Olezarsen: abbasso i trigliceridi!
di Filippo Stazi
28 Maggio 2024

Elevati livelli di trigliceridi e di lipoproteine ricche di trigliceridi sono associati ad un aumentato rischio cardiovascolare. La riduzione di tali livelli è ancora un “unmet clinical need”, in quanto le terapie al momento disponibili: statine, ezetimibe, fibrati, acidi grassi omega-3, sono scarsamente efficaci, con riduzioni della trigliceridemia che oscillano da meno del 10% ad un massimo del 30%.

I livelli circolanti di trigliceridi e di lipoproteine ricche di trigliceridi dipendono (1) dall’opposta azione di due proteine: la lipoproteina lipasi (LPL) e l’apolipoproteina C-III (APOC3). LPL è una proteina, espressa sulla superficie dell’endotelio e da specifici recettori sulla superficie del fegato, che degrada le lipoproteine ricche di trigliceridi, riducendo quindi i livelli circolanti di questi ultimi. APOC3, sintetizzata principalmente dal fegato e, in minore misura, dall’intestino, è un potente inibitore della LPL e diminuisce quindi la clearance epatica delle lipoproteine ricche di trigliceridi con conseguente incremento della trigliceridemia.

Poiché varianti geniche responsabili di una loss of function di APOC3 si associano a minori concentrazioni di trigliceridi e ridotto rischio cardiovascolare si è tentato di replicare artificialmente tale condizione mediante una gene-silencing therapy di APOC3. Olezarsen è appunto un oligonucleotide antisenso di terza generazione, costituito da un breve frammento di DNA sinteticamente modificato che si lega, nel nucleo dell’epatocita, al mRNA dell’APOC3 inibendone la sintesi, con conseguente aumento della clearance delle lipoproteine ricche di trigliceridi e riduzione dei livelli di trigliceridi circolanti.

Efficacia e sicurezza di tale farmaco sono state testate nel Bridge-TIMI 73a Trial (2), appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, in pazienti con ipertrigliceridemia moderata (da 150 a 499 mg/dl) ed elevato rischio cardiovascolare o con ipertrigliceridemia severa (> 500 mg/dl), già in terapia ipolipemizzante. I pazienti venivano randomizzati a Olezarsen 50 mg o 80 mg in monosomministrazione mensile od a placebo. La durata dello studio era di 12 mesi, con un ulteriore periodo di follow up di 13 settimane. Criteri di esclusione dallo studio erano: diabete severo, scarsamente controllato o di nuova diagnosi, severe alterazioni della funzione epatica o renale e la recente occorrenza di sindrome coronarica acuta, rivascolarizzazione coronarica, evento cerebrovascolare o pancreatite acuta. L’outcome primario era la variazione percentuale a 6 mesi dei livelli di trigliceridemia. Outcomes secondari erano le variazioni, sempre a 6 mesi, di altri parametri lipidici quali APOC3, colesterolo VLDL, apolipoproteina B, colesterolo non-HDL e LDL nonché la percentuale di pazienti, tra quelli con ipertrigliceridemia moderata, che raggiungevano valori di trigliceridi < 150 mg/dl a 6 e 12 mesi. I parametri di safety monitorati includevano: funzione renale, conta piastrinica, enzimi epatici ed eventi clinici. 24 centri tra Stati Uniti e Canada, dal giugno al settembre del 2022, hanno randomizzato 154 pazienti: 58 hanno ricevuto 50 mg del farmaco, 57 ne hanno assunti 80 e 39, infine, sono stati trattati col placebo. L’età mediana era 62 anni, il 90% aveva un’ipertrigliceridemia moderata (valore mediano 241,5 mg/dl), il 42% era di sesso femminile, il 92% era di razza bianca. Due terzi dei pazienti erano affetti da diabete, il 97% era in terapia ipolipemizzante e il 31% riceveva più di una terapia al riguardo. Il tasso di interruzione della terapia è stato, rispettivamente, 24%, 12% e 8% nei gruppi Olezarsen 50 mg, Olezarsen 80 mg e placebo. Relativamente all’outcome primario la riduzione della trigliceridemia a 6 mesi, rispetto al basale, era del 57,1% nel gruppo Olezarsen 50 mg, del 60,9% nel gruppo 80 mg e del 7,8% nel gruppo placebo, con una differenza assoluta rispetto al placebo del 49,3 e 53,1% nei due gruppi che ricevevano il farmaco al dosaggio, rispettivamente, inferiore e superiore. La variazione tra farmaco e placebo era, ovviamente, statisticamente significativa. Riguardo agli outcomes secondari: dopo 6 mesi di trattamento l’86% dei pazienti con ipertrigliceridemia moderata trattati con 50 mg di Olezarsen, il 93% del gruppo 80 mg e il 12% del gruppo placebo, avevano valori < 150 mg/dl. L’effetto del farmaco sulla trigliceridemia appariva già dopo il primo mese di trattamento e si manteneva per tutti i 12 mesi della durata del trial. Il farmaco in studio riduceva inoltre i livelli di APOC3, rispetto al placebo, del 64,4% (50 mg) e del 73,2% (80 mg). Significative differenze, sempre rispetto al placebo, si registravano poi, con entrambi i dosaggi dell’Olezarsen, nella riduzione di colesterolo VLDL, non-HDL ed apolipoproteina B. Non si osservavano invece differenze di effetto sul colesterolo LDL. Il monitoraggio dei parametri di safety non ha evidenziato differenze significative: complessivamente l’8% dei pazienti ha presentato severi eventi avversi nessuno dei quali, però, attribuibile al farmaco od al placebo. La conta piastrinica e la funzione renale non hanno presentato differenze significative tra i 3 gruppi mentre si è documentato un significativo aumento degli enzimi epatici in entrambi i gruppi Olezarsen, di entità però contenuta e privo di significato clinico.

Le tre principali limitazioni dello studio sono senz’altro la limitata dimensione del campione arruolato, la brevità del follow up e, infine, l’inclusione solo di soggetti di razza bianca.

Nel Bridge-TIMI 73a Trial, quindi, entrambi i dosaggi di Olezarsen impiegati hanno significativamente ridotto i livelli di trigliceridi rispetto alle terapie al momento disponibili, senza evidenza di significativi problemi di sicurezza. E’ inoltre degno di attenzione il fatto che il farmaco, a differenza di molte delle altre terapie ipotrigliceridemizzanti, si è mostrato capace di  diminuire anche altri ben noti markers di rischio aterogenico come l’apolipoproteina B e il colesterolo non-HDL. Tali dati fanno ipotizzare un possibile effetto dell’Olezarsen nella riduzione del rischio cardiovascolare ma tale ipotesi, anche alla luce del mancato effetto sul colesterolo LDL, deve però essere provato in trial con end point clinici. In base all’esito di tali sperimentazioni sarà eventualmente possibile raccomandare l’uso dell’Olezarsen in soggetti ad alto rischio cardiovascolare e moderata ipertrigliceridemia, anche indipendentemente dai livelli di colesterolo LDL.

Bibliografia:

  1. Watts GF. Shooting the messenger to treat hypertriglyceridemia. N Engl J Med 2024;390:1818-23.
  2. Bergmark >BA, Marston NA, Prohaska TA et al. Olezarsen for hypertriglyceridemia in patients at high cardiovascular risk. N Engl J Med 2024;390:1770-80.