PREVENZIONE DELLA TROMBOEMBOLIA DOPO UNA FRATTURA: BASTA L’ACIDO ACETILSALICILICO?
di Camilla Cavallaro intervista Stefano Savonitto
02 Marzo 2024

Cavallaro: Buongiorno Dott. Savonitto, parliamo di un argomento sempre molto discusso da chirurghi e clinici, ovvero la profilassi del tromboembolismo venoso. Il ruolo degli anticoagulanti come terapia profilattica è ormai consolidato e riconosciuto, quello dell’aspirina rimane invece ancora incerto, quali sono le ultime evidenze in merito?

Savonitto: Studi randomizzati e metanalisi hanno mostrato che non vi è una differenza significativa nel rischio di VTE clinicamente rilevante o fatale confrontando aspirina e terapie anticoagulanti dopo chirurgia ortopedica maggiore post-traumatica o elettiva, in particolare nei pazienti a basso rischio trombotico. Sono emerse invece differenze significative a favore della terapia anticoagulante per quanto riguarda l’incidenza di trombosi venosa distale. Alcune linee guida indicano l’impiego dell’aspirina come possibile alternativa alla terapia anticoagulante orale e alle EBPM considerate come farmaci di prima linea. 

Cavallaro: Nella pratica clinica l’aspirina non viene impiegata come farmaco di prima linea nell’immediato post-operatorio, ma rimane generalmente riservata a una profilassi di lungo termine dopo almeno un periodo più o meno prolungato di terapia anticoagulante. Quale è il suo meccanismo di azione nella prevenzione degli eventi tromboembolici?

Savonitto: L’aspirina, inibendo gli enzimi ciclo-ossigenasi (COX-1 e COX-2), riduce efficacemente l’aggregazione e attivazione piastrinica già a dosi di 50-100 mg. Questo meccanismo d’azione si è dimostrato efficace nella gestione del rischio trombotico, per cui l’aspirina è ampiamente utilizzata come farmaco per la trombo-profilassi dal lato arterioso della circolazione. I meccanismi per cui basse dosi di aspirina prevengono la trombosi venosa sono meno noti: sono più che altro dati osservazionali, in particolare analisi post-hoc dell’Antiplatelet Trialists Collaboration, ad avere evidenziato una riduzione del 30% del rischio tromboembolico venoso.

Cavallaro: Quali sono le evidenze disponibili riguardo l’utilizzo dell’aspirina nella prevenzione del tromboembolismo?

Savonitto: Nei pazienti sottoposti a chirurgia ortopedica maggiore, in particolare fratture d’anca, aspirina ha dimostrato di ridurre l’incidenza di VTE sintomatica del 30% rispetto al placebo nel Pulmonary Embolism Prevention (PEP) trial e più recentemente, nel Prevention of Clot in Orthopaedic Trauma (PREVENT CLOT) trial, di essere non-inferiore (alla dose di 81 mg b.i.d.) rispetto a enoxaparina in termini di mortalità e rischio di TEP. Va considerato che l’incidenza assoluta combinata di morte nel PREVENT CLOT trial è stata 0.75%, e quella di morte relata o possibilmente relata a TEP dello 0.34%, mentre quella di TEP clinicamente rilevante circa 1%, senza differenze tra trattamenti. L’incidenza di DVT distale, ma non complessiva, è risultata invece inferiore con EBPM (0.86 vs 1.45%, differenza assoluta 0.58 [0.20 to 0.96]).

Cavallaro: Quali sono le indicazioni e quali i dosaggi raccomandati di aspirina come antitrombotico in seguito ad interventi di chirurgia maggiore?

Savonitto: Aspirina è raccomandata in presenza di basso rischio trombotico e tipicamente è utilizzata in profilassi di lunga durata dopo un periodo di 5-10 giorni con anticoagulanti. Aspirina non è raccomandata come singolo farmaco nell’immediato periodo post-operatorio, se non in casi selezionati a basso rischio operati per fatture degli arti inferiori, in alternativa a EBPM. Come trattamento profilattico d’estensione, dopo un periodo di anticoagulante, la dose raccomandata di aspirina è di 81 mg/die, mentre nell’utilizzo come singola profilassi la dose può essere di 81 oppure 160 mg/die

Cavallaro: Parlando di profilassi del TEV l’attenzione deve essere focalizzata sui pazienti ortopedici, cosa rende questa categoria di pazienti così vulnerabile?

Savonitto: I pazienti ortopedici sono particolarmente vulnerabili per la presenza di tutti i processi fisiopatologici della triade di Virchow: 1) utilizzo del tourniquet e allettamento che comportano stasi venosa; 2) trauma che determina un’attivazione della coagulazione; 3) manipolazione chirurgica dell’arto che provoca danno endoteliale; e 4) utilizzo di cemento osseo con conseguente incremento della coagulabilità.  La chirurgia ortopedica maggiore comporta anche un significativo rischio di complicanze emorragiche, con un’incidenza stimata di circa il 2-4%. Infine, fattori di rischio individuali, come la storia di pregresso VTE oppure condizioni come la piastrinopenia, possono ulteriormente amplificare sia i rischi di VTE che di sanguinamento.

Cavallaro: Cosa ci dicono le linee guida riguardo all’utilizzo di nuovi anticoagulanti orali nella profilassi del tromboembolismo?

Savonitto: Le Linee Guida dell’American Society of Hematology (ASH) 2019 raccomandano, in pazienti sottoposti a protesi totale di anca e ginocchio, una profilassi antitrombotica meccanica o farmacologica con aspirina o anticoagulante orale (LoE basso): in questo caso, viene suggerito l’impiego di DOAC rispetto a EBPM (LoE moderato). Qualsiasi DOAC può essere utilizzato (LoE basso). Nel caso non si utilizzi DOAC, la seconda scelta ricade su EBPM. Per gli interventi di frattura d’anca, viene comunque raccomandata la profilassi privilegiando EBPM o eparina non frazionata

Cavallaro: Quali sono quindi gli studi più importanti che hanno messo a confronto le diverse strategie farmacologiche per la profilassi del TEV?

Savonitto: Oltre i sopracitati PEP trial e PREVENT CLOT che hanno affermato il ruolo dell’acido acetil salicidico come valida alternativa per la prevenzione del tromboembolismo, il trial Extended Venous Thromboembolism Prophylaxis Comparing Rivaroxaban to Aspirin Following Total Hip and Knee Arthroplasty II (EPCAT II) è stato lo studio più esteso nella profilassi a lungo termine dopo chirurgia ortopedica maggiore non traumatica, elettiva, monolaterale, arruolando 3424 pazienti sottoposti a protesi totale di anca o ginocchio trattati con rivaroxaban per 5 giorni (14 giorni per protesi di ginocchio e 35 giorni per protesi d’anca). Successivamente, i pazienti venivano randomizzati a trattamento con aspirina (81 mg/die) oppure a proseguire con rivaroxaban. Tutti i pazienti arruolati presentavano basso rischio per VTE (al di là della chirurgia ortopedica) e potevano deambulare entro 24 ore dopo la chirurgia. In questa popolazione, l’incidenza complessiva di VTE sintomatico (endpoint primario) è stata 0.67% senza differenza tra aspirina e rivaroxaban. 

Un’ampia metanalisi di 13 trial su 6060 pazienti ha comparato l’utilizzo di aspirina rispetto a diversi anticoagulanti (EBPM, rivaroxaban e warfarin) dopo protesi di ginocchio o d’anca. L’analisi non ha riscontrato differenze significative nel tasso di VTE (RR 1.12; 95% CI 0.78-1.62) o di sanguinamenti maggiori (RR 1.11; 9% CI 0.47-2.59).

Il Cluster-Randomised, crossover, non-Inferiority trial of aSpirin compared to low molecular weight heparin for venous Thromboembolism prophylaxis in hip or knee ArthropLasty, a registry nested study (CRISTAL), pubblicato successivamente alla suddetta metanalisi, ha comparato in 9711 pazienti aspirina (100 mg/die) ed enoxaparina (40 mg/die) per 35 giorni dopo protesi d’anca e 14 giorni dopo protesi di ginocchio con endpoint primario il VTE sintomatico a 90 giorni. Enoxaparina è risultata superiore ad aspirina [1.82% rispetto a 3.45% (p=.007)], differenza attribuibile a una minore incidenza di TVP distale (1.2% vs 2.4%) similmente a quanto

osservato nel PREVENT CLOT trial. Non vi sono state differenze significative in termini di sanguinamenti maggiori (<0.5%) e  mortalità.

Cavallaro: Grazie mille per questa interessante intervista, come ultima cosa volevo chiederLe per quale motivo, secondo il suo parere,  i trial e gli studi clinici disponibili ad oggi non forniscono informazioni sempre chiare sulle diverse strategie terapeutiche da adottare per la profilassi del TEV?

Savonitto: Sebbene i diversi studi randomizzati e le metanalisi non dimostrino differenze significative nel rischio di TVE confrontando ASA con le terapie anticoagulanti, bisogna considerare che la maggior parte delle raccomandazioni si basano sulla chirurgia ortopedica elettiva e che i trial dopo fratture hanno escluso i pazienti ad alto rischio trombotico. 

L’esclusione di pazienti con queste ben note caratteristiche di alto rischio dagli studi di confronto tra strategie preventive impone ulteriore cautela nella valutazione dei risultati. 

Inoltre gli studi che hanno confrontato aspirina e terapie anticoagulanti sono molto eterogenei, sia per quanto riguarda le popolazioni studiate che per i tipi e dosaggi di anticoagulanti. Considerazioni di tipo economico e di preferenza del paziente avranno un ruolo determinante, soprattutto in alcuni contesti socio-economici.