Nei pazienti con sindrome coronarica cronica ad alto rischio aterotrombotico in terapia con anticoagulante orale, l’aggiunta di aspirina si associa a un rischio più elevato di morte cardiovascolare, infarto miocardico, ictus, embolia sistemica, rivascolarizzazione coronarica o ischemia acuta degli arti, oltre a un rischio più elevato di morte per qualsiasi causa e di emorragia maggiore: sono questi i risultati dell’ AQUATIC trial presentati durante l’ultimo congresso della Società Europea di Cardiologia tenutosi a Madrid e contemporaneamente pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine [1].
L’AQUATIC [Assessment of Quitting versus Using Aspirin Therapy in Patients with Stabilized Coronary Artery Disease after Stenting Who Require Long-Term Oral Anticoagulation] è uno studio prospettico, in doppio cieco, randomizzato, con controllo placebo, condotto in 51 centri francesi che ha arruolato pazienti con età > 18 anni, con sindrome coronarica cronica (definita come l’impianto di stent coronarico almeno 6 mesi prima dell’arruolamento), con caratteristiche di alto rischio aterotrombotico residuo ed indicazione ad assumere anticoagulante orale (sia diretto che antagonista della vitamina K). La scelta del tipo e del dosaggio di anticoagulante orale erano a discrezione dello sperimentatore, ma l’impiego degli anticoagulanti diretti è stata fortemente incoraggiata.
L’alto rischio aterotrombotico residuo è stato definito come: intervento coronarico percutaneo (PCI) per sindrome coronarica acuta (SCA) con impianto di almeno uno stent 6 mesi prima dell’arruolamento; PCI effettuata più di 6 mesi prima dell’arruolamento per un motivo diverso dalla SCA ma con una o più delle seguenti condizioni associate: diabete, malattia multivasale (coinvolgimento dei tre vasi coronarici), malattia renale cronica (clearance della creatinina <50 ml al minuto), precedente trombosi dello stent, vasculopatia periferica, PCI complessa (definita come impianto di stent nell’ultima coronaria pervia o nel tronco comune, almeno tre stent impiantati o tre lesioni trattate, biforcazione trattata con due stent, lunghezza complessiva degli stent superiore a 60 mm o PCI per occlusione totale cronica).
I pazienti sono stati randomizzati 1:1 ad aspirina o placebo, in base al sito di sperimentazione, al tipo di anticoagulante orale (diretto o antagonista della vitamina K) e al regime antitrombotico basale alla randomizzazione (stratum A o B): coloro che erano trattati con un anticoagulante orale ed un singolo agente antipiastrinico (stratum A) sono stati randomizzati a continuare ad assumere il singolo agente antipiastrinico, a condizione che fosse aspirina, o ad interromperne l’assunzione, mentre coloro che erano trattati con il solo anticoagulante orale (stratum B) sono stati randomizzati ad iniziare o meno la terapia con aspirina.
L’endpoint primario di efficacia è stato il composito di morte cardiovascolare, infarto, ictus, embolia sistemica, rivascolarizzazione coronarica ed ischemia acuta degli arti. Gli endpoint secondari di efficacia hanno contemplato gli eventi clinici avversi netti (definiti come il composito di morte per qualsiasi causa, evento cardiovascolare aterotrombotico o emorragia maggiore); morte pe qualsiasi causa; il composito di morte cardiovascolare, infarto ed ictus; morte cardiovascolare; un evento cardiovascolare aterotrombotico. L’endpoint secondario di sicurezza è stato l’emorragia maggiore secondo la definizione ISTH [2].
Da maggio 2020 ad aprile 2024, 872 pazienti con sindrome coronarica cronica in terapia anticoagulante orale, sono stati randomizzati: 433 ad aspirina e 439 a placebo. L’età media è stata di 71,7 anni, con l’85% di maschi ed il 72,1% con storia di infarto del miocardio. Tutti i pazienti avevano una storia di PCI con un intervallo medio di 3 anni tra la procedura e l’arruolamento.
La terapia anticoagulante orale era stata prescritta a causa di fibrillazione atriale nell’89,0% dei pazienti, e il punteggio CHA2DS2-VASc medio è risultato pari a 4. Gli anticoagulanti orali diretti sono stati utilizzati nell’89,7% dei pazienti (il 62,2% ha ricevuto apixaban, il 24,7% rivaroxaban e il 2,9% dabigatran). Al basale, il 67,7% dei pazienti stava ricevendo una singola terapia antipiastrinica (stratum A), e il 32,3% non stava ricevendo alcuna terapia antipiastrinica (stratum B).
L’arruolamento è stato interrotto precocemente, nell’aprile 2024, per un eccesso di mortalità nel gruppo aspirina. La durata media del follow-up è stata di 2,2 anni. Un evento dell’endpoint primario di efficacia si è verificato in 73 pazienti (16,9%) del gruppo aspirina e in 53 pazienti (12,1%) del gruppo placebo (HR 1,53; P = 0,02). Un evento clinico avverso netto si è verificato in 124 pazienti (28,6%) del gruppo aspirina e in 76 pazienti (17,3%) del gruppo placebo (HR, 1,85; P<0,001). La morte per qualsiasi causa si è verificata in 58 pazienti (13,4%) trattati con aspirina e in 37 pazienti (8,4%) trattati con placebo (HR 1,72; P = 0,01). La morte cardiovascolare si è verificata in 33 pazienti (7,6%) aspirina ed in 19 pazienti (4,3%) placebo (HR 1,90).
Gli eventi aterotrombotici si sono verificati in 46 pazienti (10,6%) del gruppo aspirina e in 40 pazienti (9,1%) del gruppo placebo (HR 1,27). La trombosi dello stent si è verificata in 1 paziente in ciascun gruppo.
Un sanguinamento maggiore secondo la classificazione ISTH (endpoint secondario chiave di sicurezza) è stato documentato in 44 pazienti (10,2%) del gruppo aspirina ed in 15 pazienti (3,4%) del gruppo placebo (HR 3,35; P<0,001). Qualsiasi tipo di sanguinamento è stato dimostrato in 70 pazienti (16,2%) nel gruppo aspirina e in 41 pazienti (9,3%) nel gruppo placebo (HR, 1,97; P<0,001).
Alla luce di tali risultati il trial è stato interrotto precocemente, soprattutto considerato l’incremento della mortalità sia per cause cardiovascolari sia per tutte le cause dimostrata nel gruppo di pazienti trattati con aspirina. Gli autori dello studio hanno infatti concluso che in questa popolazione di pazienti con sindrome coronarica cronica, ad elevato rischio di eventi tromboembolici e contemporaneamente trattati con anticoagulanti orali, l’impiego dell’aspirina si associa ad un incremento degli eventi clinici avversi sia ischemici che emorragici.
Si può affermare che i risultati dello studio AQUATIC abbiano posto una pietra tombale sull’impiego dell’aspirina in questo setting: i dati degli studi precedenti avevano già dato un segnale chiaro in tal senso ma non definitivo, in quanto presentavano dei limiti legati al fatto che erano stati condotti in popolazioni altamente selezionate, in etnie specifiche (coreana e giapponese) spesso trattate con dosaggi di anticoagulanti ridotti. Al contrario nello studio AQUATIC è stato arruolata una popolazione più numerosa, con criteri ben definiti riguardo l’alto rischio tromboembolico e in cui gli anticoagulanti sono stati impiegati ai dosaggi che comunemente vengono utilizzati nelle popolazioni europee ed americane. Inoltre, al contrario degli studi precedenti, il confronto è stato fatto specificatamente con aspirina e non con altri tipi di antiaggreganti, come ad esempio il clopidogrel. Quindi lo studio ha chiarito definitivamente che nei pazienti con Sindrome Coronarica Cronica e con indicazione a terapia anticoagulante orale l’aggiunta dell’aspirina non determina alcun vantaggio, ma al contrario incrementa i sanguinamenti e la mortalità.
Bibliografia di riferimento:
- Lemesle G, Didier R, Steg PG, Simon T, Montalescot G, Danchin N, Bauters C, Blanchard D, Bouleti C, Angoulvant D, Andrieu S, Vanzetto G, Kerneis M, Decalf V, Puymirat E, Mottier D, Diallo A, Vicaut E, Gilard M, Cayla G; AQUATIC Trial Investigators. Aspirin in Patients with Chronic Coronary Syndrome Receiving Oral Anticoagulation. .N Engl J Med. 2025 Aug 31. doi: 10.1056/NEJMoa2507532
- Didier R, Lemesle G, Montalescot G, Steg PHG, Vicaut E, Mottier D, Bauters C, Mabo P, Simon T, Bouleti C, Andrieu S, Angoulvant D, Vanzetto G, Kerneis M, Cayla G, Gilard M. Assessment of quitting versus using aspirin therapy in patients with stabilized coronary artery disease after stenting who require long-term oral anticoagulation: Rationale for and design of the AQUATIC double-blind randomized trial. Arch Cardiovasc Dis. 2025;118:296-303.