Nell’ultimo numero di Circulation Williams et al (1) affrontano un argomento interessante; il ruolo della TAC coronarica nel predire l’infarto del miocardio.
Lo studio è corposo e viene effettuato su 1.769 pazienti con cardiopatia ischemica cronica. Si impiega una metodologia interessante che prevede la ricerca del “low attenuation plaque burden” che sta ad indicare la percentuale di placca con queste caratteristiche, rapportata al volume del vaso.
I 1.769 soggetti arruolati sono stati seguiti per un periodo di 4,7 anni ed hanno dimostrato come il “low attenuation plaque burden” correlasse debolmente con il rischio cardiovascolare (R= 0,34) e presentasse invece una correlazione ben migliore con il “calcium score” coronarico (R= 0,62) e con la severità dei restringimenti coronarici (R= 0,83).
Il low attenuation plaque burden era il più importante predittore di infarto miocardico (adjusted HR =1,60) indipendentemente dal rischio cardiovascolare, dal calcium score coronarico e dalla percentuale di stenosi coronarica.
Infine i pazienti con un “low attenuation plaque burden” > 4% (ad indicare la diffusione della placca a rischio) avevano un rischio di sviluppare l’infarto 5 volte maggiore rispetto a coloro che non presentavano questa caratteristica (HR di 4.65).
Lo studio è interessante e si presta a più punti di riflessione.
- Si conferma innanzitutto la validità della TAC coronarica nel predire il rischio di eventi cardiaci importanti. Motoyama et al. (2) avevano dimostrato su 3158 pazienti seguiti a 3,8 anni che la low attenuation plaque ed il rimodellamento sono due variabili che insieme stratificano molto bene il rischio di eventi maggiori (Hazard Ratio, HR di 17.2). Lo studio di William et al applica una valutazione semiautomatica della low attenuation plaque che sembra rendere la metodica più riproducibile.
- E’ interessante notare come nello studio (che potremmo definire a metà strada tra la prevenzione primaria e quella secondaria), il tasso di eventi cardiaci maggiori riscontrato nei pazienti con placche a rischio sia molto più alto rispetto alla popolazione senza placche a rischio (HR di 4.65). Studi effettuati con imaging intravascolare in pazienti più complessi, ricoverati per sindrome coronarica acuta o per ischemia cronica, non riescono ad individuare i soggetti a rischio di infarto con HR così alti. Ad esempio nello studio LRP (3), effettuato con tecnica intracoronarica IVUS-NIRS, le formazioni lipidiche, definite come “lipid block” ed espressi come lipid pool burden index, erano in grado di predire gli eventi infartuali, ma con contenuto HR, al di sotto di 2. A parte l’osservazione sulle differenze tra le popolazioni arruolate (studi di prevenzione primaria vs secondaria) si può affermare che la valutazione delle componenti lipidiche effettuata con la TAC rimane molto valida e confrontabile con quella più sofisticata offerta da metodiche di imaging intravascolare.
- Esiste una stretta correlazione tra il low attenuation plaque burden ed il calcium score, che va alla ricerca della componente calcifica, che inevitabilmente si associa all’aterosclerosi. Lo studio di Williams et al. dimostra che il calcium score si accompagna alla presenza di placche lipidiche lipidiche diffuse (plaque attenuation). L’osservata correlazione tra le due variabili giustifica, gli ottimi risultati ottenibili dall’impiego del calcium score in prevenzione primaria (4). Il calcium score rimane pertanto, a mio modo di vedere, una metodica semplice ed a basso costo da impiegare nello screening del soggetto asintomatico.
- Lo studio stressa ancora una volta le limitazioni dei fattori di rischio cardiovascolari. La ricerca dei fattori di rischio rimane ovviamente un approccio consolidato in cardiologia. Non dobbiamo comunque dimenticare, come ad esempio dimostrato da Laclaustra et al. (5) che il 57% dei soggetti considerati LOW risk presenti aterosclerosi periferica e, viceversa, come il 11.8% dei soggetti HIGH risk non abbia aterosclerosi.
- Le osservazioni fatte dagli anatomopatologi nel tempo hanno promosso ed incoraggiato l’impiego di tecniche di imaging coronarico invasive. Il compito di queste ultime è di traslare a metodiche non invasive, tra cui la TAC (che al momento è la più attendibile) concetti di fisiopatologia e prevenzione. In attesa dello sviluppo di metodiche non invasive che possano andare oltre la quantificazione della componente lipidica, e che siano in grado di studiare la superficialità di tali componenti (in altri termini assottigliamento del fibrous cap) oppure di evidenziare la componente infiammatoria, un elemento importante nella instabilizzazione della placca (6), prendiamo atto di quanto sia importante misurare in modo non invasivo la componente lipidica dell’aterosclerosi.
References
- Williams MC, Kwiecinski J, Doris M, McElhinney P, D’Souza MS, Cadet S, Adamson PD, Moss AJ, Alam S, Hunter A, Shah ASV, Mills NL, Pawade T, Wang C, Weir McCall J, Bonnici-Mallia M, Murrills C, Roditi G, van Beek EJR, Shaw LJ, Nicol ED, Berman DS, Slomka PJ, Newby DE, Dweck MR, Dey D.et al. Low-attenuation noncalcified plaque on coronary computed tomography predicts myocardial infarction results from the multicenter SCOT-HEART trial (Scottish Computed Tomography of the HEART) Circulation 2020;141:00-00. DOI:10.1161/CIRCULATIONAHA.119.044720.
- Motoyama S, Ito H, Sarai M, Kondo T, Kawai H, Nagahara Y, Harigaya H, Kan S, Anno H, Takahashi H, Naruse H, Ishii J, Hecht H, Shaw LJ, Ozaki Y, Narula J. Plaque Characterization by Coronary Computed Tomography Angiography and the Likelihood of Acute Coronary Events in Mid-Term Follow-Up. J Am Coll Cardiol.2015;66:337-46
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- Gatto L, Prati F. Sub-clinical atherosclerosis: How and when to treat it? Eur Heart J Suppl. 2020 In Press.
- Laclaustra M, Casasnovas JA, Fernández-Ortiz A, Fuster V, León-Latre M, Jiménez-Borreguero LJ, Pocovi M, Hurtado-Roca Y, Ordovas JM, Jarauta E, Guallar E, Ibañez B, Civeira F. Femoral and Carotid Subclinical Atherosclerosis Association With Risk Factors and Coronary Calcium: The AWHS Study. J Am Coll Cardiol. 2016;67:1263-74.
- Prati F, Romagnoli E, Gatto L, La Manna A, Burzotta F, Ozaki Y, Marco V, Boi A, Fineschi M, Fabbiocchi F, Taglieri N, Niccoli G, Trani C, Versaci F, Calligaris G, Ruscica G, Di Giorgio A, Vergallo R, Albertucci M, Biondi-Zoccai G, Tamburino C, Crea F, Alfonso F, Arbustini E; CLIMA Investigators. Relationship between coronary plaque morphology of the left anterior descending artery and 12 months clinical outcome: the CLIMA study. Eur Heart J. 2020;41:383-391.