Il problema della sicurezza della terapia anticoagulante non è mai stato risolto completamente, anche se da molti anni si avevano a disposizione più classi di farmaci: l’eparina non frazionata, le eparine a basso peso molecolare e gli anticoagulanti orali derivati del warfarin. Una revisione americana dei dati relativi all’utilizzo di questi farmaci ha riproposto gli stessi risultati a distanza di 5 anni: un evento avverso ogni 4 giorni, un’elevata mortalità a 30 giorni dall’evento (Am J Med 2011,124:1136-42), il warfarin primo responsabile dei ricoveri in emergenza per effetti farmacologici avversi (seguito da insulina, antiaggreganti piastrinici, ipoglicemizzanti orali e analgesici oppioidi). D’altronde i farmaci finora a disposizione agivano su più livelli della cascata coagulativa. I nuovi anticoagulanti orali sono più selettivi (si tratta tecnicamente di inibitori della trombina e del fattore Xa) e questo fa ben sperare. I nuovi anticoagulanti orali approvati dagli enti regolatori per la rimborsabilità per la prevenzione dell’ictus nei pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare (prescrizione vincolata alla diagnosi secondo il piano terapeutico stabilito) sono ad oggi tre: il dabigatran, il rivaroxaban e l’apixaban.
Tutti questi farmaci hanno un rapido inizio di azione subito dopo la somministrazione (raggiungono il massimo della concentrazione tra le 2 e le 4 ore) e non bisogna aspettare che entrino in range, risultato non di poco conto visto che prima bisognava somministrare l’eparina a basso peso sottocute per ottenere una anticoagulazione in 2 ore e aspettare giorni “embricando” eparina e anticoagulanti per bocca.
L’altro grande capitolo è il metabolismo di questi farmaci: il dabigatran viene eliminato per via renale circa all’80%, il rivaroxaban per il 40%, l’apixaban per il 27%. In presenza di insufficienza renale va modificata la posologia: il dosaggio del dabigatran andrà ridotto a 110 mg bid in caso di insufficienza renale moderata, quello di rivaroxaban a 15 mg die se la creatinina clearance è inferiore a 50 mL/min. Non vanno utilizzati in caso di grave compromissione della funzione renale. Per quanto riguarda l’apixaban la dose ridotta da 2,5 mg bid è raccomandata nei pazienti che presentano almeno 2 delle seguenti caratteristiche : età ≥80 anni, peso corporeo ≤60 kg o creatinina sierica ≥1,5 mg/dL. La dose da 2,5 mg bid è raccomandata anche nei pazienti con criteri esclusivi di insufficienza renale grave (clearance della creatinina [ClCr]: 15–29 mL/min).
Rispetto al warfarin questi farmaci presentano minori interazioni farmacologiche e con il cibo, ma, ad eccezione del dabigatran, occorre porre comunque attenzione per il rivaroxaban e l’apixaban ai farmaci che agiscono come induttori o inibitori del citocromo P450 3A4.
Si possono poi segnalare alcune differenze nei trials condotti, ARISTOTLE con apixaban, RE-LY con dabigatran e ROCKET AF con rivaroxaban.
Tutti testati contro warfarin, si può genericamente affermare che questi nuovi anticoagulanti hanno dimostrato essere efficaci almeno quanto il warfarin nel prevenire l’ictus da fibrillazione ed essere più sicuri sul versante emorragico.
Ma… lo studio RE-LY non era condotto in cieco e studi precedenti, condotti in cieco, hanno dimostrato risultati migliori per il warfarin. Però il RE-LY è l’unico studio ad aver mostrato per il dabigatran una riduzione dell’ictus ischemico ed emorragico. Se si valutano i dati del rivaroxaban si parla di non inferiorità rispetto al warfarin, ma la popolazione dei pazienti dello studio aveva un CHADS2 score di almeno 3.5 se paragonato al 2 del RE-LY e dell’ARISTOTLE, si trattava quindi di pazienti più compromessi. Tra i risultati dell’apixaban nell’ ARISTOTLE vi è una riduzione dei sanguinamenti maggiori: ma se tali sanguinamenti si sono verificati a due giorni dalla sospensione del farmaco non risultano inclusi.
Sono piccole differenze ma che devono aiutare il clinico nella corretta somministrazione.
Due parole sullo switching da warfarin a nuovi anticoagulanti orali: anche in questo caso vi sono delle differenze ma è ragionevole indicare (se questa è la strada che si è scelta) la sospensione del warfarin e la somministrazione del nuovo anticoagulante orale quando l’INR è inferiore a 2.
Fonte
MEDSCAPE
Antonella Labellarte
Cardiologa
Ospedale S. Eugenio, Roma