coronarografia. Allo stesso modo, la visualizzazione diretta delle placche mediante imaging intravascolare, ecografia intravascolare (IVUS) o tomografia a coerenza ottica (OCT), ha migliorato la comprensione dell’aterosclerosi e la precisione delle procedure di intervento coronarico percutaneo.

Recenti studi con l’imaging intravascolare hanno inoltre mostrato come lesioni intermedie non ostruenti il flusso possono comunque essere a rischio di rapida progressione e instabilizzazione, potenzialmente causando nuove sindromi coronariche acute, se sottendono placche cosiddette “vulnerabili”, ovvero fibroateromi con area luminale ridotta e un ampio core necrotico ricco di lipidi separato dal lume da un sottile cappuccio fibroso 2. In teoria, l’intervento coronarico percutaneo guidato da imaging intravascolare, potrebbe individuare tali placche “ad alto rischio di causare una sindrome coronarica acuta, che siano ischemizzanti o non al momento dell’esame. Nonostante entrambi le metodiche offrano perspettive diverse e, sotto alcuni punti di vista, complementari, la possibilità di utilizzarle entrambe di routine per ogni procedura con lesioni intermedie sembra una strategia infattibile dal punto di vista pratico e di economia sanitaria. Tuttavia, ad oggi, mancano dati randomizzati che paragonino le due strategie, FFR o OCT, per guidare la strategia di trattamento nelle lesioni intermedie.

Recentemente, sono stati pubblicati come rapid communication su European Heart Journal i risultati a 5 anni dello studio FORZA (The Fractional Flow Reserve vs Optical Coherence Tomography to Guide RevasculariZAtion of Intermediate Coronary Stenoses), trial monocentrico che ha i meriti di confrontare, in maniera randomizzata, gli esiti clinici dopo trattamento guidato da FFR o da OCT in pazienti con stenosi coronariche “intermedie” 3. Nel braccio FFR (176 pazienti), le lesioni sono state trattate quando il valore FFR pre-PCI era ≤0.80, e l’operatore è stato incoraggiato a ottimizzare i risultati per ottenere un valore FFR post-PCI >0.90. Nel braccio OCT (174 pazienti), la decisione di eseguire la PCI era basata su criteri anatomici (area del lume, area di stenosi e presenza di rottura della placca) e l’operatore era incoraggiato a utilizzare l’imaging OCT per ottimizzare ulteriormente la PCI. Il disegno dello studio ha portato a 4 gruppi di pazienti trattati e differiti in base a FFR o OCT. L’endpoint primario era una combinazione di eventi cardiaci avversi maggiori (MACE) (morte per tutte le cause, infarto miocardico e rivascolarizzazione di un vaso bersaglio) e angina persistente a 13 mesi. Burzotta et al., hanno precedentemente riportato i dati di esito a 12 mesi, in cui la guida OCT era associata a una minore occorrenza del composito di eventi cardiaci avversi maggiori o angina significativa4. A 5 anni, si sono verificati MACE in 30 pazienti nel gruppo OCT e in 33 pazienti nel gruppo FFR (17.2% vs. 18.8%; HR 0.91, 95% CI 0.55-1.50, p=0.704). Rispetto al gruppo FFR, il gruppo OCT ha inoltre mostrato tassi numericamente inferiori di morte per tutte le cause (8.6% vs. 10.8%; HR 0.80, 95% CI 0.41-1.58, p=0.525), infarto miocardico (1.1% vs. 2.8%; HR 0.40, 95% CI, 0.08-2.07, p=0.275) e TVR (8.0% vs. 8.5%; HR 0.93, 95% CI 0.45-1.93, p=0.854). I risultati dello studio, nonostante il sample size limitato dello studio (335 pazienti con follow-up di 5 anni) non abbia permesso di mostrare una differenza statisticamente significativa, hanno confermato come la strategia OCT possa essere almeno non inferiore a una strategia guidata da FFR, con una riduzione consistente di tutti gli endpoint nel gruppo imaging.

I dati ottenuti dall’OCT in questo trial sembrano in linea con quelli mostrati nel PREVENT trial, dove una strategia di rivascolarizzazione di lesioni ad alto rischio individuate dall’imaging intracoronarico ha portato a un composito di eventi avversi significativamente inferiore rispetto al gruppo con solo FFR e terapia medica ottimale5. Inoltre, i benefici dell’uso dell’imaging non si limitano all’individuazione della lesione meritevole rivascolarizzazione. L’imaging intravascolare, compreso l’OCT, può infatti aiutare in maniera significativa a ottimizzare dell’impianto dello stent (laddove indicato), riducendo il rischio di mortalità cardiaca, nuovo infarto e trombosi di stent nei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica. L’utilizzo dell’FFR invece, non ha mostrato dei risultati consistenti nel guidare l’ottimizzazione dello stent, dato che molte problematiche dovuto all’angioplastica coronarica possono essere fuori dal radar della valutazione funzionale6.

I risultati di questo studio vanno sicuramente interpretati con cautela, soprattutto alla luce del limitato sample size e del disegno monocentrico. Inoltre, i criteri OCT utilizzati in questo studio (disegnato nel 2013) – stenosi di area luminale pari al 75%, o dal 50% al 75% con area del lume minima <2.5 mm2 o rottura della placca – non comprendono quelle caratteristiche di placca individuate dall’OCT che più delle altre sembrano essere associate a una prognosi avversa in studi più recenti – ovvero la presenza di un fibroateroma con ricco contenuto lipidico e cappuccio fibroso sottile2. Studi randomizzati multicentrici sulla sicurezza ed efficacia di una strategia di rivascolarizzazione di lesioni intermedie in base ai criteri di vulnerabilità all’OCT sono ongoing e daranno delle indicazioni a questo riguardo (INTERCLIMA trial, clinicaltrials.gov ID: NCT05027984; COMBINE-INTERVENE, clinicaltrials.gov ID: NCT05333068).

Nonostante i limiti, questo studio ha sicuramente i meriti di rappresentare un confronto diretto e randomizzato delle due metodiche, dove nessuna delle due sembra prevalere ad un follow-up a lungo termine. Nel prossimo futuro, è auspicabile che, più che la strategia migliore, esista la gestione migliore dei pazienti con aterosclerosi coronarica, con strategie di indicazione e trattamento delle lesioni coronariche ritagliate sulle caratteristiche cliniche ed anatomiche del singolo paziente.

Bibliografia

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2.         Prati F, Romagnoli E, Gatto L, La Manna A, Burzotta F, Ozaki Y, Marco V, Boi A, Fineschi M, Fabbiocchi F, Taglieri N, Niccoli G, Trani C, Versaci F, Calligaris G, Ruscica G, Di Giorgio A, Vergallo R, Albertucci M, Biondi-Zoccai G, Tamburino C, Crea F, Alfonso F, Arbustini E. Relationship between coronary plaque morphology of the left anterior descending artery and 12 months clinical outcome: the CLIMA study. Eur Heart J 2020;41(3):383-391.

3.         Burzotta F, Zito A, Aurigemma C, Romagnoli E, Bianchini F, Bianchini E, Paraggio L, Ierardi C, Crea F, Leone AM, Trani C. Fractional flow reserve or optical coherence tomography for angiographically intermediate coronary stenoses: 5-year outcomes in the FORZA trial. Eur Heart J 2024.

4.         Burzotta F, Leone AM, Aurigemma C, Zambrano A, Zimbardo G, Arioti M, Vergallo R, De Maria GL, Cerracchio E, Romagnoli E, Trani C, Crea F. Fractional Flow Reserve or Optical Coherence Tomography to Guide Management of Angiographically Intermediate Coronary Stenosis: A Single-Center Trial. JACC Cardiovasc Interv 2020;13(1):49-58.

5.         Park SJ, Ahn JM, Kang DY, Yun SC, Ahn YK, Kim WJ, Nam CW, Jeong JO, Chae IH, Shiomi H, Kao HL, Hahn JY, Her SH, Lee BK, Ahn TH, Chang KY, Chae JK, Smyth D, Mintz GS, Stone GW, Park DW. Preventive percutaneous coronary intervention versus optimal medical therapy alone for the treatment of vulnerable atherosclerotic coronary plaques (PREVENT): a multicentre, open-label, randomised controlled trial. Lancet 2024;403(10438):1753-1765.

6.         Räber L, Biccirè FG. Optimization of Percutaneous Coronary Intervention: Is There a Place for Physiology? JACC Cardiovasc Interv 2023;16(19):2409-2411.