L’intelligenza artificiale: uno strumento innovativo per la diagnosi di amiloidosi cardiaca
di Vittoria Rizzello
14 Dicembre 2021

L’amiloidosi rappresenta un insieme di entità cliniche estremamente eterogenee in cui ben 36 differenti tipologie di proteine patologiche creano delle fibrille che si accumulano nello spazio extracellulare di diversi organi e tessuti (1). L’interessamento cardiaco è tipico dell’amiloidosi da transtiretina (ATTR),nelle sue due varianti genetica (ATTRv) e wilde-type (WT-ATTR), e dell’amiloidosi da catene leggere delle immunoglobuline (AL).

Tuttavia, le manifestazioni cliniche dell’amiloidosi cardiaca possono essere estremamente eterogenee, con multiple alterazioni cardiache ed extracardiache e, pertanto, difficili da riconoscere e diagnosticare. Poichè oggi abbiamo a disposizione delle valide opzioni terapeutiche per il trattamento di entrambe le forme di amiloidosi cardiaca, una corretta e tempestiva diagnosi è essenziale per non negare valide opzioni terapeutiche a questi pazienti.

Un importante contributo al riconoscimento dei differenti fenotipi clinici dell’amiloidosi cardiaca è fornito da Bonnefous L e coll che hanno recentemente pubblicato sul JACC i loro dati su 1394 pazienti valutati tra il 2010 e il 2018 nel centro di riferimento francese per l’amiloidosi cardiaca. In 345 (25%) pazienti è stata diagnosticata un’AL, in 263 (19%) pazienti un’ATTRv e in 402 (29%) pazienti una WT-ATTR, mentre 384 pazienti non avevano amioloidosi. La diagnosi di AL era basata sulla presenza di elevati livelli di catene leggere plasmatiche e/o urinarie e una biopsia cardiaca o extracardiaca positiva al rosso congo con anticorpi specifici contro le catene leggere. La diagnosi di ATTR era basata sulla scintigrafia a tracciante osseo positiva (e su una biopsia positiva con anticorpi specifici contro la TTR ma non contro le catene leggere, in caso di concomite incremento delle catene leggere sieriche/urinarie). Nei pazienti con ATTR i test genetici consentivano di discriminare le AATRv dalle WT-ATTR.

Sulla base di 24 variabili, attraverso la tecnologia del machine learning, sono stati identificati 7 differenti profili clinici, caratterizzati dalla frequente associazione di più variabili (cluster). Le variabili considerate sono state: età, sesso, BMI, classe NYHA, pressione sistolica, storia di ipertensione, diabete, dislipidemia, presenza di gammopatia/mieloma/macroglobulinemia di Waldenstrom, sordità, accumuli nei tessuti molli, neuropatia periferica, danno cutaneo, captazione cardiaca alla scintigrafia con tracciante osseo, NT-proBNP e troponine, anemia, creatinina clearance, bassi voltaggi all’ECG, aritmie, frequenza cardiaca, FE, global longitudinal strain e spessore del setto interventricolare.

La maggior parte di pazienti con AL (61%) era collocato nel cluster 1 caratterizzato da elevati valori di NT-proBNP, classe NYHA avanzata, spessori ventricolari aumentati, bassi voltaggi all’ECG, più bassa FE, importante interessamento cutaneo e/o mucoso, neuropatia periferica e gammopatia. Questi pazienti presentavano una prognosi particolarmente infausta a 4 anni (sopravvivenza del 40% circa).

I pazienti con WT-ATTR erano invece distribuiti in 3 clusters differenti (da 2 a 4) caratterizzati da alta captazione del tracciante osseo alla scintigrafia, depositi nei tessuti molli, sordità e aumentati spessori ventricolari, ma con differenti prevalenze di fattori di rischio cardiovascolare, compromissione cardiaca e aritmie.   Una prognosi particolarmente negativa (sopravvivenza a 4 anni del 31%) era osservata nei pazienti che rientravano nel cluster 2 che presentava la maggior compromissione cardiaca.

I pazienti con ATTRv erano collocati prevalentemente nel cluster 6, caratterizzato dalla presenza di età giovane, alta prevalenza di neuropatia periferica, scarso coinvolgimento cardiaco e bassa prevalenza di fattori di rischio. La prognosi di questi pazienti era particolarmente buona (sopravvivenza a 4 anni: 85%). Tuttavia, dal 21% al 28% dei pazienti con ATTRv presentava caratteristiche tipiche dei cluster 2-4.

I pazienti nei cluster 5 e 7, caratterizzati da età avanzata, variabile associazione di fattori di rischio e comorbidità, nella maggior parte dei casi non avevano amiloidosi. La prognosi di questi pazienti era intermedia (sopravvivenza a 4 anni circa 70-75%).

Considerazioni.

Questo studio francese appare estremamente interessante da più punti di vista. Innanzitutto, perché gli autori hanno utilizzato, in maniera assolutamente innovativa, la metodologia del machine learning per identificare i moltepli fenotipi clinici con cui si possono presentare alla nostra attenzione i pazienti con sospetta amiloidosi cardiaca. Ciò ha permesso di identificare differenti cluster di variabili cliniche, funzionali e strumentali variamente associate tra di loro e corrispondenti con buona probabilità a specifiche entità cliniche. Questa metodologia si propone come uno strumento tecnologico estremamente promettente in tutti quei contesti clinici in cui i meccanismi eziopatogenetici e i fenotipi clinici siano estremamente eterogenei e quindi difficilmente valutabili in maniera complessiva dal singolo clinico. In futuro è probabile che l’intelligenza artificiale avrà sempre più spazio nella definizione delle strategie diagnostiche e terapeutiche in medicina.

Un altro aspetto interessante dello studio è che evidenzia in maniera inequivocabile come l’identificazione dei differenti tipi di amiloidosi cardiaca non sia assolutamente univoca, neppure utilizzando l’intelligenza artificiale. Infatti, nello studio di Bonnefous L e coll fino a un 40% di pazienti con AL presentavano caratteristiche che non erano incluse nel cluster 1; analogamente i pazienti con ATTRv, pur essendo prevalentemente presenti nel cluster 6, potevano presentare delle caratteristiche analoghe ai pazienti con WT-ATTR che a loro volta erano distribuiti su 3 cluster, quindi con manifestazioni cliniche tra di loro differenti.  Ciò implica che a oggi la diagnosi definitiva della tipologia di amiloidosi in molti casi non può ancora prescindere dall’analisi bioptica e/o genetica.

Infine, l’analisi dell’outcome nei differenti cluster ha permesso di dimostrare il peso prognostico delle singole variabili incluse nei singoli cluster. I pazienti con la prognosi peggiore erano infatti quelli nei cluster 1 e 2 in cui la compromissione funzionale e cardiaca era maggiore, mentre nei cluster con minor impegno cardiaco e minor carico di fattori di rischio cardiovascolare la prognosi a 4 anni era migliore.  Questo dato suggerisce che la diagnosi precoce di amiloidosi cardiaca, prima che il danno cardiaco diventi avanzato, sia essenziale al fine di implementare tempestivamente le differenti terapie farmacologiche che hanno dimostrato di migliorare la prognosi di questi pazienti e che oggi sono finalmente a nostra disposizione (3-4).

REERENCES

  1. Merlini G, Bellotti V. Molecular mechanisms of amyloidosis. N Engl J Med. 2003;349:583-96.
  2. Bonnefous L, Kharoubi M, Bézard M, Oghina S, Le Bras F, Poullot E, Molinier-Frenkel V, Fanen P, Deux JF, Audard V, Itti E, Damy T, Audureau E. Assessing Cardiac Amyloidosis Subtypes by Unsupervised Phenotype Clustering Analysis. J Am Coll Cardiol. 2021 Nov 30;78(22):2177-2192.
  3. Maurer MS, Schwartz JH, Gundapaneni B, Elliott PM, Merlini G, Waddington-Cruz M, et al. Tafamidis treat- ment for patients with transthyretin amyloid cardio- myopathy. New Engl J Med. 2018;379(11):1007–16
  4. Adams D, Gonzalez-Duarte A, O’Riordan WD, Yang C- C, Ueda M, Kristen AV, et al. Patisiran, an RNAi thera- peutic, for hereditary transthyretin amyloidosis. New Engl J Med. 2018;379:11–21