In questi giorni anche il rivaroxaban, come il dabigatran etexilato in giugno, è stato approvato dall’ Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale per la prevenzione dell’ictus nei pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare. La prescrizione di questi farmaci è vincolata alla diagnosi secondo il piano terapeutico stabilito. Questi nuovi principi attivi, appartenenti alla classe dei nuovi anticoagulanti orali, erano stati già approvati dall’Agenzia Europea per i medicinali nel 2011 e dalla FDA americana.
Le osservazioni condotte in altri paesi sull’utilizzo di questi farmaci danno la possibilità di valutare quel che accade nel mondo reale e non nel “super controllato” mondo degli studi clinici.
Il primo aspetto assai interessante è quello relativo al problema dei sanguinamenti. E’ ovvio infatti che il beneficio nell’assunzione di un anticoagulante è tanto maggiore quanto più il bilancio tra prevenzione della trombosi e rischio di sanguinamenti è a favore del primo.
Si può affermare che i fattori più comuni per la stratificazione del rischio embolico individuati dal “CHA2DS2-VASc score” (vedi le news letter di marzo e ottobre 2012, giugno 2013) sono gli stessi che individuano il rischio emorragico (ipertensione, età, stroke…) nell’ HAS-BLED score, che ha però il pregio di identificare i fattori modificabili quali l’assunzione contemporanea di farmaci antinfiammatori non steroidei o di altri anti aggreganti.
SANGUINAMENTI GASTRO INTESTINALI

Come si è detto più volte nei trials sono stati osservati un minor numero di ictus emorragici con i nuovi anticoagulanti orali rispetto alla popolazione che assumeva il warfarin. Ma con l’assunzione di dabigatran e rivaroxaban ad alte dosi è stato registrato, invece, un numero maggiore di sanguinamenti gastro intestinali a carico soprattutto del tratto inferiore. Questo particolare aspetto potrebbe essere legato al metabolismo di queste molecole che determina una marcata concentrazione dei farmaci attivi nel tratto gastro intestinale inferiore. E’ stata quindi identificata una popolazione a maggior rischio di sanguinamento: coloro i quali sono a rischio di emorragia gastro intestinale o hanno già avuto precedenti episodi. Questi soggetti debbono assumere un inibitore di pompa protonica, non debbono assolutamente assumere aspirina o FANS, va raccolta un’accurata storia clinica e, se ve n’è indicazione, va effettuata una colonscopia: non è stata trovata alcuna evidenza che questi farmaci causino lesioni del tratto intestinale, bensì è l’elevata concentrazione nel lume che può peggiorare il sanguinamento proveniente da anomalie già esistenti. E’ per questo che se ve ne è indicazione è ragionevole effettuare una colonscopia prima di avviare un programma terapeutico con i nuovi anticoagulanti.
INSUFFICIENZA RENALE

L’ insufficienza renale è un importante predittore tanto di stroke, quanto di emorragia ed inoltre tutti i nuovi anticoagulanti orali vengono in un certo grado eliminati attraverso il rene. E’ per questo molto importante che prima di iniziare la terapia con i nuovi anticoagulanti orali si effettui un controllo della funzione renale.
Il monitoraggio della funzione renale andrà ripetuto:
- una volta all’anno in caso di valori normali o di lieve insufficienza renale (clearance della creatinina 50 – 80 ml/min)
- due o tre volte all’anno in caso di insufficienza renale di grado moderato (clearance della creatinina 30 – 49 ml/min)
Il dosaggio del dabigatran andrà ridotto a 110 mg bid in caso di insufficienza renale moderata, quello di rivaroxaban a 15 mg die se la creatinina clearance è inferiore a 50 ml/min.
In caso di grave compromissione renale (clearance della creatinina <30ml/min) la somministrazione di anticoagulanti orali non è ad oggi indicata.
L’EMORRAGIA INTRACRANICA

Rimane un pericoloso effetto avverso della terapia anticoagulante orale. Sappiamo che nei pazienti che presentano un ictus emorragico correlato all’assunzione di warfarin, la mortalità, molto elevata, si aggira intorno al 50% entro 30 giorni ed è superiore a quella delle emorragie in assenza di terapia anticoagulante.
Il vantaggio in termini di incidenza di ictus emorragici è decisamente favorevole con gli anticoagulanti orali rispetto al warfarin (riduzione del rischio di circa 60% con il dabigatran). L’attento monitoraggio cui questi farmaci sono sottoposti non ha dato evidenza di un peggioramento della prognosi rispetto a quella pur grave in terapia con warfarin.
L’ANTIDOTO E LE SITUAZIONI DI EMERGENZA
A tutt’oggi non esiste un antidoto (che invece esiste per il warfarin) ed una specifica strategia per i sanguinamenti e le situazioni che richiedono una procedura di emergenza. I dati su alcuni complessi utlilizzati come antidoto non sono ancora definitivi. Inoltre il fatto che l’attività anticoagulante non sia chiaramente misurabile con i parametri ematici continua a suscitare delle perplessità.
D’altro canto il grosso vantaggio dell’utilizzo di questi farmaci è il proprio il fatto che non debba essere dosato frequentemente l’INR per il monitoraggio dell’attività anticoagulante, che non possiede quelle caratteristiche di estrema variabilità proprie del warfarin.

Quello che abbiamo imparato dall’osservazione negli altri paesi in cui questi farmaci sono già utilizzati da tempo è che il dabigatran ha un effetto molto debole se il tempo parziale di tromboplastina è normale, lo stesso accade per il rivaroxaban se è normale il tempo di protrombina. Inoltre abbiamo imparato che l’effetto del farmaco diminuisce man mano che ci si allontana dall’assunzione. Se l’assunzione risale a meno di due ore si può considerare la somministrazione di carbone attivo per un parziale riassorbimento del farmaco.
Nel “mondo reale” le procedure effettuate in emergenza in presenza di una somministrazione di dabigatran nelle ultime 24 ore non hanno avuto una maggiore incidenza di sanguinamenti rispetto al warfarin.
Come si diceva questi farmaci sono comunque tutt’ora oggetto di intenso monitoraggio da parte degli enti regolatori. Tuttavia le segnalazioni finora pervenute non hanno reso necessaria una modifica del profilo rischio/beneficio.
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma