L’ultimo giorno del Transcatheter Cardiovascular Therapeutics (TCT) meeting tenutosi a Denver pochi mesi fa, in un’aula per metà vuota un gruppo di ricercatori inglesi ha presentato i risultati di un elegante studio progettato con lo scopo di valutare gli effetti dell’angioplastica coronarica e l’impianto di stent nei pazienti con angina cronica stabile. Si trattava appunto dell’ORBITA trial. Il fatto che l’aula fosse quasi vuota e che il giorno fosse l’ultimo non ha impedito che il mondo del Cardio Twitter fosse rapidamente scosso da centinaia e centinaia di commenti. Si può facilmente capire perché.

Siamo nel mondo della cardiopatia ischemica cronica. Riassumiamo brevemente il disegno dello studio: sono stati arruolati pazienti con aterosclerosi ostruttiva monovasale che, tolti dal tavolo dell’emodinamica, sono stati trattati con la terapia medica massimale e poi sottoposti a test ergometrico ed eco stress per una classificazione dei sintomi. Per 6 settimane i pazienti potevano contattare un cardiologo 7 giorni su 7 e per 24 ore al giorno (!) per la messa a punto della terapia, titolazione delle medicine e comprensione degli effetti collaterali. Come si scrive sempre nelle linee guida – e quante volte si fa nella quotidianità? – i trattamenti sono stati titolati due volte circa a settimana fino alla massima dose antianginosa tollerata. Dei 230 in fase di arruolamento, 200 pazienti sono stati randomizzati a una reale angioplastica versus una finta angioplastica (il che vuol dire… sul tavolo dell’emodinamica con paraocchi, auricolari, una guida inserita nel vaso… come di moda… una “fake” PTCA). I pazienti sono stati seguiti per un mese e poi sottoposti ai test funzionali e alle altre valutazioni.
L’end point primario dello studio era il miglioramento della capacità di esercizio. Ma per brevità riassumiamo i principali risultati:
- la PCI non ha incrementato in modo significativo il tempo di esercizio. L’incremento numerico medio è stato pari a 16 secondi (P=0,20)
- la PCI non ha migliorato in modo significativo i punteggi di ben validati questionari sull’angina
- la PCI non ha migliorato in modo significativo il Duke treadmill score o l’uptake di ossigeno
- la PCI ha migliorato in modo significativo il wall motion index all’eco-dobutamina, dimostrando che lo stenting ha un’efficacia nel ridurre il burden ischemico.
Quanto detto rende ragione dei numerosissimi commenti che lo studio ha suscitato. Va ricordato che gli autori dello studio hanno pubblicato in un’appendice le angiografie eseguite, allo scopo di dimostrare quanto le lesioni vasali in questione fossero lesioni da trattare.
Si tratta di pazienti con aterosclerosi monovasale. Le conclusioni non intaccano ovviamente in alcun modo le nostre conoscenze sulle sindromi coronariche acute in cui l’angioplastica ha chiaramente dimostrato la sua superiorità, né vanno traslate a pazienti con una compromissione più estesa dell’albero coronarico e quindi lo studio non implica in alcun modo che i pazienti con angina non debbano accedere al cath lab.

Ma l’eleganza dello studio, l’utilizzo per la prima volta nell’angioplastica di una “sham” procedure, ha una grande importanza dal punto di vista speculativo e ci spinge ad andare oltre nella nostra comprensione della cardiopatia ischemica e dei sintomi anginosi. Se si immagina lo scenario di un paziente con una stenosi significativa delle coronarie al quale viene detto che la sua stenosi verrà trattata con un’angioplastica e la preesistente ostruzione dilatata, questi sarà molto rassicurato. Come in altre circostanze si potrà suscitare un effetto placebo…. Parimenti la stessa situazione affrontata in modo opposto… ”… non faremo un’angioplastica sulla sua stenosi coronarica…” potrebbe innescare un potente effetto nocebo.
Ebbene gli autori di questo studio con metodo elegante hanno fatto si che si potessero in qualche modo isolare gli effetti del miglioramento del flusso su capacità di esercizio e sintomi.
L’ORBITA trial ha quindi il pregio di aprire un nuovo sguardo sulla comprensione della malattia, di suscitare ancora una volta una riflessione sull’esponenziale incremento del numero delle angioplastiche e dei costi con cui ci dobbiamo purtroppo confrontare e infine – last but not least – sull’importanza dell’effetto placebo nel rapporto medico paziente.
FONTI
Al-Lamee R1, Thompson D1, Dehbi HM et al. Percutaneous coronary intervention in stable angina (ORBITA): a double-blind, randomised controlled trial. Lancet. 2018 Jan 6;391(10115):31-40. doi: 10.1016/S0140-6736(17)32714-9.
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma