La Dissezione Coronarica Spontanea e la Terapia Antiaggregante
di Chiara Bernelli - Enrico Cerrato
15 Marzo 2022

La dissezione coronarica spontanea (SCAD) è una delle cause non aterosclerotiche di coronaropatia e si manifesta con uno spettro ampiamente variabile che varia più frequentemente dall’angina instabile, all’infarto miocardico (NSTEMI e STEMI) fino alla morte improvvisa per aritmia ventricolare ed arresto cardiaco. È una malattia tipica del sesso femminile, principalmente si verifica in donne con età compresa tra 47 e 53 anni.

I pazienti con sospetta SCAD ed infarto miocardico dovrebbero essere sottoposti ad angiografia coronarica, sia per confermare la diagnosi, sia per considerare un’eventuale rivascolarizzazione miocardica. In base all’aspetto angiografico, si identificano diversi sottotipi di SCAD: il Tipo 1 è chiaramente diagnostico ed è rappresentato dal tipico “flap” radiolucente con doppio lume; il Tipo 2 è caratterizzato da una lunga stenosi che, se si estende fino al segmento distale, viene indicata come Tipo 2b, altrimenti come Tipo 2a.  Il Tipo 3 invece è agiograficamente indistinguibile da una stenosi focale o stenosi aterosclerotica tubolare. Quest’ultima in particolare richiede ulteriori indagini di imaging intravascolare quali la tomografia a coerenza ottica (OCT) o l’ecografia intravascolare (IVUS), per dimostrare la presenza di ematoma intramurale e/o doppio lume. Infine, il Tipo 4 prevede l’occlusione totale di un vaso, solitamente distale, in cui sono state escluse fonti di embolia coronarica.

Una gestione interventistica di prima linea è ad oggi sconsigliata a causa dell’elevata percentuale di guarigione spontanea e al significativo tasso di complicanze associate all’approccio interventistico. Solo in caso di instabilità emodinamica, STEMI e altre caratteristiche di rischio, la rivascolarizzazione è ad oggi consigliata.

Fino ad oggi, inoltre, queste forme di SCAD venivano gestite farmacologicamente come tutte le forme di sindromi coronariche acute (SCA).  Infatti, le linee guida ESC sulle sindromi coronariche acute, in assenza di pazienti con “high bleeding risk”, indicano una duplice terapia antiaggregante (DAPT) della durata di 12 mesi, associando all’aspirina un potente inibitore del recettore P2Y12.

Tuttavia, vi è una potenziale controindicazione all’utilizzo di tali farmaci per le SCAD, la cui fisiopatologia primaria è rappresentata da una fragilità parietale che predispone ad un sanguinamento intramurale oltre al fatto di esporre i pazienti ad un rischio di sanguinamento o nel caso del sesso femminile a fenomeni di menorragia. In questa panoramica di incertezza, il nostro gruppo ha recentemente presentato uno studio per meglio interpretare l’uso e la durata del trattamento antiaggregante nelle SCAD (1).  Abbiamo valutato l’esito ad un anno di pazienti con SCAD gestiti con trattamento conservativo iniziale inclusi nel registro multicentrico internazionale DIssezioni Spontanee COronariche (DISCO). I pazienti sono stati divisi in due gruppi in base alla prescrizione singola SAPT o doppia terapia antipiastrinica DAPT. L’endpoint primario era l’incidenza a 12 mesi degli eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) definiti come il composito di morte per tutte le cause, infarto miocardico non fatale (MI) e qualsiasi intervento coronarico percutaneo (PCI) non pianificato. Su 314 pazienti inclusi nel registro DISCO, abbiamo studiato 199 pazienti in cui la SCAD è stata gestita in modo conservativo. La maggior parte dei pazienti era di sesso femminile (89%), presentava una sindrome coronarica acuta (92%) e l’età media era di 52,3 ± 9,3 anni. Sessantasette (33,7%) hanno ricevuto SAPT mentre 132 (66,3%) hanno ricevuto DAPT. Aspirina più clopidogrel o ticagrelor sono stati prescritti rispettivamente nel 62,9% e nel 36,4% dei pazienti DAPT. Complessivamente, a 12 mesi di follow-up è stata osservata una percentuale di MACE del 14,6%. I pazienti trattati con DAPT avevano un tasso di MACE significativamente più alto rispetto a quelli con SAPT [18,9% vs 6,0% hazard ratio (HR) 2,62; Intervalli di confidenza al 95% (CI) 1,22-5,61; P = 0,013], guidato da un precoce eccesso di infarto miocardico non fatale o PCI non pianificato. All’analisi di regressione multipla, il regime SCAD di tipo 2a (OR: 3,69; IC 95% 1,41-9,61; P = 0,007) e il regime DAPT (OR: 4,54; IC 95% 1,31-14,28; P = 0,016) sono risultati associati in modo indipendente a un rischio più elevato di MACE 12 mesi.

Differenti gruppi di studi hanno già riportato con una prognosi più infausta in termine di re-infarto e PCI non programmata nei tipi di SCA 2a e 3, ovvero nelle tipologie di dissezioni che contengono un ematoma intramurale (2-4). Tale associazione potrebbe essere connessa al fatto che l’ematoma ha una maggior tendenza ad evolvere con la creazione di un flap di dissezione con svuotamento dello stesso nel lume coronarico rispetto ad un quadro di dissezione già evoluta e pertanto in molti casi stabilizzata. Per questa ragione questi due sottotipi sono potenzialmente più instabili e correlati ad un maggior tasso di eventi nel follow-up.

A 12 mesi, la DAPT è risultata associata ad un tasso più elevato di importanti eventi avversi cardiovascolari rispetto alla SAPT, a fronte di un eccesso precoce di infarti miocardici non fatali e PCI non pianificate.

Pertanto, i dati sembrano confermare l’indicazione ad un trattamento con SAPT nei pazienti affetti da SCAD che non vanno incontro a PCI.

Questo spettro di incertezza terapeutica rende auspicabile la concretizzazione di studi randomizzati.

References:

1.  Cerrato E. et al, Eur Heart J 2021 Aug 31;42(33):3161-317.

2.  Mori, R. et al. Clinical outcomes by angiographic type of spontaneous coronary artery dissection. EuroIntervention 17, 516–524 (2021).

3. Garcı´a-Guimaraes M, et al. Diseccio´n coronaria esponta´nea en Espan˜a: caracterı´sticas clı´nicas y angiogra´ficas,tratamiento y evolucio´n hospitalaria. Rev Esp Cardiol. 2020

4. Waterbury TM, Tweet MS, Hayes SN, et al. Early natural history of spontaneous

coronary artery dissection. Circ Cardiovasc Interv. 2018;11:e006772.