L’Activation Trial: angioplastica prima della TAVI. Un matrimonio difficile.
di Simone Budassi
02 Novembre 2021

Che la sostituzione valvolare aortica trans-catetere (TAVI) sia ormai un baluardo nel trattamento della stenosi valvolare aortica (SA) severa sintomatica nei pazienti ad alto rischio [1,2] è una realtà ben recepita dalla comunità medica e ampiamente applicata. Negli ultimi anni si è affermato anche il ruolo della TAVI nel trattamento di pazienti a rischio moderato e basso [3-6]. i fattori di rischio cardiovascolari coinvolti nella progressione della SA, sono gli stessi coinvolti nella malattia aterosclerotica coronarica (CAD). In circa 2/3 dei pazienti coesistono SA e CAD. La presenza concomitante di CAD significativa impone la rivascolarizzazione in associazione alla sostituzione valvolare. Attualmente però, non esiste un’evidenza scientifica sul timing corretto della procedura di rivascolarizzazione rispetto alla TAVI.

Patterson T e colleghi [7] hanno provato a rispondere a questa domanda con l’ACTIVATION trial recentemente pubblicato su JACC Cardiovascular Intervention. Lo studio ha arruolato 235 pazienti da 17 centri, con l’obiettivo di dimostrare la non inferiorità dell’angioplastica prima della TAVI in pazienti con CAD significativa e SA severa, contro un gruppo no PCI in pazienti con identiche caratteristiche cliniche (CAD significativa + SA severa). L’endpoint scelto era un composito di tutte le cause di mortalità e ospedalizzazione per qualsiasi causa ad un anno. Per CAD severa si intendeva una stenosi ≥70% almeno un vaso o ≥50% se tronco comune protetto o graft venoso. Il margine prespecificato per il test di non inferiorità era di 7.5%.  L’endpoint primario si è presentato nel 41.5% dei pazienti PCI contro 44% dei pazienti no-PCI per cui non si è raggiunto il valore prespecificato richiesto per la non inferiorità (differenza: -2.5%; 95% LC: 8.5%; test di non inferiorità P=0.067). Scomponendo l’endpoint primario nei suoi elementi si è osservata una mortalità del 13.4% nel gruppo PCI vs 12.1% nel gruppo no PCI con un HR di 1.00 (95% IC 0.49-2.06). La percentuale di pazienti riospedalizzati ad un anno dalla TAVI era del 34.5% nel braccio PCI contro 33.6% nel braccio no PCI con un HR di 0.91 (95% IC 0.59-1,42). La stessa analisi è stata applicata comparando i due gruppi per il trattamento effettivamente eseguito (alcuni pazienti non sono stati sottoposti a TAVI ed alcuni nel gruppo PCI non sono stati sottoposti alla procedura). I risultati sono stati simili a quelli derivati dall’analisi della popolazione intention to treat, benché la differenza e il limite di confidenza si siano spostati in favore del gruppo PCI con 40.5% dei pazienti nei quali si è manifestato l’endpoint primario nel gruppo PCI contro 44.1% nel gruppo non PCI quindi con una differenza di -3.7% (95% IC: 7.5; test di non inferiorità P=0.05).

Gli endpoint secondari includevano mortalità, sanguinamenti ed eventi cardiovascolari e cerebrovascolari maggiori (morte, infarto miocardico, ictus, insufficienza renale acuta). Al follow up ad un anno si sono osservate differenze statisticamente significative in termini di incidenza di sanguinamenti, che si sono manifestati più frequentemente nel gruppo PCI (44.5% vs 28.4%, p=0.021; HR 1.66, 95% IC 1.07-2.56 P= 0.021).

Questi risultati ci dimostrano come non ci sia ancora una chiara evidenza che una strategia basata sulla PCI prima della TAVI porti ad un reale vantaggio rispetto ad una strategia che preveda prima la TAVI.  Le motivazioni possono essere ricercate anche nella complessità e fragilità di questi pazienti. Considerando la fisiopatologia comune della SA e della CAD e l’età media dei pazienti arruolati in questo trial, la malattia coronarica si presentava spesso come una patologia marcatamente calcifica, in cui l’angioplastica risultava estremamente complicata, spesso realizzabile solo con l’ausilio di metodiche di debulking della lesione calcifica, che nella popolazione fragile arruolata in questo trial poteva esitare in instabilità emodinamica. Va anche sottolineato come la popolazione dell’ACTIVATION trial presentava lesioni con un grado di stenosi dell’85% ± 15% e la maggior parte erano singolo vaso. In pazienti con patologia più estesa il ruolo protettivo della PCI preTAVI potrebbe essere molto più forte.

I risultati di questo studio ci confermano anche l’importanza della scelta del device, essendoci la concreta possibilità di dover sottoporre i pazienti ad angioplastica complessa dopo l’intervento di TAVI.

Per quanto riguarda i singoli endpoints, nel gruppo PCI è stato osservato un aumento dei sanguinamenti (41.2% vs 26.7%; HR 1.46, IC 0.93-2.29; p=0.098) e dell’incidenza di insufficienza renale acuta (10.1% vs 4.3%; HR 1.91, IC 0.67-5.46; p=0.22) a 30 giorni senza però raggiungere valori statisticamente significativi. L’incidenza di sanguinamenti nel gruppo PCI raggiungeva la significatività statistica al follow up ad un anno. Questo dato riflette sicuramente la necessità di un maggior utilizzo della doppia terapia antiaggregante (DAPT) nel gruppo PCI.  

Ancora una volta quello che i dati sperimentali ci dimostrano riflette ciò che già si osserva nella pratica clinica quotidiana: benché spesso ci si trovi ad affrontare lesioni complesse, la difficoltà oggettiva nel trattarle, cosi come la necessità di utilizzare contrasto e un periodo prolungato di DAPT in pazienti fragili che presentano SA severa, fa si che il piatto della bilancia si sposti verso un trattamento più conservativo evitando di peggiorare involontariamente  le condizioni cliniche del paziente con un aggressivo intervento terapeutico.  

Bibliografia:

  1. Leon MB, Smith CR, Mack M, et al. PARTNER Trial Investigators. Transcatheter aortic-valve implantation for aortic stenosis in patients who cannot undergo surgery. N Engl J Med 2010;363:1597–1607.
  2. Smith CR, Leon MB, Mack MJ, et al. PARTNER Trial Investigators. Transcatheter versus surgical aortic-valve replacement in high-risk patients. N Engl J Med 2011; 364:2187–2198.
  3. Leon MB, Smith CR, Mack MJ, et al, PARTNER 2 Investigators. Transcatheter or surgical aortic-valve replacement in intermediate-risk patients. N Engl J Med 2016;374:1609–1620.
  4. Reardon MJ, Van Mieghem NM, Popma JJ, et al, for the SURTAVI Investigators. Surgical or transcatheter aortic-valve replacement in intermediate-risk patients. N Engl J Med 2017; 376:1321–1331.
  5. Mack MJ, Leon MB, Thourani VH, et al, PARTNER 3 Investigators. Transcatheter Aortic-Valve Replacement With a Balloon-Expandable Valve in Low-Risk Patients. N Engl J Med 2019;380:1695-1705.
  6. Popma JJ, Deeb GM, Yakubov SJ, et al, Evolut Low Risk Trial Investigators. Transcatheter Aortic-Valve Replacement with a Self-Expanding Valve in Low-Risk Patients.N Engl J Med. 2019;380:1706-1715.
  7. Patterson T, Clayton T, Dodd M, et al. ACTIVATION (PercutAneous Coronary inTervention prIor to transcatheter aortic VAlve implantaTION): A Randomized Clinical Trial. JACC Cardiovasc Interv. 2021 Sep 27;14(18):1965-1974. doi: 10.1016/j.jcin.2021.06.041. PMID: 34556269.