Il rapporto di causalità tra fumo ed eventi avversi cardiovascolari è ormai noto ed indiscutibile e, se ve ne fosse bisogno, lo testimoniano anche le numerose battaglie legali contro l’industria del tabacco. La cessazione del fumo è quindi uno dei principali obiettivi in termini di prevenzione per la tutela della salute pubblica. E’ il fattore di rischio “modificabile” per eccellenza della malattia coronarica per non parlare dell’impatto sulle malattie dell’apparato respiratorio.
Oggi siamo qui a parlare del “Paradosso del fumatore”, non una novità in termini assoluti ma un fenomeno che è stato spesso osservato e segnalato nella letteratura scientifica e al quale i fumatori incalliti potrebbero fare riferimento per sostenere con una qualche ragione il protrarsi dell’abitudine a fumare. Il “paradosso del fumatore” consiste nel fatto che in alcuni studi, datati e non, è stata rilevata un’associazione tra fumo e una migliore prognosi a breve termine degli eventi cardiovascolari. Il fenomeno già osservato nel famoso studio GUSTO I (J Am Coll Cardiol 1995; 26:1222-9) è stato riproposto in due studi recenti riportando una prognosi a breve migliore in soggetti con stroke o arresto cardiaco (2014 Resuscitation).
In primo luogo il paradosso del fumatore può essere utilizzato per spiegare la differenza tra associazione e causalità nell’epidemiologia clinica. I soggetti fumatori con infarto del miocardio sono in genere più giovani e presentano meno comorbidità come diabete e ipertensione, fatto che di per sé potrebbe rendere ragione di una migliore sopravvivenza a trenta giorni. Negli studi in cui però è stata condotta un’analisi multivariata correggendo i risultati per età e altri fattori confondenti, questo fenomeno è attenuato. Il dato è presente anche in un registro nazionale che ha considerato la mortalità intraospedaliera di 300.000 pazienti affetti da infarto. Attenuato quindi, ma non del tutto scomparso.
Prima di tutto però va sottolineato che il marcato incremento della mortalità a lungo termine attribuibile al fumo toglie ogni dubbio su qualsiasi modesto miglioramento della prognosi a breve temine osservata nei fumatori; i fumatori perdono in media una decade di vita.
Ciò detto come si può spiegare oltre questo fenomeno e ancora, solleva intriganti questioni di fisiopatologia?
Prima osservazione: il paradosso del fumatore è stato osservato in maniera rilevante negli studi condotti sulla fibrinolisi; i fumatori hanno placche particolarmente ricche in aggregati piastrinici e quindi ben aggredibili dal fibrinolitico, dato che potrebbe giustificare il miglioramento osservato a breve termine nei fumatori. Questo fenomeno oggi è di minore rilevanza visto che il trattamento acuto dell’infarto si basa sulla rivascolarizzazione con angioplastica. Ma dati recenti hanno dimostrato un incremento dell’attività di inibizione piastrinica del clopidogrel nei fumatori: questa è un’osservazione importante visto che si tratta del farmaco ancora più utilizzato in associazione con l’aspirina nella doppia antiaggregazione che si prescrive dopo un infarto ed una rivascolarizzazione con procedura emodinamica.
Seconda considerazione. E’ stato pubblicato su JACC lo studio condotto su una coorte dei pazienti del SYNTAX trial (pazienti con severa malattia coronarica randomizzati a trattamento con angioplastica e stent medicato al paclixatel versus by pass aorto-coronarico). Ebbene gli autori non hanno rilevato nell’analisi non aggiustata per nessun fattore a 5 anni alcuna differenza nel tasso di morte, infarto del miocardio, stroke nei pazienti con status di fumatore, suggerendo che al meglio i fumatori avevano la stessa percentuale di rischio dei non fumatori che pure erano in media più anziani e con maggiori comorbidità. In questa coorte i fumatori attivi all’ingresso nello studio erano pari al 20.2%. A 5 anni la maggioranza dei pazienti aveva smesso di fumare, ma tra coloro che avevano smesso di fumare a 6 mesi dalla rivascolarizzazione più del 25% avevano ripreso a fumare nei 5 anni successivi. All’analisi della covariata fumo nel tempo nella coorte SYNTAX il tasso di morte, infarto del miocardio, stroke è risultato più alto nei pazienti con status di fumatore.
Se ancora ve ne fosse bisogno anche se statistiche incoraggianti testimoniano il declino nelle percentuali dei fumatori tra gli adulti occorre sottolineare come l’obiettivo della sospensione del fumo vada perseguito costantemente nel follow up dei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione miocardica, in barba.. al “paradosso del fumatore”.
Fonti:
Zhang YJ, Iqbal J, van Klaveren D et al . Smoking is associated with adverse clinical outcomes in patients undergoing revascularization with PCI or CABG in the SYNTAX trial at 5-year follow up. J Am Coll Cardiol 2015;65 :1107-15
Kirtane AJ, Kelly CR. Clearing the Air on the “Smoker’s Paradox”. J Am Coll Cardiol 2015;65 :1116-18
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma