Quando si parla di sindrome metabolica si fa riferimento ad una condizione patologica in crescente aumento in Italia come nei Paesi occidentali caratterizzata da un quadro clinico eterogeneo che include almeno 3 su 5 dei seguenti fattori secondo l’Adult Treatment Panel III (ATPIII): obesità addominale, ipertrigliceridemia, basso colesterolo HDL, alterata glicemia a digiuno e ipertensione.
È ormai noto che tali fattori di rischio, soprattutto se associati, causano un aumento del rischio di sviluppare patologie cardiovascolari e diabete mellito di tipo II [Wu et al. (2010)]. La base della prevenzione e del trattamento della sindrome metabolica è caratterizzata dal miglioramento dello stile di vita: dieta bilanciata a basso apporto calorico unita ad una regolare attività fisica. In associazione a questi aspetti, i nutraceutici da soli e in combinazione, hanno mostrato un ruolo additivo e/o sinergico sia in pazienti in terapia farmacologica sia in soggetti con parametri “borderline” [Graf et al. (2010)].
I nutraceutici più utilizzati in questo senso sono a base di Berberina, un estratto vegetale che presenta attività ipocolesterolemizzante, ipoglicemizzante e ipotrigliceridemizzante, ma che presenta un grosso limite: una scarsissima biodisponibilità [Cicero, Ertek. (2009)].
Lo scarso profilo cinetico è da attribuire soprattutto al fatto che essa sia substrato specifico della proteina P- gP, una pompa protonica che estrude la berberina dall’enterocita, prevenendone l’entrata in circolo sistemico. Quindi, per poter espletare davvero la sua interessante attività, è necessario che la Berberina sia dotata di una tecnologia farmaceutica tale che ne consenta un aumento dell’assorbimento a livello intestinale [Fratter, B. De Servi (2015)].
Una nuova tecnologia, per esempio, prevede la realizzazione di una compressa gastro-resistente in cui il principio attivo a bassa biodisponibilità (nello specifico la Berberina) viene associato a specifici promotori dell’assorbimento enterico, determinando effettivamente un aumento della biodisponibilità [Fratter, B. De Servi (2015)].
Dopo aver trattato il problema della scarsa biodisponibilità della Berberina, illustriamo il suo meccanismo d’azione sul profilo lipidico. La Berberina inibisce la trascrizione del gene codificante per la PCSK9, enzima responsabile della degradazione dei recettori per le LDL: l’aumento del numero di recettori delle LDL (LDLR) che ne deriva determina una netta e significativa riduzione della concentrazione di colesterolo LDL nel plasma.
Molti nutraceutici associano la Berberina alla Monacolina K da Riso Rosso fermentato, perché i loro meccanismi d’azione sono sinergici, come illustrato in figura.
La Monacolina K da Riso rosso fermentato contribuisce al controllo dei livelli di colesterolo nel sangue con un meccanismo d’azione statino-simile: essa inibisce l’HMGCoA reduttasi, aumentando di conseguenza l’espressione dei recettori per le LDL e quindi l’uptake di LDL dal circolo. Tuttavia la Monacolina K contemporaneamente incrementa l’espressione del PCSK9, degradando parte dei recettori neo espressi. [Bin Dong et al. (J Biol Chem. 2015)]
L’associazione con la Berberina consente di inibire la PCSK9 che la Monacolina K tenderebbe ad indurre. Ciò determina un notevole aumento del numero dei recettori per le LDL il che si traduce in un aumento della clearance del LDL-C. [Bin Dong et al. (J Biol Chem. 2015)]
La Berberina è una molecola che mostra anche attività ipoglicemizzante e ipotrigliceridemizzante, in quanto da una parte aumenta la sensibilità all’insulina e dall’altra riduce la sintesi dei trigliceridi via AMPK. [Cong Liu et al. (2016); Jean-Marie Brusq et al. (2006)]
Giorgio Pastorelli