La morte di crepacuore ha sempre indicato i decessi causati da un grande dolore. La definizione viene spesso ritrovata negli scritti medici del XVII secolo. La leggenda narra che Didone non resse al dolore per l’abbandono di Enea. Afro, lasciata Roma per le critiche ingiuste e malevole, morì improvvisamente in Grecia non ancora quarantenne, alla notizia che i testi di centootto sue commedie erano andati persi in un naufragio. Il poeta arcaico Alessandro Guidi cadde fulminato a Castelgandolfo in attesa dell’udienza papale, scoprendo che nelle omelie che voleva offrire a Clemente XI c’era un errore di stampa. Sarasin, spirito fine e caustico, che primeggiava nei salotti parigini, considerato il più grande saggista francese del ‘600, restò fulminato a trentotto anni per l’umiliazione di essere stato percosso con le molle del camino dal suo signore Armando di Borbone. Pio II morì di crepacuore ad Ancona quando apprese che le navi promessegli da Venezia e dall’Ungheria per la crociata in Terra Santa che attendeva da settimane, non sarebbero mai giunte. Il grande teologo spagnolo Valentia morì di colpo quando il papa lo accusò di aver falsato un brano di Sant’Agostino. Il vescovo di Clermont non sopravvisse quando i canonici del suo capitolo lo costrinsero a tagliarsi la lunga barba. Sir John Cheke, precettore e consigliere di Edoardo VI morì per essere stato forzato all’abiura. Si vuole che Brueghel sia morto per il dispiacere di aver perso in una notte, al gioco, la dote della figlia e Corelli per essere stato rimproverato da Scarlatti per aver sbagliato una nota di una composizione.Molti fulminati da un attacco d’ira. L’imperatore Vespasiano, sempre saggio e accorto, morì durante una lite con il figlio Tito al quale aveva assicurato la successione. Un altro imperatore, Marco Corceio Nerva, ricordato mite e giusto, morì per un’arrabbiatura improvvisa per lui del tutto insolita. Fece la stessa fine papa Paolo II che era invece assai irascibile come si può intuire anche dal bellissimo ritratto del Tiziano. La paura uccise Federico II re di Prussica. Impavido in battaglia restò secco a 56 anni per lo spavento che provò nel venir svegliato nel cuore della notte dalla terza moglie, improvvisamente impazzita, che lo minacciava con un pugnale. John Hunter, il famoso medico irlandese, in un pomeriggio del 1773, dopo essere stato ingiustamente contraddetto durante una discussione al pronto soccorso dell’ospedale, si allontanò con “rabbia silenziosa e nella stanza accanto emise un gemito e cadde morto”. Il senso di colpa per aver sparso il suo seme per terra stroncò il cuore di Onan come si legge nella Bibbia. Può essere considerata la prima morte d’infarto della storia dell’umanità. Lo Spirito Santo, nelle incisioni fiamminghe del ‘400 e del ‘500, viene raffigurato come dispensatore di cuori, donatore di amore all’umanità. Il cuore è un attributo di oltre cento santi e sante. Assai ricca l’iconografia di S.Agostino, il più celebre dei padri della Chiesa Latina. Segue Santa Gertrude dotata di doni mistici, dipinta con il cuore in fiamme oppure con dentro il Bambino Gesù. S.Veronica, badessa che ebbe le stigmate e impressa nel capo la corona di spine, venne simbolicamente rappresentata solo da un cuore con dentro oggetti che ricordavano tutti i sentimenti della sua passione, come lei stessa aveva detto in punto di morte. Santa Teresa del Bambino Gesù, protettrice delle malattie di cuore, è stata dipinta in molti modi: a volte con un angelo che la colpisce al cuore con una lancia fiammeggiante, in altri dipinti è ritratta mentre scrive ispirata dallo Spirito Santo con un cuore che splende alto nel cielo, altre volte con un cuore ardente in mano oppure sorretta da un angelo che regge con la mano il cuore della Santa trafitto da una freccia. La più bella immagine di S.Teresa l’ha fatta il Bernini con una statua raffigurante il deliquio della sua passione mentre è trafitta dalla punta ardente di un dardo di Eros. Il cuore di Maria è stato spesso raffigurato insieme a quello di Gesù: quello di Maria è adorno di fiori e trafitto dalla spada del dolore, quello di Gesù è sanguinante per le ferite della corona di spine. La devozione del Cuore Immacolato di Maria si è rinnovata dopo le apparizioni di Fatima. Da una piccola suora francese della seconda metà del ‘600, Margherita Maria Alacoque, prese avvio l’adorazione del cuore di Gesù che divenne in seguito un culto universale. L’ispirazione le venne da un’apparizione, che i teologi chiamano “la grande visione” durante la quale Gesù, oltre alle ferite infertegli sulla croce, le mostrò una sesta ferita al cuore causatagli dall’ingratitudine degli uomini e che “potrà rimarginarsi solo quando l’umanità diverrà migliore e adorerà il Sacro Cuore di Gesù”. Anche se la chiesa di Roma non si mostrò mai molto propensa al culto del cuore, le immagini con il cuore fiammeggiante, ferito e sanguinante del Redentore si diffusero progressivamente in tutta l’Europa. Benedetto XIV si oppose al riconoscimento ufficiale del culto. Il suo successore, Clemente XIII, subito dopo la sua salita al soglio pontificio, ricevette il clero polacco quasi al completo, guidato da centocinquanta vescovi e con alla testa il re di Polonia in persona che presentarono un’istanza al Vaticano perché venisse istituita la festività del cuore di Gesù e se ne ammettesse il culto. Il 26 gennaio 1765, con rapidità insolita, la Congregazione dei Riti si espresse a favore del riconoscimento e undici giorni dopo il papa, sia pure con grande cautela, dette il suo assenso: non una parola sul cuore come organo, solo l’autorizzazione “a sviluppare un culto già stabilito e a rinnovare simbolicamente la rimembranza dell’amor divino”. Il riconoscimento della celebrazione universale della festa arrivò cinquant’anni dopo. Chiese e Cappelle dedicate al Sacro Cuore sorsero in tutto il mondo cristiano, nel 1914, sull’antica collina dei Martiri, a Montmartre, venne eretta la celebre cattedrale dalle bianche cupole che domina Parigi. La costruzione aveva richiesto quarant’anni di lavoro, le organizzazioni raccolte intorno al Sacro Cuore di Gesù raccoglievano quarantacinque milioni di fedeli. In un monastero del monte Athos, o Monte Santo, nella penisola calcifica è stata trovata una preghiera antichissima che venne trascritta da Gregorio del Sinai nel XIV secolo contro la morte subitanea, chiamata in seguito “preghiera del cuore”, nella quale, secondo ricerche moderne di fisiologia, sono contenuti i quattro elementi fondamentali per provocare la “risposta di rilassamento”, caratterizzata da riduzione dell’attività nervosa simpatica, comuni a molte secolari pratiche religiose orientali cristiane, ebraiche, nonché alla meditazione trascendentale, allo yoga, al training autogeno, all’ipnosi. La sacralizzazione del cuore, molto verosimilmente, contribuì a ritardare la nascita della cardiochirurgia. Il cuore, organo sacro che segna l’inizio e la fine della nostra esistenza, è stato a lungo considerato immune da malattie. Senac, medico di Luigi XV, considerato il maggior cardiologo del suo tempo, nel suo trattato affermò che “il cuore è un organo troppo nobile per essere colpito dal cancro”. Il medico non pensava di curare il cuore e il chirurgo non doveva neppure pensare di toccarlo. Billroth, il più grande chirurgo dell’Ottocento, affermò che “il chirurgo che tenti un’operazione al cuore non può sperare di conservare il rispetto dei colleghi. Altrettanto categorica l’affermazione di Paget, una delle massime autorità mediche del secolo scorso: “non vi è metodo nuovo né scoperta che possa permettere di guarire una ferita al cuore!”. Il cuore rimaneva un organo sacro e intoccabile.
Il crepacuore