MIGLIOR CONTROLLO PRESSORIO, STESSO DECLINO COGNITIVO: SARÀ VERO?
di Claudio Ferri
11 Febbraio 2019

Molti anni orsono, Smith e Pell [BMJ. 2003 20;327(7429):1459-61] concludevano un delizioso articolo su BMJ chiosando sulla necessità di non essere schiavi dell’evidenza: “nessuno ha mai dimostrato l’utilità del paracadute, ma tutti lo usano lo stesso”.

Un’ analoga conclusione potrebbe essere tratta dalla lettura del recente studio SPRINT-MIND e dall’ analisi delle sue conclusioni: il rischio di demenza non è stato ridotto da una più intensa riduzione pressoria versus una meno intensa. Lo studio è stato condotto in 8563 pazienti (91.5% della coorte iniziale) con almeno una valutazione post-terapia ed è stato caratterizzato da un follow-up mediano pari (per l’intervento terapeutico) a 3.34 anni. Il risultato è: la demenza è stata ridotta dal trattamento intensivo versus quello usuale in ragione del 17% (HR =0.83, 0.67-1.04), senza alcun raggiungimento di alcuna significatività statistica.

Rien de rien: studio negativo.

 

Orbene, è realmente così ? Possiamo realmente dire che una riduzione del 17% della comparsa di demenza, nel breve lasso di un intervento pari a 3 anni (con un follow up assoluto pari a 5.11 anni) – a causa di quell’intervallo di confidenza così ampio – possa essere interpretata come un dato negativo?

Probabilmente/certamente no:
A) la riduzione c’è comunque stata;
B) la popolazione studiata era sostanzialmente sana sotto il profilo cognitivo in condizioni di base, quindi a basso rischio cognitivo;
C) il deterioramento lieve delle funzioni cognitive è stato ridotto dal trattamento intensivo (HR, 0.8, 0.69-0.95).

Pertanto, la conclusione reale dello SPRINT-MIND dovrebbe essere, in assonanza a Smith e Pell: quando potremo smetterla di inseguire l’ipocrisia della medicina secondo l’evidenza e poterla “legalmente” combinare all’Ars Medendi ed al buon senso?

Ridurre la pressione arteriosa – in assenza di fenomeni ipotensivi – riduce l’incidenza di deterioramento cognitivo: se l’evidenza manca, il buon senso ci sostiene.

Prof. Claudio Ferri
Direttore della Scuola di Medicina Interna
Università degli Studi L’Aquila