Prolasso mitralico e MAD: il rischio aritmico persiste anche dopo l’intervento chirurgico di riparazione valvolare?
di Laura Gatto
06 Maggio 2025

Il prolasso valvolare mitralico (MVP) è il disturbo valvolare maggiormente prevalente nei paesi occidentali e sebbene presenti una buona prognosi, circa il 25% dei pazienti sviluppa un’insufficienza mitralica progressiva con aumento delle dimensioni del ventricolo sinistro e deterioramento della sua funzione, condizioni che aumentano la mortalità [1]. Inoltre, un sottogruppo di pazienti con MVP, indipendentemente dal rigurgito valvolare associato, dimostra un rischio aumentato di aritmie ventricolari, soprattutto in presenza di alcune caratteristiche anatomiche peculiari come la disgiunzione mitro-anulare (MAD) [2] caratterizzata dal distacco dell’anello mitralico dalla giunzione atrioventricolare posterolaterale: durante la sistole l’anello “scivola” e si distacca dal miocardio ventricolare; per tale motivo la MAD è stata classificata recentemente come MAD “vera” o “pseudo” MAD, a seconda che la disgiunzione sia osservata sia durante la sistole che durante la diastole, oppure soltanto durante la sistole [3].

È stato ipotizzato che l’eccessiva mobilità e la trazione in presenza di MAD accelerino la degenerazione valvolare, il prolasso dei lembi e la fibrosi dei muscoli papillari, costituendo un substrato per le aritmie ventricolari. In teoria, la chirurgia della valvola mitrale dovrebbe alleviare tale stress meccanico e quindi ridurre il rischio aritmico. Su uno degli ultimi numeri della rivista European Heart Journal Klara Lodin e coll. hanno cercato di definire meglio queste complesse relazioni, valutando la prevalenza, le caratteristiche e il rischio a lungo termine di aritmie ventricolari in pazienti con PVM e MAD sottoposti tra il 2010 ed il 2022 a riparazione o sostituzione chirurgica della valvola mitrale per insufficienza mitralica degenerativa moderata o severa in assenza di coronaropatia o di altri substrati aritmici noti [4].

L’endpoint primario dello studio è stata l’incidenza di aritmie ventricolari, inclusi i ricoveri, le visite ambulatoriali o le procedure di ablazioni per tachicardia ventricolare (TV) sostenuta confermata o TV non sostenuta (≥3 battiti ventricolari consecutivi <30 s con frequenza cardiaca >100 bpm) o un elevato burden di extrasistoli ventricolari (≥5%). Altri endpoint hanno incluso: mortalità per tutte le cause, morte cardiaca improvvisa, fibrillazione o flutter atriale di nuova insorgenza dopo chirurgia della valvola mitrale, endocardite, impianto di pacemaker permanente o di defibrillatore, ricovero per insufficienza cardiaca di nuova diagnosi o “worsening”, ictus e reintervento sulla valvola mitrale.

La popolazione finale dello studio ha compreso 599 pazienti, di cui 485 (81%) sottoposti a riparazione della valvola mitrale e 114 (19%) a sostituzione della valvola mitrale. Di questi, 96 (16%) hanno presentato una MAD con una lunghezza media di 8.0 mm; in 39 casi è stata posta diagnosi di pseudo-DAM. In merito alle caratteristiche cliniche i pazienti MAD, rispetto a quelli senza MAD, sono risultati più giovani (54.9 ± 14.5 vs 62.7 ± 11.4 anni), più spesso di sesso femminile (31% vs 17%) e con un BMI inferiore (23.6 ± 2.9 vs 25.3 ± 4.0 kg/m²). Inoltre, hanno presentato una monotr incidenza di fibrillazione o flutter atriale, punteggi EuroSCORE II inferiori, una classificazione NYHA più bassa e livelli di creatinina pre-operatori ridotti. I pazienti MAD hanno mostrato una frazione di eiezione del ventricolo sinistro, un indice di volume dell’atrio sinistro e dimensioni del ventricolo sinistro simili a quelli senza MAD, ma con una più bassa pressione sistolica dell’arteria polmonare. Rispetto ai soggetti senza MAD, in quelli con MAD più frequentemente è stata posta diagnosi di malattia di Barlow (70% vs 27%) e di prolasso di entrambi i lembi (57% vs 17%). In merito agli aspetti chirurgici, in generale, l’approccio è stato dettato dall’anatomia valvolare senza considerare la presenza o l’assenza di MAD. La riparazione della valvola mitrale è stata il tipo di intervento più frequente (84% nei pazienti con MAD e 80% nei pazienti senza MAD) ed ha incluso l’uso di corde tendinee artificiali e di anello per l’annuloplastica.

Gli ecocardiogrammi post-operatori hanno evidenziato MAD residua in nessun caso. La presenza e la gravità dell’insufficienza mitralica e tricuspidalica post-operatoria sono risultati simili nei due gruppi; cinque pazienti sono deceduti durante il ricovero e nessuno di loro presentava MAD pre-operatoria; anche i tassi di reintervento per sanguinamento sono risultati sovrapponibili. Nessun paziente è stato perso al follow-up.

Ad un follow-up medio di 5.4 anni, i pazienti con MAD pre-operatoria hanno presentato un rischio significativamente più elevato di aritmie ventricolari (HR 3.33, IC 95% 1.37–8.08; P = 0.01) rispetto ai pazienti senza MAD. Inoltre, è stato calcolato che ogni aumento di 1 mm nella lunghezza della MAD si associa a un rischio maggiore aritmie ventricolari (HR 1.25, IC 95% 1.01–1.54; P = 0.04). Utilizzando un cut-off di 5 mm per la lunghezza della MAD, il rischio di aritmie ventricolari nei pazienti MAD è stato significativamente più alto rispetto a quelli senza (HR 4.23, IC 95% 1.71–10.5; P = 0.002). Non è stata trovata, invece, alcuna interazione significativa tra la MAD ed il tipo di intervento chirurgico (riparazione vs sostituzione) sempre in riferimento al rischio aritmico.

Questo studio svedese rappresenta, ad oggi, la più ampia coorte di pazienti sottoposti a chirurgia della valvola mitrale con una precisa caratterizzazione ecocardiografica della MAD e con una dettagliata definizione degli outcome a lungo termine. Lodin e coll. hanno sottolineato nella discussione tre punti fondamentali:

  1. I pazienti MAD sono risultati, in media, 8 anni più giovani al momento della diagnosi di insufficienza mitralica ed hanno presentato un rischio quasi triplicato di aritmie ventricolari durante il follow-up indipendentemente dalla tecnica chirurgica impiegata;
  2. la MAD viene corretta con successo con la chirurgia della valvola mitrale senza un aumento del rischio di reintervento
  3. ogni aumento di 1 mm nella lunghezza della MAD pre-operatoria si è associato a un aumento del 35% del rischio di aritmie ventricolari

La considerazione più importante rimane sicuramente quello che nonostante si tratti di pazienti più giovani al momento della diagnosi e nonostante la completa correzione chirurgica della MAD, il rischio di aritmie ventricolari postoperatorio risulta particolarmente elevato. I meccanismi alla base di queste osservazioni sono in gran parte sconosciuti. È possibile che la MAD rappresenti un marker di una cardiomiopatia sottostante con rimodellamento progressivo del ventricolo sinistro che persiste anche dopo la correzione chirurgica dell’insufficienza mitralica. E’ stato ad esempio ipotizzato che lo stress preoperatorio di lunga data sulle corde tendinee e sui muscoli papillari nativi induca una fibrosi cardiaca che funge da substrato delle aritmie ventricolari [5]. Il rischio aritmico può persistere anche a causa di fattori più tecnici legati all’intervento cardiochirurgico (numero insufficiente di corde artificiali, forma o dimensione inappropriata dell’anello, eccessiva tensione delle corde artificiali) oppure alla stessa progressione della malattia di Barlow ed al rimodellamento ventricolare sinistro negativo. La coesistenza di MVP, MAD malattia di Barlow e sesso femminile, costituisce il segno distintivo di quella entità recentemente definita come “prolasso valvolare mitralico aritmogeno” [6] che permette di fenotipizzare un paziente a maggior rischio meritevole di un follow-più stretto con anche l’esecuzione di esami dedicati che trascendano la sola valutazione ecocardiografica (es Holter ECG seriati o anche impianto di loop recorder).  

Bibliografia di riferimento:

  1. Delling FN, Rong J, Larson MG, Lehman B, Fuller D, Osypiuk E, et al. Evolution of mitral valve prolapse: insights from the Framingham Heart Study. Circulation 2016;133: 1688–95.
  2. Basso C, Perazzolo Marra M, Rizzo S, De Lazzari M, Giorgi B, Cipriani A, et al. Arrhythmic mitral valve prolapse and sudden cardiac death. Circulation 2015;132: 556–66.
  3. Faletra FF, Leo LA, Paiocchi VL, Schlossbauer SA, Pavon AG, Ho SY, et al. Morphology of mitral annular disjunction in mitral valve prolapse. J Am Soc Echocardiogr 2022;35: 176–86
  4. Lodin K, Da Silva CO, Wang Gottlieb A, Bulatovic I, Rück A, George I, Cohen DJ, Braunschweig F, Svenarud P, Eriksson MJ, Haugaa KH, Dalén M, Shahim B. Mitral annular disjunction and mitral valve prolapse: long-term risk of ventricular arrhythmias after surgery. Eur Heart J. 2025 Apr 15:ehaf195. doi: 10.1093/eurheartj/ehaf195. Online ahead of print.
  5. Kulkarni AA, Chudgar PD, Burkule NJ, Kamat NV. Mitral annulus disjunction and arrhythmic mitral valve prolapse: emerging role of cardiac magnetic resonance imaging in the workup. Indian J Radiol Imaging 2022;32:576–81.
  6. Sabbag A, Essayagh B, Barrera JDR, Basso C, Berni A, Cosyns B, et al. EHRA expert consensus statement on arrhythmic mitral valve prolapse and mitral annular disjunction complex in collaboration with the ESC Council on valvular heart disease and the European Association of Cardiovascular Imaging endorsed cby the Heart Rhythm Society, by the Asia Pacific Heart Rhythm Society, and by the Latin American Heart Rhythm Society. Europace 2022;24:1981–2003.