Apollo invece non si era dimenticato dell’incontro e aveva incaricato il fedele corvo di tenere d’occhio la ragazza, né l’aveva dimenticato sua sorella Artemide, cacciatrice puritana, dea della verginità nonché zia del nascituro. Il corvo colò a Delfi per informare Apollo del comportamento di Coronis e mal gliene incolse perché il dio adirato per i tradimenti se la prese con lui, lo insultò, lo malmenò e in preda ad irragionevole rabbia gli rese nere e cupe le penne che fino a quel giorno erano state bianche come quelle delle colombe, lo privò della parola lasciandogli solo lo sgradevole e incomprensibile gracchiare che i corvi hanno ancor oggi. Honoris la mise ancor peggio; Artemide sdegnata le scagliò contro un intero turcasso di frecce nel letto dove giaceva fra le braccia di Ischio uccidendoli insieme. Il cadavere della ninfa era lambito dalle fiamme del rogo quando, appena in tempo, arrivò Ermete che senza indugi le estrasse il bambino dal ventre salvandolo. L’egizio Ermete non era giunto per caso, l’aveva mandato Apollo sapendolo abilissimo specialista in parti cesarei. Aveva già fatto nascere Bacco dal corpo quasi incenerito della madre morta improvvisamente per l’emozione alla vista di Zeus. Poiché Bacco settimino non sarebbe sopravvissuto Zeus, che era suo padre, se l’introdusse in una coscia come in un’incubatrice portando a termine la gestazione extrauterina. Amanti fedifraghi gli dei dell’Olimpo si rivelavano sempre padri premurosi e affettuosi. Per due mesi Zeus si preoccupò esclusivamente del figlio che custodiva nella coscia e arrivò al parto trepidante come una primipara. Ancor prima di Chitone e di Asclepio, come si vede, c’erano in Grecia ostetrici abili ed è una frottola quella che vuole Giulio Cesare primo nato col parto cesareo da una madre morta.
Il padre di Asclepio