La Mitra-Clip: un nuovo concetto di proporzionalità
di Alessandro Sticchi e Antonio Mangieri
19 Giugno 2020

L’insufficienza mitralica (IM) rappresenta un argomento di rilevante interesse nel panorama della cardiologia clinica ed interventistica in quanto prognosticamente rilevante (1). I risultati contrastanti dei due trial randomizzati pubblicati nel 2018, il COAPT (Cardiovascular Outcomes Assessment of the MitraClip Percutaneous Therapy for Heart Failure Patients with Functional Mitral Regurgitation) ed il MITRA-FR (Multicentre Study of Percutaneous Mitral Valve Repair Mitra Clip Device in Patients With Severe Secondary Mitral Regurgitation) hanno dato il via ad un approfondimento in merito al disegno di questi studi e alla popolazione indagata (2,3).

Questi recenti trial hanno confrontato la prognosi di pazienti sottoposti a trattamento con MitraClip e terapia medica rispetto alla sola terapia medica in una popolazione con IM secondaria (funzionale) che è associata ad un aumento delle dimensioni e a disfunzione del ventricolo sinistro (VS) con conseguente insufficienza cardiaca cronica. Mentre nel MITRA-FR i risultati non hanno mostrato un chiaro beneficio della terapia con MitraClip sulla terapia medica, il COAPT ha dimostrato a due anni una riduzione significativa di tutte le ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca nel braccio sottoposto a MitraClip rispetto alla sola terapia medica (rispettivamente, 35.8% versus 67.9% pazienti/anno; p<0.001); sempre nel gruppo trattato per via percutanea, è stata dimostrata una diminuzione della mortalità da tutte le cause a 2 anni con il 29.1% dei pazienti deceduti rispetto al 46.1% nel gruppo randomizzato a terapia medica (p<0.001) (2–4) [Tabella 1].

L’importanza di questi trial ed in particolare del COAPT è legata al fatto che per la prima volta è stato dimostrato che la correzione dell’insufficienza mitralica nel contesto di insufficienza cardiaca sintomatica può portare ad un vantaggio in termini di sopravvivenza in pazienti con profilo clinico ed ecocardiografico non estremamente compromesso (5).

Recentemente, gli articoli di Packer e Grayburn e di Gaash et al. hanno esplorato le differenze tra la popolazione dei due studi in un tentativo di sintesi mediante i parametri ecocardiografici, valutando la severità dell’IM attraverso la proporzionalità o disproporzionalità della valvulopatia rispetto al volume tele-diastolico del ventricolo sinistro (LVEDV), tentando di discriminare i candidati che beneficiano della riparazione [Figure 1 e 2] (6–8).

Packer e Grayburn propongono una valutazione di proporzionalità espressa dal rapporto tra area effettiva di rigurgito (EROA) e LVEDV: secondo tale concetto, pazienti con EROA elevata, indice di significativa insufficienza mitralica, e con LVEDV basso, indice di dilatazione ventricolare lieve, presentano un’insufficienza mitralica disproporzionata e pertanto meritevole di correzione percutanea (6).

Dall’altra parte, Gaasch et al. evidenziano come nei due trial la valutazione della proporzionalità dell’IM, basata sull’EROA, differisce rispetto a quella del volume di rigurgito (RV), mettendo in dubbio l’affidabilità della prima valutazione illustrata, e propongono un coefficiente di proporzionalità basato sul rapporto RV/LVEDV (Figura 1) (7,8). Nel loro studio essi dimostrano che il rapporto tra EROA e LVEDV nello studio COAPT risulta essere doppio rispetto allo studio MITRA-FR (rispettivamente, 0.002 cm-1 vs 0.001 cm-1), questa maggiore disproporzionalità dell’IM nel COAPT ne suggerisce una maggiore severità rispetto alla dilatazione ventricolare e guida l’efficacia dimostrata da Packer e Greyburn. Tuttavia, il rapporto tra RV e LVEDV è solo lievemente, e non significativamente, più basso nel COAPT (0.15) rispetto al MITRA-FR (0.18), a favore di una proporzionalità dell’IM nei i due trial contraddicendo la valutazione precedente (6–8).

Punto di incontro tra le due visioni è la stima del 50% di frazione di rigurgito (RF) quale determinante di una IM severa. Inoltre, i parametri individuati da questi studi (EROA, RV, LVEDV) sono soggetti ad un’intrinseca variabilità dovuta, oltre che all’eziologia dell’IM, anche allo status emodinamico, ovvero al pre e post-carico, alla funzione ventricolare sinistra e alla compliance delle camere atriali e ventricolari [Figura 1]. Questi elementi sono influenzati da molteplici fattori quali il decorso dell’IM, la presenza di fibrillazione atriale e patologiche del ventricolo sinistro sottostanti (in particolare da cardiomiopatie) (6–8).

La mancanza di completezza nei dati ecocardiografici del COAPT e del MITRA-FR ha dato luogo a queste speculazioni utilizzando i dati parziali ed i valori di frazione d’eiezione (EF) derivanti dal range riportato nei trial (EF: MITRA-FR 15-40%, COAPT 20-50%) [Tabella 1].

Attraverso le stime effettuate utilizzando il rapporto EROA/LVEDV o RV/LVEDV proposte dai due studi ecografici, essi hanno indentificato delle soglie che caratterizzerebbero la valutazione di proporzionalità dell’IM [Figura 2] (6,7)

Packer e Grayburn utilizzano per il loro calcolo un’EF del 30% individuando un rapporto soglia EROA/LVEDV di 0.14 come indice di proporzionalità [linea grigia in Figura 2]. In questo modo, il COAPT risulta avere un’IM disproporzionale, più severa, rispetto al MITRA-FR che rientrerebbe al di sotto della soglia di proporzionalità identificata.(6,8).

 

 

Dall’altra parte, il metodo di valutazione di Gaasch et al. sconfessa la valutazione precedente stimando l’IM in entrambi i trial come proporzionale individuando una soglia di 0.20 nel rapporto RV/LVEDV [linea viola in Figura 2]; se nella speculazione di calcolo si utilizzasse una EF del 30%, si otterrebbe una soglia di 0.15 ed in questo caso entrambi i trial risulterebbero avere delle IM disproporzionali ma rimarrebbero nello stesso gruppo in un senso o nell’altro (Figura 2).

A questo punto la divergenza di risultati tra COAPT e MITRA-FR non è più spiegata dalla proporzionalità e disproporzionalità dell’IM, anche se bisogna ricordare che le stesse speculazioni finora descritte risentono dell’assenza di completezza dei dati ecocardiografici riportati nelle pubblicazioni, nonché degli stessi limiti dell’EROA e del RV come strumenti di valutazione (Figura 1) (2–4,8).

Inoltre, il metodo PISA (proximal isovelocity surface area) su cui si basa la valutazione dell’EROA e del VR, per limite intrinseco della metodica, potrebbe sottostimare questi parametri in entrambi i trial. Maggiore accuratezza è garantita da approfondimenti quali l’ecocardiogramma 3D e, soprattutto, dalla risonanza magnetica con la valutazione sisto-diastolica dinamica dell’IM (9–11).

Ritorniamo quindi al punto di incontro tra i due sistemi di valutazione dell’IM proposti, ovvero la RF, rapporto tra RV e gittata sistolica (Total Stroke Volume [TSV]), che se maggiore del 50% indica una valvulopatia di grado severo. Questo parametro, comprendendo nel rapporto RV e gittata sistolica, che sono entrambi dipendenti da status emodinamico e da dimensioni e funzione del ventricolo sinistro, risulta un parametro normalizzato e di conseguenza più affidabile (8).

Nel MITRA-FR, la RF è del 56%, con un rapporto RV / gittata sistolica totale di 45/80 ml, mentre nel COAPT è del 40%, come da criteri di inclusione dello stesso studio, in entrambi i casi rappresenta per grado di severità un valore prognosticamente significativo (12,13).

Come ricorda l’editoriale allegato agli studi citati (Packer e Grayburn; Gaash et al.), le linee guida suggeriscono una valutazione quantitativa multiparametrica (EROA, RV, RF) della severità dell’IM funzionale per garantirne un appropriato trattamento (4,8). Il risultato di questi tentativi di interpretazione ecocardiografica si conclude in una speculazione con scarsa ricaduta dal punto di vista pratico in quanto la complessità dei pazienti con IM ed insufficienza cardiaca cronica non può ridursi ad un cut-off di selezione dei candidati che beneficiano del trattamento con MitraClip.

Andando oltre queste valutazioni, possiamo provare a comprendere le differenze relative ai diversi risultati del  COAPT e del MITRA-FR andando a verificare le caratteristiche che questi trial presentano fin dalle modalità di randomizzazione, nonché nella definizione degli endpoint (2,3,8).

La randomizzazione avviene nel COAPT solo dopo aver raggiunto un’ottimizzazione della terapia medica da linee guida (GDMT) stabile per 3 mesi, mentre, nel MITRA-FR avviene dopo valutazione della funzione ventricolare sinistra e dell’IM continuando a adattare la GDMT nel corso dello studio in entrambi i bracci. Dall’altra parte, l’endpoint primario di efficacia nel MITRA-FR è rappresentato da un composito di morte per tutte le cause o riospedalizzazione non pianificata per insufficienza cardiaca a 12 mesi, mentre nel COAPT è costituito dal ricovero per insufficienza cardiaca a 24 mesi (Tabella 1) (2,3,8).

Il ruolo della terapia medica, che si presenta come stabile ed invariata nel COAPT, mentre è adattata continuativamente nel MITRA-FR, rappresenta una differenza significativa nella mortalità dei due bracci di trattamento con MitraClip tra i due trial. Inoltre, è interessante notare come il braccio in sola terapia medica del COAPT abbia un importante peggioramento dell’ospedalizzazione da insufficienza cardiaca a 2 anni rispetto al suo omologo nel MITRA-FR (rispettivamente, 46% e 34%). Dopo il primo anno anche le curve di riospedalizzazione tra i due bracci del MITRA-FR iniziano a divergere a favore della MitraClip. Inoltre, si può identificare un beneficio nella mortalità confrontando entrambi i bracci del MITRA-FR con quello in terapia medica del COAPT. (2–4,8).

Un supporto ulteriore nella comprensione dei risultati di questi primi trial dovrebbe arrivare dall’annunciata metanalisi patient-level, nel tentativo di ridimensionare i molteplici fattori confondenti (scarsa completezza dei dati pubblicati, metodica ecocardiografica, attuale livello di comprensione della patologia valvolare mitralica) (4,8).

Gli approfondimenti sulla valutazione ecocardiografica che abbiamo illustrato devono tener conto dei criteri ecocardiografici di selezione dei pazienti che per loro definizione caratterizzano un paziente con disfunzione ventricolare sinistra più severa nel MITRA-FR con un volume del LV in sistole ≤ 70 ml nel COAPT. In assenza di ulteriori informazioni, e considerando una valvulopatia ugualmente severa in entrambi gli studi, i risultati a favore del COAPT sarebbero di per sè giustificabili, senza considerare le ulteriori evidenze nella randomizzazione e negli endpoint sopra enunciati.

Tuttavia, rimangono evidenti le restrizioni metodologiche e i limiti delle attuali conoscenze a delineare il miglior candidato in termini fisio-patologici. Futuri studi, randomizzati, dovrebbero concentrarsi sull’utilizzo di metodiche di valutazione, come la risonanza magnetica, e di parametri, quali la RF, che risultano meno soggetti ad una variabilità intrinseca. Lo studio e la selezione del paziente nell’approccio terapeutico percutaneo sono sempre più elementi fondamentali per il buon esito prognostico del paziente.

 

 

References:

  1. Nasser R., Van Assche L., Vorlat A., et al. Evolution of Functional Mitral Regurgitation and Prognosis in Medically Managed Heart Failure Patients With Reduced Ejection Fraction. JACC Hear Fail 2017;5(9):652–9. Doi: 10.1016/j.jchf.2017.06.015.
  2. Stone GW., Lindenfeld J., Abraham WT., et al. Transcatheter Mitral-Valve Repair in Patients with Heart Failure. N Engl J Med 2018;379(24):2307–18. Doi: 10.1056/NEJMoa1806640.
  3. Obadia J-F., Messika-Zeitoun D., Leurent G., et al. Percutaneous Repair or Medical Treatment for Secondary Mitral Regurgitation. N Engl J Med 2018;379(24):2297–306. Doi: 10.1056/NEJMoa1805374.
  4. Iung B., Armoiry X., Vahanian A., et al. Percutaneous repair or medical treatment for secondary mitral regurgitation: outcomes at 2 years. Eur J Heart Fail 2019;21(12):1619–27. Doi: 10.1002/ejhf.1616.
  5. Goldstein D., Moskowitz AJ., Gelijns AC., et al. Two-Year Outcomes of Surgical Treatment of Severe Ischemic Mitral Regurgitation. N Engl J Med 2016;374(4):344–53. Doi: 10.1056/NEJMoa1512913.
  6. Packer M., Grayburn PA. New Evidence Supporting a Novel Conceptual Framework for Distinguishing Proportionate and Disproportionate Functional Mitral Regurgitation. JAMA Cardiol 2020. Doi: 10.1001/jamacardio.2019.5971.
  7. Gaasch WH., Aurigemma GP., Meyer TE. An Appraisal of the Association of Clinical Outcomes with the Severity of Regurgitant Volume Relative to End-Diastolic Volume in Patients with Secondary Mitral Regurgitation. JAMA Cardiol 2020. Doi: 10.1001/jamacardio.2019.5980.
  8. Hahn RT. Disproportionate Emphasis on Proportionate Mitral Regurgitation – Are There Better Measures of Regurgitant Severity? JAMA Cardiol 2020:377–9. Doi: 10.1001/jamacardio.2019.6235.
  9. Uretsky S., Aldaia L., Marcoff L., et al. The Effect of Systolic Variation of Mitral Regurgitation on Discordance Between Noninvasive Imaging Modalities. JACC Cardiovasc Imaging 2019;12(12):2431–42. Doi: 10.1016/j.jcmg.2019.02.014.
  10. Matsumura Y., Fukuda S., Tran H., et al. Geometry of the proximal isovelocity surface area in mitral regurgitation by 3-dimensional color Doppler echocardiography: Difference between functional mitral regurgitation and prolapse regurgitation. Am Heart J 2008;155(2):231–8. Doi: 10.1016/j.ahj.2007.09.002.
  11. Buck T., Plicht B., Kahlert P., Schenk IM., Hunold P., Erbel R. Effect of Dynamic Flow Rate and Orifice Area on Mitral Regurgitant Stroke Volume Quantification Using the Proximal Isovelocity Surface Area Method. J Am Coll Cardiol 2008;52(9):767–78. Doi: 10.1016/j.jacc.2008.05.028.
  12. Bartko PE., Arfsten H., Heitzinger G., et al. A Unifying Concept for the Quantitative Assessment of Secondary Mitral Regurgitation. J Am Coll Cardiol 2019;73(20):2506–17. Doi: 10.1016/j.jacc.2019.02.075.
  13. Myerson SG., d’Arcy J., Christiansen JP., et al. Determination of Clinical Outcome in Mitral Regurgitation With Cardiovascular Magnetic Resonance Quantification. Circulation 2016;133(23):2287–96. Doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.115.017888.