La Sindrome TakoTsubo: prognosi davvero benigna?
di Filippo Brandimarte
04 Agosto 2020

La Sindrome Tako Tsubo è (STT) una condizione clinica caratterizzata dalla comparsa di alterazioni reversibili (solitamente entro 4-8 settimane) della cinetica ventricolare sinistra (tipicamente discinesia dell’apice e ipercinesia dei segmenti basali, conferendo al ventricolo in sistole una tipica forma a clessidra simile allo strumento giapponese utilizzato per catturare i polipi da cui la sindrome prende il nome), varie alterazioni ecg (più spesso sopraslivellamento del tratto ST, inversione delle onda T), aumento dei marcatori di miocardionecrosi (solitamente però non elevati come nell’infarto miocardico) associati a sintomi simili a quelli dell’ischemia miocardica (dolore toracico, dispnea o sincope) ma in assenza di stenosi significative delle coronariche epicardiche. Il fattore precipitante è spesso uno stress fisico (non è raro che si verifichi durante un evento ictale) o psichico (emozione particolarmente intensa, spesso negativa) ed infatti non raramente viene descritta come “cardiomiopatia da stress” e nella fisiopatologia della sindrome l’iper-attivazione del sistema simpatico sembra giocare un ruolo importante. Nei soggetti di sesso femminile specie nell’età post-menopausale raggiunge in 6% di tutti i casi ricoverati per sospetta sindrome coronarica acuta. (1)

Comunemente la STT viene associata ad una buona prognosi in virtù appunto delle alterazioni ventricolari reversibili per definizione. Tuttavia diversi studi non sembrano confermare questa visione: Brinjikji et al, riportano una mortalità intraospedaliera del 4% circa studiando un’ampia coorte di quasi 25.000 pazienti specialmente nei soggetti di sesso maschile per l’alta frequenza di altre malattie critiche concomitanti. (2)

Templin et al, in un ampio studio multicentrico osservazionale su oltre 900 soggetti metà dei quali con infarto miocardico e la restante metà con STT hanno dimostrato come non esistano significative differenze nei due gruppi in termini di mortalità intraospedaliera (5.3% vs 2.7% rispettivamente, P=0.26) o shock cardiogeno (10.5% vs 12.4% rispettivamente, P=0.39). Tachiaritmie ventricolari (specie nei primi giorni di ricovero), trombosi apicale e rottura di cuore si sono verificati rispettivamente nel 3%, 1.3% e 0.2% dei casi. L’analisi multivariata ha identificato una frazione di eiezione inferiore a 45%, stress fisici, patologia neurologica acuta concomitante ed elevati valori di troponina all’ingresso come fattori prognostici negativi. (3)

Questi dati sembrerebbero suggerire, almeno nella fase acuta intraospedaliera, una instabilità emodinamica ed elettrica dei pazienti con STT non dissimile da quella dei pazienti con sindrome coronarica acuta e pertanto ne giustificano il ricovero in terapia intensiva coronarica.

Riguardo la prognosi a breve termine Stiermaier et al, hanno dimostrato come a 28 giorni circa 300 pazienti con STT e un ugual numero di pazienti con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST abbiano una mortalità totale simile (5.55 vs 5,7% per TakoTsubo e infarto rispettivamente). (4)

In un recente ampio studio osservazionale di Smilowitz et al, l’incidenza di reospedalizzazione ad 1 mese di oltre 60.000 pazienti affetti da STT è stata circa del 12% principalmente per insufficienza cardiaca con un picco nelle prime 2 settimane. (5)

Anche per quanto riguarda la prognosi a breve termine quindi i dati supportano un’incidenza di eventi cardiovascolari non trascurabile ad 1 mese dal ricovero per STT e quindi è raccomandabile un follow-up stretto specie nei pazienti con severa disfunzione ventricolare all’esordio.

La prognosi a lungo termine della STT è ancora purtroppo materia di dibattito. Il primo studio pubblicato nel 2007 da Elesber et al su 100 pazienti con STT ha documentato dopo un follow-up di 4 anni una mortalità totale e cardiovascolare simile a quella della popolazione generale sebbene il gruppo con STT abbia avuto un’incidenza più alta di episodi di dolore toracico e recidive di STT. (6) Sharkey et al, studiando 250 pazienti con STT, hanno osservato invece dopo 4 anni un eccesso di mortalità rispetto alla popolazione generale specialmente nei pazienti con instabilità elettrica o emodinamica all’esordio. Dal momento però che tale tasso di mortalità era guidato principalmente da comorbidità non cardiache (neoplasie, broncopneumopatia cronica ostruttiva), gli autori hanno concluso che la STT rappresenti in questa coorte di pazienti più un marker di severità della patologia sottostante che non una reale causa di morte. (7)

Nello studio di Templin et al precedentemente citato (3) invece in oltre 1700 pazienti seguiti per circa 10 anni la prognosi a lungo temine è stata sorprendentemente ricca di molti eventi: mortalità totale 5.6% per anno, eventi cardiaci e cerebro vascolari 9.9% per anno, recidive di STT 1.8% per anno ponendo di fatto dei dubbi sulla comune percezione per la quale la prognosi a lungo termine della STT sia in effetti benigna.

Dati provenienti dal registro svedese studiando pazienti con STT (n=500), con infarto miocardico (n=1000) e pazienti senza infarto e con coronarie normali (n=1000) seguiti per 4 anni rivelano che la mortalità totale era più alta nei pazienti con TTS rispetto ai pazienti senza evidenza di infarto e con albero coronarico indenne e simile a quella con infarto miocardico. (8)

Il “trigger” responsabile del presentarsi della STT sembra avere un impatto prognostico come dimostrato da un recente studio di Ghadri et al. Su oltre 1600 pazienti con STT seguiti per 5 anni infatti coloro che avevano come fattore precipitante una malattia neurologica avevano una mortalità più alta rispetto a quelli che riconoscevano uno stress emozionale alla base del manifestarsi della sindrome (classificazione InterTAK, 9).

Concludendo, le prime teorie di una presunta benignità della STT non sembrano essere supportate da evidenze scientifiche le quali invece assimilano la prognosi di questa sindrome a quella dei pazienti con infarto miocardico sia nella fase acuta che nel follow up nonostante un apparente recupero funzionale. Lo shock cardiogeno all’esordio sembra identificare un sottogruppo di pazienti più a rischio come anche il sesso maschile e le malattie neurologiche acute come eventi scatenanti.

 

Bibliografia.

  1. Ghadri J-R, Wittstein IS, Prasad A, Sharkey S, Dote K, Akashi YJ, Cammann VL, Crea F, Galiuto L, Desmet W, Yoshida T, Manfredini R, Eitel I, Kosuge M, Nef HM, Deshmukh A, Lerman A, Bossone E, Citro R, Ueyama T, Corrado D, Kurisu S, Ruschitzka F, Winchester D, Lyon AR, Omerovic E, Bax JJ, Meimoun P, Tarantini G, Rihal C, Y. Hassan S, Migliore F, Horowitz JD, Shimokawa H, Lu¨scher TF, Templin C. International expert consensus document on Takotsubo Syndrome (Part I): clinical characteristics, diagnostic criteria, and pathophysiology. Eur Heart J 2018;39:2032–
  2. Brinjikji W, El-Sayed AM, Salka S. In-hospital mortality among patients with Takotsubo cardiomyopathy: a study of the National Inpatient Sample 2008 to 2009. Am Heart J 2012;164:215–221.
  3. Templin C, Ghadri JR, Diekmann J, Napp LC, Bataiosu DR, Jaguszewski M, Cammann VL, Sarcon A, Geyer V, Neumann CA, Seifert B, Hellermann J, Schwyzer M, Eisenhardt K, Jenewein J, Franke J, Katus HA, Burgdorf C, Schunkert H, Moeller C, Thiele H, Bauersachs J, Tscho¨pe C, Schultheiss H-P, Laney CA, Rajan L, Michels G, Pfister R, Ukena C, Bo¨hm M, Erbel R, Cuneo A, Kuck K-H, Jacobshagen C, Hasenfuss G, Karakas M, Koenig W, Rottbauer W, Said SM, Braun-Dullaeus RC, Cuculi F, Banning A, Fischer TA, Vasankari T, Airaksinen KEJ, Fijalkowski M, Rynkiewicz A, Pawlak M, Opolski G, Dworakowski R, MacCarthy P, Kaiser C, Osswald S, Galiuto L, Crea F, Dichtl W, Franz WM, Empen K, Felix SB, Delmas C, Lairez O, Erne P, Bax JJ, Ford I, Ruschitzka F, Prasad A, Lu¨scher TF. Clinical features and outcomes of Takotsubo (stress) cardiomyopathy. N Engl J Med 2015;373:929–938.
  4. Stiermaier T, Eitel C, Desch S, Fuernau G, Schuler G, Thiele H, Eitel I. Incidence, determinants and prognostic relevance of cardiogenic shock in patients with Takotsubo cardiomyopathy. Eur Heart J Acute Cardiovasc Care 2016;5:489–496.
  5. Smilowitz NR, Hausvater A, Reynolds HR. Hospital readmission following takotsubo syndrome. Eur Heart J Qual Care Clin Outcomes 2019;5:114–120.
  6. Elesber AA, Prasad A, Lennon RJ, Wright RS, Lerman A, Rihal CS. Four-year recurrence rate and prognosis of the apical ballooning syndrome. J Am Coll Cardiol 2007;50:448–452.
  7. Sharkey SW, Pink VR, Lesser JR, Garberich RF, Maron MS, Maron BJ. Clinical profile of patients with high-risk Tako-Tsubo cardiomyopathy. Am J Cardiol 2015;116:765–772.
  8. Tornvall P, Collste O, Ehrenborg E, Ja¨rnbert-Petterson H. A case-control study of risk markers and mortality in Takotsubo stress cardiomyopathy. J Am Coll Cardiol 2016;67:1931–1936.
  9. Ghadri JR, Kato K, Cammann VL, Gili S, Jurisic S, Di Vece D, Candreva A, Ding KJ, Micek J, Szawan KA, Bacchi B, Bianchi R, Levinson RA, Wischnewsky M, Seifert B, Schlossbauer SA, Citro R, Bossone E, Mu¨nzel T, Knorr M, Heiner S, D’Ascenzo F, Franke J, Sarcon A, Napp LC, Jaguszewski M, Noutsias M, Katus HA, Burgdorf C, Schunkert H, Thiele H, Bauersachs J, Tscho¨pe C, Pieske BM, Rajan L, Michels G, Pfister R, Cuneo A, Jacobshagen C, Hasenfus G, Karakas M, Koenig W, Rottbauer W, Said SM, Braun-Dullaeus RC, Banning A, Cuculi F, Kobza R, Fischer TA, Vasankari T, Airaksinen KEJ, Opolski G, Dworakowski R, MacCarthy P, Kaiser C, Osswald S, Galiuto L, Crea F, Dichtl W, Empen K, Felix SB, Delmas C, Lairez O, El-Battrawy I, Akin I, Borggrefe M, Horowitz J, Kozel M, Tousek P, Widimsk_y P, Gilyarova E, Shilova A, Gilyarov M, Winchester DE, Ukena C, Bax JJ, Prasad A, Bo¨hm M, Lu¨scher TF, Ruschitzka F, Templin C. Long-term prognosis of patients with Takotsubo syndrome. J Am Coll Cardiol 2018;72:874–882.