L’alcool è un alimento, un farmaco, una droga ?
È tutte e tre le cose contemporaneamente, anche se dal punto di vista medico-sociale appare preponderante il ruolo di droga. Anche se la sua importanza terapeutica è assai modesta, l’alcool deve essere considerato il più antico medicamento nonché il più diffuso.
È certo che l’uomo sapeva produrre sostanze alcooliche quando sulla terra non era ancora comparso nessun segno di civiltà.
Da tavolette di argilla incisa trovate in Mesopotamia, si è appreso che 2100 anni a. C., una dose di bevande alcooliche era inclusa nel salario degli addetti ai lavori pesanti. Il primo e più lungo impiego terapeutico dell’alcool è stato fatto come analgesico ed euforizzante.
Salomone ne condannava l’abuso “che snerva le forze, deprime la mente, è cagione di ferite e fa si che la bocca dica cose perverse”, ma nei Proverbi dice anche “date del vino all’individuo triste e al misero: bevano essi e dimentichino la loro malinconia e la loro povertà “.
Ippocrate, il “padre della medicina” fu il primo a considerare ufficialmente l’alcool non un alimento, ma un farmaco e, dopo di lui, i medici che prescrissero l’alcool come terapia di molte malattie furono innumerevoli.
L’alcool era l’anestetico chirurgico di uso corrente prima dell’etere. In tutti i westerns il cow boy ferito, prima di farsi togliere la pallottola dalla spalla, beve sempre mezza bottiglia di whisky.
Gli effetti dell’alcool si esplicano a carico di molti organi, ma risultano soprattutto evidenti a carico del sistema nervoso centrale, dove non svolge, come molti credono un’azione stimolante, bensì depressiva che diviene mano a mano più manifesta col crescere della quantità assunta. La successione dei fenomeni è la seguente: disorganizzazione mentale, progressiva perdita del controllo muscolare, incoordinazione dei movimenti, difficoltà a camminare e ad articolare la parola, sonno sempre più profondo e, infine, coma.
La credenza che l’alcool sia un’eccitante deriva dalla sua capacità di togliere le inibizioni determinando un comportamento euforico ed impulsivo.
Chi è ebbro vede il mondo e se stesso attraverso un vetro rosa, crede di possedere grande intelligenza (che spiega la sua verbosità), e grande forza muscolare (che spiega la sua rissosità). Ritiene di avere anche grande vigore sessuale, ma Shakespeare giustamente ha scritto che l’alcool “stimola il desiderio, ma annulla le capacità”.
Il 90 per cento dell’alcool ingerito viene metabolizzato dal fegato, il quale è l’organo che più frequentemente subisce le conseguenze dell’abuso protratto.
Il fegato sano di un adulto riesce a metabolizzare mediamente un grammo di alcool per ogni chilo di peso corporeo al giorno, vale a dire che un uomo di settanta chili può bere tranquillamente 70 grammi di alcool nel corso della giornata: il limite di guardia viene indicato intorno ai 120 grammi, cioè un litro di vino di 12 gradi.
Anche se la suscettibilità individuale è assai variabile, oltre questo limite cominciano i pericoli e la prova è che nei Paesi dove si beve di più, il fegato si ammala più frequentemente.
Qualche importanza nel ruolo epatolesivo delle bevande alcooliche viene attribuita ad altre sostanze tossiche, quali chiarificanti, coloranti, conservanti, ma non vi è dubbio che l’effetto più importante è dovuto all’alcool etilico, il quale possiede una vera tossicità organo-specifica per il fegato.
ìl primo segno di lesione epatica è l’accumulo di grasso nelle cellule, detto steatosi.
Per quanto riguarda il cuore, che un paio di bicchieri, bevuti abitualmente durante il pasto, potessero risultare benefici per il cuore, era stato sostenuto già parecchi anni fa da vari cardiologi americani, i quali pensarono che ciò fosse dovuto all’azione tranquillizzante ed euforizzante del vino. Oggi, a seguito di varie ricerche, epidemiologiche e cliniche, si ritiene che l’effetto protettivo del vino si manifesti aumentando il colesterolo HDL. Il colesterolo “buono”, lo spazzino che deterge le pareti delle arterie da quello cattivo.
I dietologi attualmente raccomandano il vino in tutte le diete anti-aterosclerotiche.
È un consiglio da accogliere con prudenza, perchè se è probabile che un po ‘ di vino faccia bene al cuore, è ben certo che molto vino mette k.o. il fegato.
Non corriamo il rischio, per prevenire l’infarto, di morire di cirrosi.