Informati sull'infarto

Quali sono gli interventi che vengono effettuati a seguito di un infarto?

Redatto dal Comitato del C.L.I.

La cura dell’infarto

Da un’esperienza trentennale sul trattamento dell’infarto miocardico acuto sono emersi due concetti:

  1. La riapertura della coronaria va eseguita il più presto possibile dall’inizio dei sintomi.
  2. Il trattamento ottimale consiste nel riaprire direttamente la coronaria responsabile dell’infarto con l’angioplastica mediante palloncino seguita dall’impianto di uno stent.

Perché si cura l’infarto con l’angioplastica (il metodo del palloncino)?

Nel corso degli ultimi 30 anni il ripristino del flusso coronarico è stato realizzato, inizialmente, attraverso l’approccio farmacologico (trombolisi) e, successivamente, mediante angioplastica coronarica. Quest’ultima ormai è la tecnica più valida e più diffusa. Va effettuata in tempi molto brevi, perché il tempo è prezioso per conservare il muscolo cardiaco ed evitare che si deteriori perdendo la funzione contrattile. In un lasso di tempo inferiore ai 90 minuti il cardiologo interventista deve spingere un palloncino fino all’imbocco delle arterie del cuore e quindi aprire il vaso coronarico che si è occluso ed ha causato l’infarto. La procedura viene abitualmente effettuata inserendo un catetere da un’arteria del polso oppure dall’inguine. La procedura viene spesso completata dall’impianto dello stent, una gabbietta metallica che tiene ben aperto il vaso coronarico nel punto in cui era occluso.

Quando si effettua la trombolisi nell’infarto?

Non tutti gli ospedali hanno l’organizzazione per effettuare un’angioplastica primaria; sarà pertanto cura del 118 trasportare il paziente nel centro più vicino in grado di effettuare la procedura.
Qualora l’angioplastica non sia praticabile entro un tempo accettabile (90 minuti) si procederà alla trombolisi con infusione venosa di un farmaco con azione trombolitica, ovvero in grado di sciogliere il trombo che si è reso responsabile dell’infarto.
La trombolisi, a differenza dell’angioplastica, assicura la riperfusione del vaso (riapertura) in una percentuale di casi ridotta rispetto all’angioplastica e presenta un rischio di ictus non trascurabile. Gli studi clinici che hanno confrontato in passato le due metodiche, hanno evidenziato la superiorità dell’angioplastica primaria nei confronti della trombolisi.

C’è spazio per la chirurgia nell’infarto?

La cura chirurgica è indispensabile in rare circostanze:

  1. Quando l’infarto si complica con la perforazione di una parte del cuore (il setto che separa i due ventricoli, causando una comunicazione intra-ventricolare, oppure la parete libera del cuore, generando uno pseudo-aneurisma). La chiusura di queste perforazioni è indispensabile per la sopravvivenza dell’ammalato.
  2. Quando l’infarto provoca la rottura o la grave disfunzione di un muscolo papillare, cioè i pilastri che ancorano i lembi della valvola mitrale alle pareti del ventricolo. La loro rottura causa il reflusso massivo del sangue dal ventricolo sinistro nell’atrio sinistro ed è una complicanza importante, ma affrontabile sostituendo la valvola mitrale lesionata. Ultimamente si è introdotta una nuova metodica (la MitraClip) che permette la riduzione dell’insufficienza mitralica mediante l’inserimento di una clip (pinza) per via percutanea. L’esame si effettua dall’inguine con l’impiego di cateteri.
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