L’ho detto domenica mattina, davanti a 1500 colleghi, tenendo una lunga pausa, come si usa fare in televisione, per lasciare un po’ di suspance nel pubblico e soprattutto sorprendere Eloisa.
Era da molto che ci pensavo. Istituire il premio Pier Luigi Prati scegliendo cardiologi italiani che sono riusciti ad emergere nel mondo per meriti clinici e per l’attività di ricerca mi sembrava una buona idea.
Mio padre ha sempre avuto una grande vocazione per la clinica, e non a caso il Congresso Conoscere e Curare il Cuore l’ha sempre privilegiata. Volendo premiare un medico con una targa alla memoria di mio padre non si poteva non tenere in considerazione questo aspetto.
Curiosa, passionale, intelligente, e poco incline ai compromessi, Eloisa Arbustini incarna alla perfezione la tipologia del medico con le caratteristiche richieste: la capacità di eccellere nella clinica e nella ricerca. Mossa da una grande passione e da una profonda umanità ha da sempre collocato la cura del paziente al centro della sua professione.
Quando parla di casi clinici lo fa con un’intensa partecipazione emotiva. Quando parla di ricerca è cauta, dubbiosa. Lo è dei propri data, così come degli altri. Traspare più la preoccupazione di non sapere piuttosto che l’orgoglio delle nuove scoperte. Le ho sentito dire più volte “Se non sei un clinico non sarai mai un buon ricercatore”; non a caso Eloisa Arbustini è una straordinaria ricercatrice che ha saputo nel tempo abbinare le conoscenze cliniche alla continua ricerca del nuovo.
La professoressa Arbustini è una donna eclettica che ha saputo spaziare in campi diversi della medicina e della cardiologia. E’ specialista anche in cardiologia e genetica, oltre che in anatomia patologica.
Al suo nome si lega una delle scoperte più importanti nella fisiopatologia dell’infarto. Fu la prima ad intuire che anche le placche aterosclerotiche apparentemente stabili e senza un grande contenuto lipidico possono rendersi responsabili degli eventi infartuali, per un meccanismo diverso dalla ulcerazione di placca. Da quel momento vediamo con sospetto anche un altro tipo di aterosclerosi, che può divenire substrato di trombosi acuta, per un meccanismo di erosione. L’intuizione è avvenuta alla fine degli anni 90; ha destato molta sorpresa e, come tutte le importanti novità, anche un marcato scetticismo.
William Roberts, il celebre editore della rivista American Journal of Cardiology, stupito dalle affermazioni di Eloisa Arbustini e dai primi dati da lei pubblicati, la chiamò dagli Stati Uniti. “Non ti resta che venire a vedere” rispose Eloisa, pacata e decisa, secondo il suo stile.
Roberts fece un gesto di umiltà. Venne in Italia e spese qualche giornata presso l’Istituto di Anatomia Patologica di Pavia. Ripartì stupito ma al tempo stesso consapevole che si era voltata una pagina importante nella storia della cardiopatia ischemica. Il lavoro sull’erosione di placca poteva essere pubblicato sulle riviste di medicina di maggior prestigio ed impact factor: Lancet o magari New England. Non fu così. Ad Eloisa importava relativamente; per lei l’aspetto fondamentale era avere scoperto un elemento fisiopatologico che poteva aiutare altri medici altri cardiologi nella cura e nella prevenzione dell’infarto. Non a caso il lavoro in oggetto “Plaque erosion is a major substrate for coronary thrombosis in acute myocardial infarction” è stato citato oltre 600 volte.
Negli ultimi vent’anni ha continuato a seguire con interesse il filone scientifico della cardiopatia ischemica e dei meccanismi dell’infarto, intuendo l’importanza dell’ imaging coronarico.
Eclettica ed interessata a più aspetti, come cardiologa e genetista oltre che anatomopatologa si è occupata prevalentemente negli ultimi anni di malattie genetiche raggiungendo anche in questo campo traguardi molto ambiziosi. Dirige ora il Centro di Malattie Genetiche Cardiovascolari della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia dove svolge un’intensa ed innovativa attività interdisciplinare traslazionale per la diagnosi e la cura di malattie genetiche rare e complesse, tra cui le cardiomiopatie eredo familiari, malattie ereditarie aneurismatiche, la Sindrome di Marfan e le malattie da accumulo intracellulare.
Nel 2014 ha proposto e pubblicato sul Journal of American College of Cardiology un’ innovativa classificazione delle cardiomiopatie (MOGES), che tiene conto della genetica, andando oltre i soli aspetti fenotipici. Lo sforzo era di seguire un approccio di precisone, nel sentiero di una medicina personalizzata.
Ha oltre 430 pubblicazioni internazionali peer-reviewed ed un H Index di 67.
Eloisa era emozionata al momento della premiazione. Lo era per i tanti giovani presenti al congresso, che hanno certamente visto nella prof. Arbustini un traguardo da emulare, lo era per il ricordo di mio padre, cui era molto legata e con cui aveva molto in comune.
Grazie Eloisa per tutto ciò che hai fatto e continuerai a fare.