I libri di scuola riportano le ultime frasi pronunciate al momento del grande passo verso l’Aldilà da tanti celebri personaggi. Le vittime dell’infarto non ci hanno detto niente perché la loro morte è stata fulminea oppure perché tubi, sonde e cateteri hanno impedito loro di parlare. Leo Longanesi faticosamente appoggiato alla porta della sua stanza e, cosa assolutamente insolita per lui, con la cravatta allentata e la camicia sbottonata, disse alla segretaria: “Il braccio sinistro mi fa terribilmente male, ho come una fiamma nel cuore: me l’aspettavo, ma sono un vecchio ostinato, me la caverò”. Morì tre ore dopo. Aveva 52 anni. Il suo amico Flaiano, sorpreso e incredulo, disse solamente “Ma io muoio!” Giovannino Guareschi riuscì solo a fare un cenno con la mano ad una vicina dalla finestra della sua camera a Cervia. Nell’Antico e nel Nuovo Testamento si ritrovano solamente due morti per probabile attacco cardiaco. Onan e Anania, entrambi puniti per una colpa. Onan, come è noto, commise un peccato sacrilego che ha reso ignominioso il suo nome nei millenni. La morte di Anania, colpevole di aver mentito a san Pietro, lascia invece un po’ perplessi. Si fa un po’ fatica a credere che il bonario apostolo, che in precedenza aveva mentito addirittura al suo Maestro, abbia fatto morire un amico solamente perché gli aveva detto una bugia. La morte per infarto di Onan è invece pressoché certa. La sua colpa era imperdonabile; anziché giocare con la bella cognata Tamar, fresca vedova, aveva sparso il suo seme sulla terra. Va detto che anche suo fratello Herr, primo marito di Tamar, era morto improvvisamente mentre commetteva un sacrilegio non precisato. I due fratelli dovevano avere un esagerato senso di colpa oppure nella loro famiglia, già a quel tempo, c’era una spiccata predisposizione agli attacchi cardiaci. La cosa fa sospettare che neppure nell’antichità l’infarto fosse rarissimo, ma essendo sconosciuto, nessuno ne parlò mai. Noi abbiamo solo la notizia della morte improvvisa di personaggi famosi avvenuta in circostanze più o meno drammatiche. Afro restò secco quando apprese che tutti i testi di 108 sue commedie erano andati persi in un naufragio, Vespasiano durante un litigio più violento del solito col figlio Tito, futuro imperatore, Federico I di Prussica quando venne svegliato nel cuore della notte dalla moglie Sofia di Maclemburgo che gli puntava una spada alla gola, Sarasin, re dei salotti intellettuali di Parigi, per l’umiliazione di essere colpito davanti a tutti con le molle del camino da Armando di Borbone. Il cuore del teologo Valentia non resse all’accusa papale di avere falsato un brano di sant’Agostino, John Cheke, consigliere religioso di Edoardo VI morì per il dolore di essere costretto all’abiura, il vescovo di Clermont quando i canonici del suo capitolo decisero di tagliargli la barba. Brueghel morì al termine della notte dopo aver perso al gioco la dote della figlia, Wagner subito dopo un litigio col suocero Liszt. Non mancano le morti d’infarto prive di tragicità. Il potente Ismail Pascià crepò tracannando d’un fiato, per scommessa, una bottiglia di Veuve Cliquot, il presidente francese Felix Faure fra le braccia di un’affascinante avventuriera mentre avrebbe dovuto essere in Parlamento per opporsi ad un colpo di stato. Un po’ imbarazzante la morte del cardinale di Parigi Denelieu nell’appartamento di una signorina di dubbia virtù. Rudy Crespi, “divino mondano”, morì con l’eleganza con cui era sempre vissuto.
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