Negli ultimi anni si è acceso un interessante dibattito su come trattare i restringimenti di grado intermedio dell’albero coronarico.
Frequente oggetto di controversia è l’ impiego della modalità intravascolare con cui studiare restringimenti di significato incerto, soprattutto se localizzati in sede non culprit nel contesto di una sindrome coronarica acuta.
In molti sostengono l’utilità di una valutazione funzionale mediante FFR- IFR – RFR mentre altri vedono più potenzialità in uno studio morfologico della lesione coronarica.
Nonostante i primi risultati molto incoraggianti del DEFER e FAME , altre studi randomizzati in pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) hanno confrontato in modo randomizzato l’impiego di FFR vs angiografia per valutare l’incidenza di eventi clinici durante il FU. Gli endpoint hard (morte cardiaca ed infarto) non si riducevano in modi significativo nel braccio FFR.
Lo studio Flower-MI, appena presentato all’American College e pubblicato sul ultimo numero del New England Journal of Medicine, affronta nuovamente questo tema.
Nello studio multicentrico randomizzato in pazienti con STEMI hanno confrontato una strategia di rivascolarizzazione completa guidata da FFR oppure dalla angiografia. L’ endpoint principale dello studio era l’incidenza ad un anno dell’evento composito comprendente morte, infarto miocardico non fatale, ricovero ospedaliero per rivascolarizzazione urgente.
L’endpoint principale si è verificato nel 5,5% dei pazienti del braccio FFR e nel 4,2% nel braccio angiografico (p=NS). Non vi erano differenze significative anche riguardo la morte ed i singoli endpoint ( morte, infarto miocardico non fatale e ricovero per rivascolarizzazione).
I risultati negativi dello studio Flower-MI non sono così sorprendenti.
Sono in linea con quanto è emerso recentemente dal COMBINE OCT-FFR trial che ha studiato il ruolo di criteri morfologici di vulnerabilità nei soggetti diabetici ed in cui la valutazione funzionale mediante FFR era risultata negativa. I MACEs erano 4 volte più frequenti nelle lesioni con capsula fibrosa sottile (13.3 vs 3.1%, P<0.001). Il COMBINE OCT-FFR trial dimostrava pertanto quanto sia importante individuare markers di morfologici di vulnerabilità di placca, ed in particolare lo spessore della capsula fibrosa, in linea con quanto precedentemente evidenziato dall studio CLIMA.
Sfugge in parte il razionale per comprendere l’utilità di una valutazione funzionale nel individuare i soggetti a rischio di hard endpoints.
E’ ragionevole pensare che placche vulnerabili, potenzialmente in grado di generare un’ occlusione coronarica acuta per un meccanismo ulcerativo, tendano ad essere più mature con una maggiore componente lipidica e possano causare più facilmente una riduzione luminale.
Lesioni FFR positive è più probabile che presentino degli aspetti di vulnerabilità rispetto alle lesioni FFR negative; tuttavia nessuno degli elementi correlati alla vulnerabilità della placca tra cui lo spessore della capsula fibrosa o la quantità del materiale lipidico, con la sola eccezione del restringimento luminale, possono essere predetti individuati da una metodica funzionale.
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