L’invidia di Plutone
di Comitato Scientifico del C.L.I.

Come talvolta accade anche alle più accorte persone allorché sono ubriache di successo, Asclepio non aveva neppur per un attimo considerato l’invidia di cui era fatto oggetto. Avrebbe dovuto sapere che l’invidia è il più forte e il più ignobile dei sentimenti dell’uomo. Si rendeva conto dell’invidia degli altri medici, ma sapeva di potersene infischiare e la considerava un astioso riconoscimento della sua superiorità, non aveva invece mai pensato a quella degli dei che ammirava al punto da ritenerli immuni da certe meschinità. Gli dei dell’Olimpo invece avevano tutti i difetti dei mortali, gelosia, ira, lussuria, superbia, malizia, accidia, in misura addirittura maggiore, ed errore assai grave e pericoloso, non si era accorto del sordo rancore di Plutone, re dell’inferno. Fu il solo sbaglio di calcolo commesso in tutta la sua vita e gli costò caro anche se poi contribuì in modo determinante alla sua apoteosi. Asclepio morì improvvisamente nel giardino della sua casa, subito dopo aver resuscitato il giovane Ippolito figlio del re Teseo, mentre ancora salivano al cielo le ovazioni della folla che da giorni si era ammassata davanti alla reggia. Le versioni del tragico episodio sono state numerose, ora drammatiche ora romantiche.