“Quando sei ammalato, hai bisogno di dottori e infermieri. Hai bisogno della loro presenza, della loro attenzione, della loro umanità”.
Sembra una frase davvero scontata, poteva essere pronunciata dalle nostre nonne in passato, come oggi in un semplice discorso tra due persone di buon senso. Parole che non ti aspetti di trovare sugli editoriali di chiari scrittori o pubblicate negli articoli di pregiate riviste scientifiche che, di solito, dedicano i propri preziosi spazi all’ultimo trial, sull’ultimo “device” impiantabile, sull’ultimo farmaco.
E invece così è. New England Journal of Medicine, Medscape, JAMA, accolgono scritti sulla “natura e il significato del lavoro del medico”. Qualcosa vorrà pur dire.
Un ampio studio ha coinvolto più di 7000 medici: più della metà hanno riportato almeno un sintomo di “burnout” (Panagioti et al. 2016). Nello stesso studio si documenta una caduta del livello di soddisfazione dei medici nel bilancio vita-lavoro. Nei medici che sono a contatto con i pazienti i sintomi dell’esaurimento peggiorano. La confidenza nelle proprie capacità, nel proprio valore, il rispetto di se stessi, l’autostima determinano in qualche modo il loro “morale”, “..mai caduto così in basso negli ultimi 20 anni..”, afferma Mandrola nel suo commento.
Il fatto è che il sistema di cura delle persone ha subito importanti trasformazioni. Il fatto è che la cura delle persone si è trasformata per certi aspetti in un’impresa commerciale. E questo ha delle conseguenze.
Un tempo i medici trascorrevano del tempo al letto del paziente e condividevano del tempo con altri specialisti per la cura delle persone. Attualmente, e il fenomeno è ubiquitario e riguarda medici europei, americani canadesi e via dicendo, la finalizzazione delle dimissioni prima del pomeriggio assume caratteristiche di primaria importanza rispetto alla riflessione su cura e malattia. I medici spendono più del 40-50% del loro tempo di fronte ad un computer e parte del tempo che rimane al telefono per coordinare assistenza, consulenza, servizi. Le abilità da acquisire e che sono indispensabili sono le modalità di accesso ai sistemi computerizzati e alla compilazione di moduli in formato elettronico, alla richiesta delle autorizzazioni, esenzioni, prestazioni.
In sintesi la maggior parte di quello che viene definito “lavoro” si svolge lontano dal paziente. Il medico concentrato sullo schermo del computer piuttosto che sul paziente è divenuto un cliché culturale e nonostante tutta la retorica sull’argomento della “cura centrata sul paziente”, il paziente non è al centro delle cose.
Nel 2013 l’American Medical Association ha commissionato uno studio nel quale sono stati evidenziati i fattori associati ad una soddisfazione professionale più elevata. Anche in questo caso i risultati non stupiscono probabilmente: la percezione di uno standard di qualità di cure più elevato, l’autonomia, la possibilità di trattamento collegiale, il rispetto, sono elementi critici nel promuovere la soddisfazione dei medici nell’esercizio del loro lavoro.
Nel commento di Mandrola si cita anche l’elevato numero di suicidi che si osservano nella classe medica.
Occorre che si faccia qualcosa. Il primo passo è restituire un po’ di umanità e di gioia a questo lavoro. Per il bene di medici e pazienti.
Fonti
Mandrola’s Top Cardiology Stories of 2016. Medscape Dec 22, 2016
Panagioti M, Panagopoulou E, Bower P, et al Controlled Interventions to Reduce Burnout in Physicians: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Intern Med. 2016 Dec 5. doi: 10.1001/jamainternmed.2016.7674
Rosenthal DI, Verghese A. Meaning and the Nature of Physicians’ Work. N Engl J Med. 2016 Nov 10;375(19):1813-1815.
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma