Le alterazioni del ritmo e il rimodellamento delle camere cardiache: l’importanza del ritmo sinusale
di Filippo Brandimarte
22 Marzo 2022

La fibrillazione atriale (FA) di per sé non è una aritmia pericolosa per la vita ma indubbiamente comporta in estrema sintesi due ordini di problematiche: 1. L’ictus cerebri, sensibilmente ridotto dall’introduzione della terapia anticoagulante specie nella sua ultima declinazione che possiede un profilo di rischio/beneficio nettamente superiore al warfarin (1); e 2. lo scompenso cardiaco secondario all’elevata frequenza cardiaca (tachicardiomiopatia) specie in presenza di disfunzione ventricolare sinistra di base come dimostrato dallo studio CASTLE in cui il burden della FA correla con endpoint hard a 6 mesi come la mortalità e i ricoveri per scompenso cardiaco.  (2) Provare l’effetto benefico del ripristino del ritmo sinusale in assenza di scompenso cardiaco è più difficile sebbene l’insufficienza mitralica e tricuspidale funzionali, secondarie cioè alla dilatazione anulare che consegue all’ingrandimento atriale causato dalla FA, siano ormai entità riconosciute. (3) Da queste considerazioni scaturisce l’intrigante ipotesi: ripristinando il ritmo sinusale è possibile osservare un rimodellamento inverso delle camere cardiache (non solo di quelle atriali) che possa determinare anche un miglioramento della performance ventricolare riducendo anche l’entità dell’insufficienza mitralica e tricuspidale funzionali?

Per tentare di rispondere a questo quesito Soulat-Dufour e colleghi hanno condotto un trial, pubblicato sull’ultimo numero del Journal of the American College of Cardiology, su 117 pazienti (utilizzando il database FASTRHAC) ricoverati per FA utilizzando l’ecocardiografia tridimensionale per studiare tutte le camere cardiache effettuata entro 24 ore dal ricovero a 6 e a 12 mesi. (4) Criteri di esclusione sono stati la presenza di patologie valvolari primitive, la presenza di protesi valvolari meccaniche o biologiche, controindicazione alla terapia anticoagulante. Al termine del follow-up i pazienti sono stati divisi in 3 gruppi: il primo gruppo FA (n=39, 33.3%) composto da pazienti che avevano ancora l’aritmia a 12 mesi;  il secondo  gruppo ritmo sinusale attivo (n=47, 40.2%) che è stato sottoposto a cardioversione e/o ablazione efficaci ed ancora in ritmo sinusale a 12 mesi; il terzo gruppo in ritmo sinusale spontaneo (n=31, 26.5%) in cui i pazienti sono tornati spontaneamente a ritmo sinusale entro le 24 ore successive al ricovero ed ancora in ritmo sinusale a 12 mesi. Il rimodellamento inverso è stato definito come riduzione di almeno il 15% del volume tele-sistolico in almeno una delle due camere atriali, mentre la quantificazione dell’entità dei rigurgiti valvolari è stata effettuata attraverso la stima 2D della vena contracta.

L’intera coorte era composta per il 61.5% da uomini (72 pazienti) e l’età media è stata di 65 anni. Il gruppo in ritmo sinusale attivo aveva una più bassa prevalenza di ipertensione rispetto agli altri gruppi, mentre il gruppo FA aveva una prevalenza più alta di infarto miocardico, scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica ostruttiva ed insufficienza renale. 73 soggetti (62.4%) avevano una prima diagnosi di FA soprattutto presenti nei 2 gruppi in ritmo sinusale. I pazienti nel gruppo ritmo sinusale spontaneo avevano volumi atriali indicizzati inferiori e più alti volumi telediastolici del ventricolo dx e una migliore funzione 3D delle camere cardiache (frazione di svuotamento atriale dx, frazione di eiezione del ventricolo dx, frazione di svuotamento atriale sx e funzione sistolica ventricolare sx). Il gruppo in ritmo sinusale attivo aveva una insufficienza valvolare mitralica più importante con una maggiore vena contracta (p=0.01). Al termine del follow-up il gruppo in ritmo sinusale attivo ha avuto una significativa riduzione di tutti i volumi atriali indicizzati e una riduzione dei volumi telesistolici del ventricolo dx associati ad un aumento dei volumi tele diastolici del ventricolo sx. Inoltre, in questo gruppo si è assistito ad un miglioramento della performance di tutte le 4 camere cardiache e ad una riduzione dei rigurgiti valvolari mitralici e tricuspidali. Al contrario, nel gruppo FA si è documentato un aumento a 6 e 12 mesi di tutti i volumi ventricolari e del volume telediastolico atriale sx ed una riduzione della frazione di svuotamento atriale sx. All’analisi multivariata la presenza di cardioversione e/o ablazione entro il primo anno di follow-up è stata significativamente associata a rimodellamento inverso.

Il trial suggerisce quindi che un rimodellamento inverso anatomico (tutti i volumi atriali ed il volume telesistolico ventricolare dx) e/o funzionale (4 camere cardiache) si è verificato solamente nei pazienti con ripristino attivo del ritmo sinusale durante il primo anno di follow-up. Questo rimodellamento positivo correla con una riduzione della entità dei rigurgiti valvolari mitralici e tricuspidali sottolineando l’importanza del ripristino del ritmo sinusale attraverso cardioversione o ablazione ad 1 anno indipendentemente dalla funzione sistolica all’esordio. Di contro nel gruppo FA i volumi del ventricolo dx e il volume telediastolico atriale sx sono aumentati mentre la frazione di svuotamento atriale sx è diminuita come ci si aspettava vista la perdita del contributo atriale al riempimento ventricolare in presenza dell’aritmia. Come mai nel gruppo con ripristino spontaneo del ritmo sinusale i benefici della cardioversione non si sono dimostrati all’analisi multivariata? Il trial ovviamente non è in grado di rispondere a questo quesito ma certamente fornisce una possibile chiave di lettura. I pazienti di questo gruppo avevano una funzione atriale ridotta al basale. Sebbene questo possa suggerire un iniziale stunning atriale la persistenza della disfunzione atriale a 12 mesi sembra essere correlata ad una sottostante cardiomiopatia atriale.

Certamente lo studio ha delle limitazioni, come il campione ridotto e la possibile imprecisione delle stime volumetriche delle camere cardiache in presenza di elevata frequenza ventricolare, l’assenza di monitoraggio Holter tra le visite a 6 e 12 mesi potenzialmente sottostimando le recidive aritmiche e con un follow-up forse troppo breve  (sebbene l’analisi dei dati a 2 anni sia ongoing al momento) ma suggerisce, anche se non in modo definitivo, che i benefici del ripristino del ritmo sinusale vanno ben al di là della semplice “cosmesi elettrocardiografica”.

Bibliografia

  1. Friberg L, Rosenqvist M, Lip GY. Evaluation of risk stratification schemes for ischaemic stroke and bleeding in 182 678 patients with atrial fibrillation: the Swedish Atrial Fibrillation cohort study. Eur
    Heart J. 2012;33:1500–1510.
  2. Brachmann J, Sohns C, Andresen D, et al. Atrial fibrillation burden and clinical outcomes in heart
    failure: the CASTLE-AF Trial. J Am Coll Cardiol EP. 2021;7:594–603.
  3. Zhou X, Otsuji Y, Yoshifuku S, et al. Impact of atrial fibrillation on tricuspid and mitral annular dilatation and valvular regurgitation. Circ J. 2002;66:913–916.
  4. Soulat-Dofour L, Lang S Addetia K et al. Restoring sinus rhythm reverses cardiac remodeling and reduces valvular regurgitation in patients with atrial fibrillation. J Am Coll Cardiol 2022;79:951-961.