La stenosi aortica a gradiente moderato: diagnosi, prognosi e terapia.
di Alessandro Battagliese intervista V. Rizzello
08 Ottobre 2021

I

La SA si definisce grave in presenza di gradiente medio > 40 mmHg, velocità di picco aortico > 4 m/sec e area valvolare aortica (AVA) < 1 cm2 (0,6 cm2/m2).  In questi pazienti, in presenza di sintomi e/o di FE ridotta, è indicato il trattamento chirurgico o percutaneo della SA, poiché migliora significativamente l’outcome.  Per contro, la SA viene definita moderata in presenza di AVA tra 1 e 1.5 cm2 e gradiente medio >20 ma <40 mmHg; questi pazienti attualmente non hanno un’indicazione alla sostituzione valvolare. Tuttavia, fino al 40% dei pazienti presenta discordanza tra gradiente e AVA, ossia presenta AVA <1cm2 (che indica una SA grave) e gradiente moderato, tra 20 e 39 mmHg (tipico di una SA moderata). Tale condizione viene definita “SA a gradiente moderato” e può creare importanti dilemmi diagnostici-terapeutici, in quanto mette in discussione la severità della SA e l’indicazione al trattamento.

A. Battagliese: Quali sono i meccanismi responsabili di un gradiente moderato nei pazienti con un’AVA<1 cm2?

V. Rizzello: Il flusso trans-aortico è, insieme all’AVA, l’elemento determinante del gradiente aortico. Poiché il gradiente è legato al flusso in maniera esponenziale, anche una piccola riduzione di flusso si traduce in una significativa riduzione di gradiente. Lo stato di basso flusso è definito da uno stroke volume index (SVI) <35 ml/m2. Lo SVI rappresenta una stima della funzione ventricolare sn (Vsn) ed è influenzato dalla contrattilità, dalla geometria e dal sovraccarico emodinamico globale del Vsin (impedenza valvulo-arteriosa). Pertanto, il ridotto flusso trans-aortico può essere secondario: 1) a ridotta FEVsn, come nella SA classica low-flow, low-gradient, 2) a volumetria ventricolare ridotta e/o elevata impedenza valvulo-arteriosa, anche in presenza di una FEVsn preservata, come nella SA paradossa, low-flow, low-gradient. Per contro, secondo alcuni esperti, anche in presenza di uno SVI normale (>35ml/m2), è possibile avere una SA grave con un gradiente <40 mmHg, in presenza di ridotta compliance arteriosa. In questi pazienti, l’aumentata stiffness aortica può portare ad un “dumping” del gradiente transvalvolare della SA grave. Questa condizione è nota come SA normal-flow, low-gradient.

A. Battagliese: A questi differenti meccanismi patogenetici corrispondono fenotipi clinici differenti che possono aiutarci a identificare i diversi tipi di SA a gradiente moderato?

V. Rizzello: Certamente si. In particolare, nel fenotipo clinico del paziente con “SA low-flow, low-gradient” il reperto di AVA <1cm2 e gradiente medio <40 mmHg è inserito in un contesto di ridotta FEVsn (<50%), significativa dilatazione del Vsn, frequente coesistenza di insufficienza mitralica e coronaropatia. In questi pazienti, la ridotta FE può essere secondaria al sovraccarico correlato alla SA e/o a una intrinseca disfunzione contrattile del miocardio. La SA paradossa low-flow-low gradient, che si osserva più frequentemente nelle donne, in età più avanzate, spesso in associazione con lunga storia di ipertensione, tipicamente si caratterizza per la presenza di un Vsn molto ipertrofico, con prevalente rimodellamento concentrico, ridotti volumi ventricolari, fisiopatologia restrittiva, aumentata impedenza valvulo-arteriosa e ridotto global longitudinal strain. Infine, la SA normal-flow-low gradient, si associa a un Vsn non particolarmente piccolo, moderatamente ipertrofico e tipicamente a ridotta compliance arteriosa.

A. Battagliese: Qual è il processo diagnostico corretto per l’identificazione della stenosi aortica a gradiente moderato?

V. Rizzello: L’ecocardiografia rappresenta certamente lo strumento cardine per la definizione della SA a gradiente moderato, attraverso la quantificazione anatomica e Doppler dell’AVA e la misurazione del gradiente aortico. Tutte le volte che però i nostri calcoli di portano davanti a un paziente con un’AVA <1cm2 e un gradiente compreso tra 20 e 39 mmHg, per essere sicuri che si tratti realmente di una SA grave a gradiente moderato, è necessario 1) correggere l’AVA per la superficie corporea (la stenosi è severa solo se l’AVA indicizzata è <0.6cm2/m2), 2) verificare che la PAS sia ben controllata (valori elevati sottostimano il gradiente), 3) essere certi di aver acquisito il gradiente aortico su tutte le finestre disponibili (compresa la parasternale dx) e di non averlo  sottostimato, 4) verificare la corretta misurazione del tratto di efflusso del Vsn (e quindi di non aver sottostimato l’AVA), attraverso il calcolo del VTI ratio che se inferiore a 0,25 conferma la gravità della stenosi. Una volta che siamo sicuri che le nostre misurazioni sono corrette, la conferma diagnostica deve essere effettuata, in accordo con le linee guida internazionali, attraverso il calcolo del calcium score sulla valvola aortica con la TAC. I cut-off utilizzati per definire la SA severa sono: Unità Agaston (UA) >1200 nelle donne e >2000 negli uomini. Tali cut-off sono sia stati correlati con la severità della SA su valvole espiantate in sala operatoria e hanno dimostrato un importante valore prognostico.

A. Battagliese: L’ecostress dobutamina (ESD) a bassa dose ha un ruolo nella diagnosi di SA a gradiente moderato?

V. Rizzello: Ha sicuramente un ruolo nella classica SA low-flow low gradient, in cui in presenza di riserva contrattile (incremento dello SV>20%) consente di discriminare la pseudostenosi dalla SA grave vera. In assenza di riserva contrattile anche in questi pazienti il calcolo del calcium score consente una corretta definizione diagnostica. Nei pazienti invece con SA paradossa l’ESD è poco utilizzabile proprio perché le caratteristiche del ventricolo in questi pazienti favoriscono l’insorgenza di effetti collaterali (ipotensione, gradiente intraventricolare) e quindi è scarsamente tollerato dai pazienti.

A. Battagliese: Mentre sulla prognosi della classica SA low-flow-low-gradient le evidenze sono concordi nell’indicare una prognosi infausta in assenza di trattamento, nella SA paradossa in letteratura esistono evidenze discordanti. Quali sono le ragioni di tale eterogeneità?

V. Rizzello: Le ragioni possono essere fondamentalmente due. La prima ragione è la difficoltà diagnostica della SA paradossa low-flow-low-gradient che può aver determinato l’inclusione negli studi di pazienti che avevano o una SA grave con sottostima del gradiente o una SA moderata con sottostima dell’AVA. L’altra ragione, sicuramente più rilevante, è che la popolazione dei pazienti con SA paradossa low-flow-low-gradient è molto eterogenea, e comprende pazienti spesso complessi, con molte comorbidità, in cui i meccanismi del basso flusso possono essere molto differenti e variamente associati tra loro. Ciò comporta che tali fattori possano avere un differente impatto prognostico. Tra i fattori più rilevanti in termini di outcome possiamo annoverare il grado di rimodellamento concentrico e di fibrosi miocardica, la gravità della disfunzione diastolica, la riduzione di global longitudinal strain, la coesistenza di insufficienza mitralica, fibrillazione atriale, ipertensione polmonare con disfunzione ventricolare dx. Inoltre, recentemente è stato documentato che in quasi il 20% circa dei pazienti con SA inviati a TAVI coesiste una condizione di amilodoisi da transtiretina wilde-type. Ovviamente l’impatto prognostico di tale condizione può essere particolarmente rilevante.

A. Battagliese: Quando dobbiamo pensare di trattare il paziente con SA a gradiente moderato?

V. Rizzello: Innanzitutto, quando siamo sicuri che la SA è realmente severa e inoltre quando siamo certi che i sintomi del paziente siano imputabili realmente alla gravità della SA. I livelli di raccomandazione delle linee guida (LG) sono differenti a seconda delle categorie di pazienti. Nel paziente con classica SA low-flow-low gradient, le LG americane raccomandano in Classe IB il trattamento, indipendentemente dalla presenza di riserva contrattile, mentre le LG europee, riconoscono un’indicazione di classe IB solo in presenza di riserva contrattile all’ESD. In assenza di riserva contrattile, le recenti LG europee hanno attribuito una classe di raccomandazione meno forte, ossia IIa.  Analogamente per la SA paradossa low-flow-low-gradient, le LG americane hanno attribuito una classe di raccomandazione IB e le europee hanno confermato una classe IIa. Infine, entrambe le LG non forniscono indicazioni specifiche per il trattamento della SA normal-flow low-gradient. Ciò riflette da un lato la percezione che tale forma di SA abbia un impatto prognostico meno grave e dall’altro riconosce la difficoltà di un corretto ed omogeneo inquadramento diagnostico di tale fenotipo.

A. Battagliese: Tra chirurgia e TAVI, qual è il trattamento preferibile per questi pazienti?

V. Rizzello: In particolare, nel subset di pazienti con SA a gradiente moderato, la scelta tra le due opzioni deve essere individualizzata, effettuata in Heart Team e basata su molteplici fattori che includono il rischio chirurgico, l’età e le comorbidità del paziente. In particolare, nei pazienti con bassa FE del Vsn, la chirurgia è gravata ha una prognosi particolarmente infausta, pertanto in questi pazienti la TAVI è sicuramente preferibile, anche se le complicanze peri-procedurali come la presenza di un leak perivalvolare o la necessità di impiantare un pace-maker possono avere un impatto rilevante sulla prognosi. Nei pazienti con SA paradossa low-flow low-gradient, l’età <65 anni rappresenta un criterio di preferenza per la SVA chirurgica, mentre l’età >65 anni, potrebbe essere un criterio che guida verso la TAVI poiché questi pazienti presentano comorbidità importanti che aumentano il rischio della chirurgia anche se hanno una normale FE.

A. Battagliese: Considerato il perfezionamento, negli ultimi anni, della tecnica della TAVI e i buoni risultati dei trial randomizzati vs chirurgia per il trattamento della SA grave in pazienti con profili di rischio chirurgico variabile dall’alto al basso, potrebbe avere un senso, inviare precocemente a TAVI anche pazienti con SA moderata e disfunzione Vsn con scompenso, in quanto questi pazienti presentano una prognosi negativa se trattati conservativamente?

V. Rizzello: L’ ipotesi che la TAVI nei pazienti con SA moderata e scompenso cardiaco a bassa FE possa ridurre il post-carico correlato alla stenosi e risultare in un beneficio clinico è molto interessante e fisiopatologicamente ragionevole. Questa ipotesi è attualmente in valutazione nel trial TAVR-UNLOAD in cui 600 pazienti verranno randomizzati a TAVI o terapia media. Gli end-point primari in valutazione gerarchica sono la mortalità per tutte le cause, lo stroke, l’ospedalizzazione per scompenso e il miglioramento della qualità di vita.  In attesa dei risultati di questo studio, tuttavia, il criterio della severità della SA (AVA<1 cm2 o 0,6 cm2/m2) è un elemento imprescindibile per indicare l’intervento.