L’odissea del mavacamten nella cardiomiopatia ipertrofica non ostruttiva.Dall’ESC i risultati del trial ODYSSEY-HCM
di Laura Gatto
04 Settembre 2025

Il mavacamten, farmaco già approvato per il trattamento di pazienti adulti con cardiomiopatia ipertrofica (HCM) ostruttiva sintomatica, non produce alcun beneficio nei pazienti con la forma non ostruttiva. Sono questi i risulttai principali dell’ODYSSEY-HCM, uno studio di fase 3, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, con controllo placebo, presentato al Congresso della Società Europea di Cardiologia tenutosi in questi giorni a Madrid e contemporaneamente pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine.

Lo studio ha arruolato pazienti con età > 18 anni sintomatici che hanno soddisfatto i seguenti criteri: HCM non ostruttiva (gradiente del tratto di efflusso ventricolare sinistro < 30 mm Hg a riposo ed < 50 mm Hg durante manovre provocative), classe NYHA II o III, punteggio ≤ 85 nel Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire clinical summary score (KCCQ-CSS)¸ frazione di eiezione ventricolare sinistra (FE) >  60%, respiratory exchange ratio di almeno 1,0 durante il test da sforzo cardiopolmonare; NT-proBNP al di sopra dei limiti superiori di normalità. I pazienti potevano essere arruolati anche in presenza di un’ostruzione mediocavitaria, ma in assenza di ostruzione del tratto di efflusso.

I pazienti idonei sono stati randomizzati con un rapporto 1:1 a ricevere mavacamten o placebo una volta al giorno per 48 settimane in aggiunta alla terapia di base. La dose iniziale di mavacamten è stata 5 mg, con la possibilità di diminuirla alla quinta e alla nona settimana, o di aumentarla alla dodicesima, ventiquattresima e trentaseiesima settimana, in base alla FE valutata in modo “blinded” dal core-lab centrale. Le dosi possibili erano 1 mg, 2,5 mg, 5 mg, 10 mg o 15 mg. Gli sperimentatori dovevano interrompere il trattamento per almeno 4 settimane in caso di FE < 50%. Se la FE risaliva al 50% o a un valore superiore, i pazienti riprendevano il trattamento alla dose immediatamente inferiore a quella che era stata interrotta (i pazienti che assumevano la dose da 1 mg riprendevano la stessa dose). Se il regime di trattamento veniva interrotto due volte a causa di una FE < al 50% mentre il paziente riceveva una dose di 1 mg di mavacamten, il trattamento veniva sospeso in modo definitivo. L’interruzione definitiva del regime era obbligatoria anche in caso di FE ≤ 30%.

I due endpoint primari dello studio sono stati: la variazione dal basale alla quarantottesima settimana del picco di consumo di ossigeno al test da sforzo cardiopolmonare e del punteggio KCCQ-CSS.

La popolazione finale ha compreso 580 pazienti (289 assegnati a mavacamten e 291 a placebo), con una età media di 56 anni, il 46% di sesso femminile, tempo medio dalla diagnosi iniziale di HCM alla randomizzazione di 10 ± 9 anni, 43% con una storia familiare di HCM ed il 6% con pregressa terapia di riduzione settale. Oltre il 75% della popolazione era in trattamento con beta-bloccanti al momento della randomizzazione; circa il 70% si trovava in classe NYHA II ed il punteggio medio del KCCQ-CSS è stato di 56 ± 19. La FE media è stata del 65 ± 4,0% ed il livello mediano di NT-proBNP era di 917,5 ng per litro. Tra i pazienti assegnati al gruppo mavacamten, la distribuzione finale delle dosi alla settimana 48 è stata: 1 mg: 9 pazienti (3,1%); 2,5 mg: 18 pazienti (6,2%); 5 mg: 89 pazienti (30,8%); 10 mg: 80 pazienti (27,7%); 15 mg: 62 pazienti (21,5%).

Riguardo gli endpoint primari: dal basale alla 48° settimana, la variazione media del picco di consumo di ossigeno è stata di 0,52 ml per chilogrammo di peso corporeo al minuto nel gruppo mavacamten e di 0,05 ml per chilogrammo al minuto nel gruppo placebo. La differenza tra i due gruppi è stata di 0,47 ml per chilogrammo al minuto (P=0,07). La variazione media del KCCQ-CSS è stata di 13,1 punti nel gruppo mavacamten e di 10,4 punti nel gruppo placebo. La differenza tra i due gruppi è stata di 2,7 punti (P=0,06).

In merito alla sicurezza il trattamento è stato interrotto temporaneamente in 74 pazienti (25,7%) assegnati a mavacamten ed in 22 (7,6%) assegnati a placebo e definitivamente in 31 pazienti del (10,7%) nel gruppo mavacamten ed in 17 (5,8%) del gruppo placebo. Eventi avversi gravi che hanno incluso insufficienza cardiaca congestizia e tachiaritmie atriali (fibrillazione o flutter) si sono verificati in 19 pazienti (6,6%) e 12 pazienti (4,2%) rispettivamente nel gruppo mavacamten, e in 5 pazienti (1,7%) e 10 pazienti (3,4%) rispettivamente nel gruppo placebo. Una FE < al 50% è stata documentata in 62 pazienti (21,5%) assegnati a mavacamten e in 5 pazienti (1,7%) assegnati a placebo, mentre una FE < al 30% è stata osservata in 7 pazienti (2,4%) nel gruppo mavacamten e in nessuno nel gruppo placebo. La frazione di eiezione ventricolare sinistra è tornata al 50% o ad un valore superiore dopo l’interruzione del regime di trattamento in tutti i pazienti eccetto 3.

Gli autori dello studio hanno quindi concluso che nei pazienti con HCM non ostruttiva mavacamten non determina un miglioramento significativo nella capacità di esercizio né una riduzione dei sintomi rispetto al placebo a 48 settimane. Inoltre, interruzioni e sospensioni del regime di trattamento, insieme a riduzioni transitorie della FE, si sono verificate più frequentemente tra i pazienti del gruppo mavacamten rispetto a quelli del placebo. Al contrario di quanto accade nelle forme ostruttive in cui l’ostruzione dinamica all’efflusso rappresenta il meccanismo fisiopatologico fondamentale, nelle forme non ostruttive altri fattori, come l’ischemia subendocardica, la disfunzione diastolica, la ridotta compliance del ventricolo sinistro sono coinvolti nella patogenesi dei sintomi ed in questo contesto, gli inibitori della miosina cardiaca potrebbero esercitare un effetto limitato, riducendo così la probabilità di miglioramenti clinicamente significativi nella capacità di esercizio. Dall’altra parte, l’azione di inibizione del sarcomero non è controbilanciata dal miglioramento dell’ostruzione del tratto di efflusso ventricolare sinistro, ma si associa a riduzione della FE, che sia pur reversibile alla sospensione del farmaco, in alcuni soggetti ha determinato episodi di insufficienza cardiaca clinicamente evidenti. Alla luce dei risultati di questo studio, l’impiego del mavacamtem rimane per il momento confinato ai pazienti affetti da HCM ostruttiva.  

Bibliografia di riferimento: Mavacamten in Symptomatic Nonobstructive Hypertrophic Cardiomyopathy. Desai MY, Owens AT, Abraham T, Olivotto I, Garcia-Pavia P, Lopes RD, Elliott P, Fernandes F, Verheyen N, Maier L, Meder B, Azevedo O, Kitaoka H, Wolski K, Wang Q, Jaber W, Mitchell L, Myers J, Rano T, Gong Z, Zhong Y, Carter-Bonanza S, Florea V, Aronson R, Nissen SE; ODYSSEY-HCM Investigators. N Engl J Med. 2025 Aug 30. doi: 10.1056/NEJMoa2505927.